di Franco Ricciardiello

Persson.jpgDa parecchi anni ho uno convinzione: non vale la pena di conoscere di persona gli scrittori, molto meno interessanti dei loro stessi libri. Tuttavia, dopo avere letto i tre romanzi del ciclo del Välfärdsstatens di Leif GW Persson, pubblicati in Italia da Marsilio, devo ammettere che vorrei avere l’occasione di ricredermi.
Sulla scia di Henning Mankell, il primo tra i giallisti svedesi a raggiungere fama mondiale con le nove indagini del commissario Wallander, Leif Persson è arrivato dalle nostre parti insieme a numerosi colleghi; solo per fare qualche nome: Liza Marklund, Ǻsa Larsson, Arne Dahl, John Ajvide Lindqvist, Stieg Larsson. C’è chi ha scritto che i giallisti scandinavi sono più freddi e meno splatter rispetto ai colleghi americani, ma la differenza non è così banale. Gli autori di cui parliamo non hanno paura di osservare il delitto con un severo occhio morale, sorretto da una solida visione politica. Da indagine/rebus, il poliziesco si trasforma in indagine sociale, per fortuna esente da qualsiasi velleità alla James Ellroy.

I giallisti scandinavi stanno costruendo una specie di coscienza etica dell’Europa, forse non ricercata esplicitamente ma “metabolizzata” sulla scia della coppia d’oro del giallo svedese, coppia nella vita come nella letteratura: Maj Sjöwall e Per Wahlöö, per i quali si vedano i volumetti editi da Sellerio; Henning Mankell ha rivendicato esplicitamente la propria discendenza letteraria dai due scrittori.
Negli anni Sessanta, Sjöwall e Wahlöö si dilettarono a inserire nei loro dieci romanzi gialli feroci critiche allo stato sociale svedese, dimostrando tutto il fastidio snob della borghesia scandinava costretta a convivere con il socialismo più longevo del mondo, rimasto al potere ben più del PCUS o del PC cinese; al contrario, Leif GW Persson ha scelto di intitolare il suo ciclo di romanzi Välfärdsstatens fall, “I casi dello Stato sociale”. Al centro della narrazione c’è infatti l’istruttoria poliziaria/processuale più lunga e complessa della Svezia moderna, uno fra i più intricati casi di omicidio politico rimasti irrisolti in un paese industrializzato: l’assassinio di Olof Palme, primo ministro e presidente dello Sveriges Socialdemokratiska Arbetarepartiet, il Partito socialdemocratico svedese, principale artefice dello stato sociale nella sua età matura.

L’autore
Gustav Willy Leif Persson è nato nel 1945 vicino Stoccolma; prima di acquisire fama come scrittore di gialli, ha collaborato con la polizia svedese, occupandosi in particolare di reati finanziari. Dal 1991 svolge le mansioni di consulente per il Ministero della giustizia, e in più è docente di criminologia presso la scuola nazionale di polizia, anche se nel maggio 2008 ha annunciato la cessazione di quest’ultima collaborazione. Oltre al ciclo del Välfärdsstatens, Marsilio ha pubblicato un quarto romanzo, “Anatomia di un’indagine” (Linda — som i Lindamordet, 2005), che vede come protagonisti alcuni dei suoi consueti personaggi: primo fra tutti l’ispettore Bäckström, vero luogo comune del poliziotto incapace, che appare e scompare un po’ in tutta la narrativa di Persson.

