Wolv01.jpgdi Jari Lanzoni

Quanti seguono la strepitosa serie tv The Big Bang Theory non potranno che pensare che il Full-Nerd Sheldon Cooper, paranoide della coerenza del Comics Continuum, avrà rischiato di strozzarsi con un pop-corn durante le visione di X-Men Origins: Wolverine. Per sua fortuna egli non va mai al cinema da solo ma sempre con qualcuno che possa praticargli la manovra di Heimlich.
In realtà ogni giudizio negativo su Wolverine, signori miei, sarebbe un puro atto di ignoranza, dato che ci troviamo davanti alle punte più alte di quella fantascienza impiegata come specchio del mondo moderno e della realtà sociale, che Dick e altri grandi di certo avrebbero apprezzato. Parlare del celebre mutante è solo il mezzo per un obiettivo più alto: una storia viva e attuale, a cui un regista cialtrone ci porta con rara maestria.

L’intro è in linea con il comic. Howlet, un uomo ricco, forse uno speculatore, rende infelice la propria moglie che trova sollievo solo in un amante dalle vesti rozze e dai tratti tipici della classe lavoratrice. Dall’unione carnale tra i due nasce il giovane James, che ha un fratellastro maggiore, Victor Creed, tenuto in casa Howlet come servitore. Quando il vero padre dei due torna a reclamare la paternità del secondogenito esplode la prevedibile tragedia.
Tralasciamo che il pargolo neoartigliuto gli si fiondi contro per dieci metri di corsa con le braccia a manubrio, simile al fanciullo che imita la traiettoria dei rocket punch del Mazinga. Basta allungare un piede, un braccio o uno sputo per tenerlo a debita e comica distanza, ma dopo, nella storia, dove lo si mette il padre? E che muoia allora, per una strana ferita al ventre che data l’altezza del bambino avrebbe dovuto essere subita in un punto assai meno nobile. Ma il ventre, segno di egoismo, era più appropriato.
Dalla tragedia, la rivolta alla classe dominatrice e imprenditoriale, si passa alla fuga e alla riscoperta fratellanza tra i due piccoli mutanti, Victor e James, che da quel momento in poi divengono inseparabili.
Promettente il seguito, sia per fotografia sia per passaggio da una scena di guerra all’altra. Meno promettente la frase cliché “schiena contro schiena!”, che chiunque avrà pensato “la riciclano a fine film”. Si noti quale mestiere si riducono a fare per sbarcare il lunario: il soldato. Sempre e solo il soldato. Per vocazione? No! Basta ricordare il documentario Fahrenheit 9/11 per capirne il motivo: la classe egemone e capitalista tarpa le ali alle altre professioni e costringe le classi inferiori a ruoli infami per i suoi scopi colonialisti. In questo ambito, però, James e Victor sono avvantaggiati da qualche upgrade di natura: non invecchiano, guariscono da ogni ferita, uno squarta con artigli d’osso, l’altro con unghioni terrificanti.
Poi durante un’azione di guerra Victor impazzisce e ammazza dei Vietcong civili e NATURALMENTE i marines cercano di fermarlo, d’altronde è ASSURDO che gli americani siano andati in quel paese per sterminarne la popolazione.
Arriva Stryker, inviato dell’esercito e ricercatore di mutanti. Li ingaggia. Il minuto dopo sono con il Covert Operation Team per “l’ennesima” missione. In X-Men 2 Stryker rivela a James/Wolverine che entrambi ne hanno fatto parecchie assieme, diversi lavori sporchi, robe oscene… ma non è vero: tutti i mutanti macellano e uccidono tranne Merriadoc Brandybuck e Peregri… ahem… Logan, che scuote sempre il capo e non fa nulla.
Di colpo James decide di mollare la squadra, e l’organizzazione è così crudele e organizzata che lo guardano andare via, imbambolati, senza dire una parola (La tendenza a usare le stesse inquadrature di una vignetta da fumetto in riprese di diversi secondi è uno dei più grossi errori del film).
Passano gli anni. James è andato in un paese economicamente migliore, il Canada, lavora, ha una casa, una moglie. Un mutuo molto basso data la posizione dell’immobile. Non vuole avere nulla a che fare con il governo. Lavora, ama e basta. Giusto la moglie lo ammolla con l’oppio dei popoli: la religione!

