di Sbancor

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[Nella foto che correda questo articolo, un possibile futuro hezbollah libanese giustamente “fermato sul nascere”, in senso letterale, dalle bombe israeliane. Altre foto di piccoli terroristi giustiziati in nome del sacrosanto diritto all’autodifesa di Israele, cantato dal nobile Adriano Sofri, si trovano qui. Attenzione, però: non è una visione adatta ai deboli di stomaco. Ma qualcuno, direbbe Giuliano Ferrara, il lavoro sporco in difesa della supremazia occidentale deve pur farlo. Israele lo fa da sempre.] (V.E.)

Se la guerra infinita è l’obiettivo delle grandi corporations e delle oligarchie militari, la pace è l’arma dei rivoluzionari!

Fermare la guerra infinita è possibile. Ora. Adesso. In Libano. In Libano infatti sta accadendo qualcosa di incredibile che va raccontato. Per la prima volta le diverse comunità stanno facendo un fronte comune contro l’aggressione israeliana.

I villaggi a nord di Beirut, le roccaforti cristiano maronite si sono aperte ai profughi, in gran parte vecchi, donne e bambini che vengono dal Sud. 800.000 profughi. La Caritas organizza collette per i profughi. Il Generale Michael Aoun, non nasconde dal suo sito internet una certa simpatia per gli hezbollah. Il Ministro della difesa libanese, un altro cristiano, sostiene che in caso di attacco in grande stile da parte di Israele l’esercito libanese farà il suo dovere.
L’85% della popolazione. dopo più di due settimane di bombardamenti. sostiene la resistenza all’avanzata di Tshal e non cede alla tentazione di una guerra civile e di un regolamento dei conti con gli hezbollah.
Più di vent’anni di guerra fratricida e oltre 300.000 morti qualcosa hanno insegnato.
Ma per comprendere l’intricato gioco mediorientale occorre spostasi sulle rive del Golfo Persico.

Qui si sta aprendo un nuovo fronte fra i paesi “sunniti” del Golfo e la nuova egemonia “sciita” che dall’Iran, grazie agli americani, si sta allargando, attraverso una sanguinosa guerra civile all’Iraq. Non è un mistero, per chiunque eviti con cura di ascoltare i telegiornali italiani, e segua invece con metodo i siti specializzati in Medioriente, che in quest’ultimo conflitto le monarchie “sunnite” del Golfo e l’Arabia Saudita in primo luogo, stiano giocando una partita complessa il cui scopo è scatenare una guerra civile in Libano alle spalle degli hezbollah, aumentare la tensione fra gli USA. e l’Iran, liberandosi di quelle assai fastidiose “democrazie estremiste” che da Hamas, all’Iraq, all’Iran si contrappongono alle monarchie assolute e alle autocrazie dei cosiddetti paesi arabi moderati. Bella lotta, direbbero a Roma. Ma questa “contraddizione” quasi mai è rilevata dagli organi di stampa occidentali, e dai suoi opinionisti, da Ferrara a Sofri a Bernard Heny Levy per i quali la democrazia è esclusivamente quella approvata dal Washington Consensus. E Mubarak o gli Emiri sono, secondo loro meglio dei parlamentari di Hamas. Ora io non sono un fanatico della “democrazia”, coltivo anzi antiche idee platoniche sul governo dei saggi, ma certo la posizione degli ex stalinisti e degli ex maoisti del ’68 molto mi preoccupa: è l’unico caso di passaggio diretto dalla dementia precox a quella senile.

La mossa libanese prevedeva che almeno due personaggi, Walid Jumblatt ed il figlio di Hariri, giocassero il ruolo di guastatori dei fragili equilibri libanesi in funzione anti sciita e antisiriana. 1,5 miliardi di dollari sauditi erano, e sono, a disposizione sotto forma di aiuti, per oliare il meccanismo. Ma qualcosa non ha funzionato. La resistenza di Hezbollah sul territorio si è dimostrata molto più forte del previsto. Da fonti locali sembra che anche alcune unità formate da cristiani stiano combattendo con le milizie sciite. Anche qui evitare i giornali italiani.