I fatti
Stoccolma, 28 febbraio 1986, il primo ministro svedese Olof Palme si reca al cinema insieme alla moglie, senza scorta. All’uscita, intorno alle 23, i due si attardano a osservare le vetrine nella centralissima Sveavägen, ma all’angolo con Tunnelgatan un uomo spara alla schiena del primo ministro e della moglie Lisbeth, ferita solo di striscio, poi riesce a far perdere le sue tracce malgrado numerose testimonianze oculari. Olof Palme muore in ospedale sei minuti dopo mezzanotte; la polizia invade in forze le strade adiacenti il luogo dell’agguato, con un disordine che caratterizzerà tutta l’indagine. L’attivismo confusionario del potere politico e dei magistrati (al contrario dell’Italia, la Svezia ha un ordinamento giudiziario di common law, per cui le indagini sono svolte in autonomia dalla polizia, che trasmette gli elementi raccolti al pubblico ministero) comprometterà seriamente la possibilità di individuare i responsabili dell’omicidio. Ancora oggi, a meno di tre anni dalla caduta in prescrizione (febbraio 2011), non si sa chi siano l’autore materiale e il mandante dell’omicidio. Palme poteva avere moltissimi nemici: segretario del Partito dal 1969 fino alla morte, quasi ininterrottamente primo ministro, molto esposto sul piano internazionale per la sua opposizione alla guerra in Vietnam, all’apartheid e alla proliferazione di armi nucleari, è stato un modello per la sinistra mondiale durante l’intera guerra fredda. Nel bene o nel male, una pietra di paragone, visto che nel dibattito sulla “terza via al socialismo” le socialdemocrazie scandinave rappresentavano, in contrapposizione all’Urss e ai paesi del Comecon, i primi due termini di un’equazione mai risolta.
Curiosamente, non è la prima volta che il caso Olof Palme stuzzica la curiosità letteraria: lo scrittore portoghese Luís Miguel Rocha in “La morte del papa” (v. la recensione di Giuseppe Genna su Carmilla) ha ipotizzato tra l’altro che dietro l’omicidio del primo ministro svedese ci siano Licio Gelli e la loggia Propaganda-2. Rimane il fatto che la pista politica è tra le più battute durante le indagini, come pure l’ipotesi di un complotto “interno” alla polizia o all’intelligence svedesi, ambienti nei quali covava risentimento verso il capo del governo.

