di Giorgio Bona

Paolo Ciampi, Nulla va perduto. Vita straordinaria di Leda Rafanelli, pp. 248, € 15, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere (CE) 2022.

Noi siamo gomene è un verso di Leda Rafanelli, protagonista del lavoro di Paolo Ciampi che ci porge un intenso e appassionato racconto su questa scrittrice e attivista anarchica dell’inizio del secolo scorso.

“Entriamo nel testo. “Noi siamo gomene” è un verso di una potenza incredibile per richiamare il valore dell’unione, dei legami per creare una società migliore. Versi che l’autrice copiò sopra un cartoncino decorato con un garofano rosso inviandoli a Filippo Turati che li lesse, li apprezzò e li fece pubblicare.

Socialisti e anarchici ancora insieme: e sarà lui a difendere gli anarchici in tanti processi, lui con le sue arringhe appassionate e convincenti a far dimenticare ai giudici qualche articolo dei codici, a strappare sentenze impossibili.

Paolo Ciampi (che io a volte confondo e lo chiamo Piero perché porta il medesimo cognome del celebre cantautore meglio conosciuto come Piero l’Italiano), dedica alla pistoiese Leda Rafanelli una vita straordinaria entrando con un giornalismo letterario, non di inchiesta o di cronaca, ma di passione e introspezione, trascinandoci dentro la storia, dando pieno adito alla letteratura utile a riscattare fatti e personaggi che sarebbero dimenticati.

Con un lavoro molto curato, ha ricostruito le tappe principali dell’esistenza di Leda. Tipografa, editrice, scrittrice, chiromante e… anarchica per sempre.

Il suo arrivo ad Alessandria d’Egitto, dove c’era il vento caldo del deserto, le grida e gli odori dei mercati arabi, ma soprattutto c’era la Baracca Rossa, il covo di Enrico Pea, un posto per scomunicati e ribelli, senza patria e senza Dio. Anarchici, personaggi come Errico Malatesta che tempo prima si trovò a passare di lì per incitare una rivolta. A questo gruppo si unì anche Giuseppe Ungaretti.

Il movimento anarchico italiano in Egitto era uno dei ceppi più antichi e solidi. Le migliaia di lavoratori formiche che dall’Italia erano andati nel paese delle piramidi durante gli scavi per il Canale di Suez erano rimasti là, avviando botteghe artigiane e piccoli commerci. Molti erano toscani. Il primo giornale internazionalista di lingua italiana uscito dai nostri confini fu “Il Lavoratore”, pubblicato a Alessandria d’Egitto, cui seguirono altri fogli socialisti.

Poi eccola in Toscana a promuovere campagne antimilitariste, a schierarsi a sostegno delle vittime politiche e in primo luogo di condannati ed esuli dei moti nelle Apuane e nel Valdarno, inviando lettere ai più noti agitatori, termine che stava a indicare colui che non rimane inerte davanti all’ingiustizia.

Con il tempo Leda abbandonò le idee dell’anarco-individualismo abbracciando quelle del socialismo libertario, mentre nel periodo di permanenza in Egitto si avvicina al Sufismo, il movimento mistico dell’Islam nel quale il rituale della danza riveste grande importanza.

In Italia Leda Rafanelli si trova vicina al movimento futurista ma aliena dal credere a una guerra come unica igiene del mondo, e convinta che le idee promosse da Filippo Tommaso Marinetti fossero da ciarlatani. D’altra parte fu corteggiata da Benito Mussolini quando era ancora un rivoluzionario socialista direttore de “L’Avanti”: nonostante affermazioni ricorrenti, una relazione molto intima non sembra mai esserci stata.

E non manca un ricordo di Gianna Manzini, autrice del romanzo autobiografico Ritratto in piedi (Mondadori, 1971), in ricordo del padre anarchico Giuseppe Manzini (1853/72-1925), marito di una donna sommersa dal perbenismo di famiglia. La storia di una coppia unita da un grande amore e poi divisa da interessi, ricatti e affetti apre alla figura di un uomo, di un padre, che di giorno inneggiava alla rivoluzione nella bottega di orologiaio e la sera faceva scuola ai lavoratori analfabeti.

Benché Paolo Ciampi racconti dettagliatamente questi scorci di vita ben documentati da fonti storiche attendibili, Nulla va perduto non si esaurisce nella semplice biografia, perché l’autore immette un po’ di sé e di quelle passioni tanto presenti nell’esistenza di Leda: l’amore per la carta stampata, la sincerità nell’amicizia (ingredienti che basterebbero per fare della vita di Leda un romanzo). Emblematico il passo dove racconta il passaggio di un corteo con la gente affacciata alle finestre, un corteo che cresceva allo sventolio delle bandiere e all’impeto di un canto che aveva in sé una forza arcaica. Al punto che confessa di non aver potuto sottrarsi all’ascolto di Les Anarchistes nella versione di Léo Ferré e di averla ascoltata ininterrottamente una, due, tre volte consecutive.

La vita di Leda Rafanelli in un romanzo per farla vivere come lei avrebbe desiderato: Paolo Ciampi tiene accesa la luce perché Leda possa continuare a vedere. Non voleva lasciarci dopo aver tanto vissuto. Dopo aver davvero vissuto.

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