Wolv02.jpgMa il passato (lo stato USA) ritorna. Via lavoro, via moglie, voglia di rivalsa, voglia di vendetta e il tutto dentro un ingranaggio perfetto… davvero perfetto… perché gli americani sono MOLTO intelligenti, è noto. Specie i militari. Solo loro riescono a progettare un piano di sei anni spendendo mezzo miliardo di dollari e impiegando l’unica mutante sexy in circolazione per rivestire di adamantio l’unico mutante che aveva già dichiarato di volersela filare. E giù a scialare soldi su soldi, e risorse, risorse (l’adamantio) rubate all’estero. Ricordate questi dettagli.
Da notare che in X-Men 2 il complesso militare è fatto di porte controllate, paratie, le cascate sono lontane… in Wolverine invece basta sventrare qualche comparsa (si sottintende che sarà l’esercito americano, quindi lo stato, a rifondere i familiari delle vittime), passare due corridoi e una porta non sorvegliata (simbologia dell’assenteismo tra gli statali) e poi tuffarsi nel fiume per far perdere le proprie tracce.
James è salvato da due vecchi pensionati, con la casa forse ipotecata. Esempio di parsimonia e risparmio. E di nuovo lo stato USA arriva e li macina. E lì scoppi, inseguimenti, corse, e ogni minuto decine di migliaia di dollari persi in proiettili e mezzi militari.
James/Wolverine (nuova identità ereditata dai deliri religiosi della moglie) inizia la sua vendetta. Una vendetta fatta di liberazione di ostaggi, mutanti come lui, divenuti un sottoproletariato oppresso (stranamente vestiti di rosso…), vendetta, botte, distruzioni di proprietà pubbliche (e su con il debito), risse in casinò (specchio per le allodole per la middle-class che auspica un miglioramento del proprio status), morte per i suoi ex compagni d’armi che hanno cercato di trovare un lavoro decente in una società depressa (un eroe hobbit è costretto a lavorare in un circo!) fino a sconcertanti rivelazioni finali, amori traditi, artigli in fiamme, Xavier con la pelle tirata, il classico nemico con mille poteri sconfitto in team-up “schiena contro schiena”.
Ma il finale non perdona. Il volgo è ignorante. Il popolo è bue. Il popolo non ricorda. E quindi amnesia per Wolverine, che giustamente appena riprende i sensi allontana l’unico che poteva fargli ricordare qualcosa… se no come poteva passare i quindici anni successivi a struggersi per l’amnesia e quindi, con il tempo, ricadere nell’errore? E tutti sanno che lo ritroveremo povero in canna, quasi un rom, a vagare per l’America e lottare per due soldi.
E’ ora palese qual è il vero argomento politico e sociale di X-Men Origins: Wolverine: LA CRISI U.S.A.! I MUTUI! LE SPECULAZIONI! I DERAGLIAMENTI AMMINISTRATIVI! LE SPESE MILITARI!
Infatti il padre di Wolverine, Owlet, è uno speculatore, non crea la ricchezza ma la sfrutta, non crea e per l’appunto è sterile! Si noti che l’unico moderato in questo cast è il mutante Zero, di fattezze orientali, rappresentante di un impero economico all’est, parco e accorto. Un proiettile a vittima, non uno di più. E come controparte ecco spuntare Duke/Blob, simbolo dell’ingordigia statunitense che sbatte il muso (e il cranio) contro l’adamantina saldezza dei risparmiatori canadesi che Wolverine rappresenta. Non manca una vena politica e satirica di rara arguzia: Wade/Deadpool. Sguardo vacuo, inespressivo, faccia da ebete, parole senza senso snocciolate una dopo l’altra. A chi si riferisce? Ma è chiaro: all’amministrazione BUSH!
Scherzi a parte, per chi ha letto la fantastica miniserie Weapon-X di Barry Windsor-Smith del 1991, il film su Wolverine è del tutto INACCETTABILE. Il pathos è zero. La suspence è zero. L’inventiva è zero. E zero anche la mia voglia di comics dopo il film.
Mala tempora currunt.
Vado a rileggermi Weapon-X.