La fiction
Decisamente, Leif GW Persson prende le cose da lontano. Il suo ciclo Välfärdsstatens ha inizio nel 2002 con Mellan sommarens längtom och vinters köld (“Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno”, Marsilio 2004). L’ispettore di polizia Lars Martin Johansson indaga sullo strano suicidio di un giornalista americano a Stoccolma, che a quanto pare stava scavando nei trascorsi del primo ministro svedese, compresi i suoi rapporti di gioventù con il controspionaggio sovietico. La vicenda è ambientata nel 1986, e si conclude proprio con l’assassinio di Olof Palme. Dunque, già alla fine del primo episodio i lettori sanno perfettamente chi e perché ha ucciso — ovviamente, nella finzione narrativa. Il secondo romanzo, En annan tid, ett annat liv (“Un altro tempo, un’altra vita”, Marsilio 2005), vede Lars Martin Johansson negli anni Novanta, promosso ai vertici della polizia e poi trasferito al controspionaggio. Qui scopre che l’omicidio di un anonimo impiegato avvenuto dieci anni prima è legato a filo doppio con la fallimentare indagine sulla morte di Olof Palme. Aggirandosi nei meandri dei segreti di intelligence, tra Cia, Stasi e Kgb, sempre muovendosi intorno all’inquietante figura di Nilsson, consigliere particolare del primo ministro, Johansson riesce a mettere a fuoco una montagna di dettagli sul discutibile passato politico e diplomatico di Palme. Nel terzo e ultimo romanzo uscito nel 2007, Faller fritt som i en dröm (“In caduta libera come in un sogno”, Marsilio 2008), Lars Martin Johansson, ormai numero uno della polizia svedese, soprannominato “il macellaio venuto dal nord” per il suo inossidabile atteggiamento morale, decide di riaprire informalmente l’indagine Palme con una nuova squadra di poliziotti. L’obiettivo è giungere se possibile a una conclusione entro la data di prescrizione. Questo ultimo romanzo può anche essere letto come opera a se stante (anzi, paradossalmente soltanto in questo modo il lettore non sa chi è l’assassino: sole se non ha letto “Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno”), ed è una straordinaria ricostruzione di un’indagine di polizia, che non indulge minimamente a colpi di scena sensazionalistici, al contrario di Henning Mankell.
Per la verità, la struttura dei romanzi di Persson è più da noir che da romanzo poliziesco: i vari tentativi dei protagonisti di pervenire a una ricomposizione dell’ordine, la riaffermazione dello stato di diritto, sono destinati a scontrarsi con la complessità di una partita condotta contro troppi avversari. La riprova della natura narrativamente ibrida di Välfärdsstatens è il fatto che l’omicidio vero, importante, non avviene all’inizio del ciclo, ma soltanto alla fine del primo romanzo. Come se non bastasse, il punto di vista scelto dall’autore è il discorso libero indiretto, una “terza persona immersa” che si sposta da un personaggio all’altro ogni poche pagine. Spesso i pensieri dei vari soggetti presenti in scena sono brevemente proposti con una frase in corsivo. Il lettore ha l’impressione, al principio straniante ma quando ci si abitua è piacevole, di vedere un film e contemporaneamente leggere nella mente dei personaggi.
Quello che è sicuro è che Leif Persson conosce molto, molto bene la psicologia degli operatori di polizia, e anche dei servizi segreti. La sua tesi (letteraria) sul caso Olof Palme è semplice e brutale, molto meno cervellotica delle piste seguite effettivamente dagli investigatori svedesi: non esiste un complotto politico, eppure l’omicidio è senza dubbio politico; la possibilità di una cospirazione interna alla polizia rischia di depistare le indagini, eppure è da lì che la revisione del caso è naturalmente destinata a ripartire; un complotto internazionale è sicuramente possibile, a causa dell’esposizione mondiale della vittima (una dimensione planetaria che la Svezia ha perduto insieme a Olof Palme), e al tempo stesso non risulta credibile che anni di indagini anche raffazzonate in questa direzione non abbiano portato a nulla. Dove vuole andare a parare allora Leif Persson? La sua è soltanto un’ipotesi narrativa, oppure è l’unica spiegazione che possa interpretare il fallimento di oltre venti anni di inchiesta su un caso “vivisezionato, smembrato e analizzato minuziosamente in tutti i suoi pezzi”? Senza svelare nulla di essenziale al lettore che volesse iniziare dal terzo romanzo, è necessario ricordare che Persson sembra intenzionato non soltanto a costruire una ipotesi investigativa plausibile, rigorosamente indiziaria e solidamente basata sulla sua comprovata esperienza di criminologia, quanto a edificare un monumento a un mondo scomparso: il Välfärdsstatens appunto, l’età d’oro della socialdemocrazia svedese. Il suo intento non è esplicitamente politico, tutt’altro: la scrittura è sorretta da un’imparzialità di giudizio che tracima nell’oggettività, semmai è la sua ironia corrosiva che mette a nudo i meccanismi del destino. In una società complessa, è assolutamente impossibile tenere ogni elemento sotto controllo.
I personaggi di “In caduta libera come in un sogno” sono gli stessi di sempre, già visti all’opera anche in “Anatomia di un’indagine”. Oltre all’incorruttibile Lars Martin Johansson e sua moglie Pia Hedin, c’è la squadra investigativa: Anna Holt e Lisa Mattei, Waltin e il solito Bäckström, che malgrado si muova come un elefante in una cristalleria, non riesce a intralciare le indagini. Infine, il misterioso Nilsson, il consigliere particolare del Primo Ministro, a conoscenza di (quasi) tutti i segreti passati, presenti e forse anche futuri della politica svedese.
I romanzi del Välfärdsstatens sono da gustare con piacere, in solitudine, possibilmente d’inverno e alla luce di una candela.

[I romanzi di Persson citati si trovano qui]