Da un punto di vista strettamente militare gli israeliani pensavano a un’azione combinata di paracadutisti appoggiati da sette divisioni corazzate, per effettuare uno sfondamento del fronte, mentre l’aviazione e le navi impedivano con la distruzioni delle infrastrutture ogni rifornimento ai combattenti. L’errore probabilmente è stata l’ampiezza dei bombardamenti su Beirut. Di fronte all’entità dei danni materiali e al numero delle vittime, ma soprattutto di fronte all’esodo biblico di quasi un terzo della popolazione libanese verso nord, le “quinte colonne” degli USA e dell’Arabia Saudita hanno dovuto, almeno per adesso, abbassare i toni. L’arresto di oltre venti “spie” filo-israeliane a Beirut deve aver contribuito all’opera di dissuasione.

Attualmente la testa di ponte israeliana è ammassata fra Maroun er Ras e Bent Jbail, ma gli hezbollah controllano Yaroun ad ovest e a Aitaroun ad est. Un forza corazzata che in oltre due settimane, disponendo del totale controllo aereo, effettua una penetrazione di poco più di 2 km e ha i fianchi scoperti non è come dire l’esempio migliore di una vittoria, né tattica né strategica. Nonostante la propaganda di Israele amplificata dai giornali occidentali e italiani in particolare. C’è da chiedersi se il tiro a segno sulle truppe ONU non sia il tentativo — peraltro già sperimentato in Iraq — di liquidare gli “osservatori indipendenti”.

A questo punto (28 luglio 2006) la strategia israeliana cambia. Si dà priorità alla guerra aerea, rispetto all’avanzata di terra. Terra bruciata. Fosforo bianco. Poi si vedrà. Ancora questa sera si combatte a Maroun er Ras: esattamente il punto di ingresso dell’offensiva israeliana.

E’ in questa delicata questione che la “Conferenza di Roma”, vissuta dagli incompetenti politici italiani come un “galà”, quasi fossero i mondiali di calcio, ha provocato i danni peggiori. Peggiori del pur pessimo inglese sfoggiato da D’Alema. Gli israeliani l’hanno interpretata come una “luce verde” per continuare l’aggressione e i bombardamenti.

Dopo settimane che si metteva la Siria sul banco degli accusati l’attegiamento di Israese cambia: dichiara comunque di non voler far la guerra alla Siria. Cosa è successo? Fonti interne al regime siriano dicono che una aggressione alla Siria sarebbe ora una catastrofe: se cade Bashyr Assad, di religione sciita “alawita”, al suo posto nascerà una repubblica fondamentalista whabbita. I Fratelli Mussulmani sono già pronti. Come l’Arabia Saudita si augura. E come anche Al Qaeda spera. E come anche alcune “corporations” americane si augurano per rigenerare all’infinito il modello afghano ed iracheno. La Guerra Infinita approderà dunque sulle sponde del Mediterraneo?

E cosa accadrà nelle banlieus europee? Cosa succederà alla nostra già compromessa democrazia?

Se era giusto morire per Danzica, come molti necrofili – che all’epoca sarebbero stati sicuramente camicie nere o Waffen SS – oggi ripetono, e ancor più giusto far vivere il Libano!

E a proposito di necrofili. Ieri Al Zawhiri ha ritenuto opportuno far sentire la sua voce. Non è escluso che qualche esponente dell’ala militare di hezbollah sotto il fuoco israeliano cada nella trappola di Al Qaeda.

Al Qaeda è la traduzione in arabo di “data base”, la banca dati dove gli USA avevano censito migliaia di mujhaeddin anti-sovietici per la guerra afghana, come rivelò l’ex Ministro degli Esteri britannico Robin Cook nel 2005 al quotidiano “Guardian”.

Se il “data base” inizia a funzionare nel Libano meridionale sarà difficile evitare che la guerra infinita diventi la III guerra mondiale.

Qualcuno per favore spinga il tasto “format c” e annulli il “data base”, prima che sia troppo tardi.