calpestare_oblio.jpg“Calpestare l’oblio”: venerdì 8 gennaio, assemblea dei poeti contro l’oblio al “Beba do Samba” di Roma
Venerdì 8 gennaio, dalle ore 16 a sera inoltrata, i poeti italiani che a novembre hanno aderito all’iniziativa “Calpestare l’oblio. Poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana”, promossa dalla rivista “La Gru” (www.lagru.org) e rilanciata dal sito di MicroMega e dalle pagine dell’“Unità”, e aspramente criticata da “Libero”, “Il Giornale”, “Il Foglio” e perfino “Il Corriere della Sera”, si riuniranno in assemblea presso l’Associazione Culturale “Beba do Samba” di Roma (in via de’ Messapi n. 8, quartiere San Lorenzo), in collaborazione con la rivista di poesia e arte contemporanea “Argo” e con il settimanale “Left”. Apriranno i lavori dell’assemblea gli interventi dei poeti Franco Buffoni, Gianni D’Elia, Flavio Santi, Maria Grazia Calandrone e Pietro Spataro, che passeranno poi il microfono a tutti i poeti e gli spettatori presenti che vorranno intervenire sul tema dell’oblio della memoria democratica e repubblicana, della rimozione della cultura nella società italiana e della funzione che possono svolgere i poeti e gli artisti nell’attuale fase della storia nazionale e della storia della comunicazione di massa in Italia.

L’iniziativa “Calpestare l’oblio” è stata sottoscritta da oltre cento poeti italiani di diversa età e provenienza geografica, tra i quali, oltre ai nomi già citati, Nanni Balestrini, Roberto Roversi, Luigi Di Ruscio, Giuliano Scabia, Alberto Bellocchio, Maurizio Cucchi, Eugenio De Signoribus, Antonella Anedda, Marco Giovenale, Tommaso Ottonieri, Alba Donati, Giancarlo Sissa, Francesco Scarabicchi, Alberto Bertoni, Lello Voce e tantissimi autori della nuova generazione, nati tra gli anni ’70 e ’80.
“Calpestare l’oblio” vuol dire che i poeti italiani non intendono più restare in silenzio di fronte allo sfacelo culturale del proprio Paese, sfacelo che se può essere definito sinteticamente “berlusconismo”, più propriamente è la Storia del trentennio dell’interruzione culturale e della colonizzazione televisiva della società italiana. Contro questo Trentennio di interruzione culturale i poeti di “Calpestare l’oblio” si ribellano. Essi dicono anche che l’ideologia della separazione, per cui alla poesia sarebbe dato di occuparsi solo del dato letterario, è finita. I poeti di “Calpestare l’oblio” reclamano il proprio diritto di cittadinanza all’interno della Polis del dibattito politico e culturale.
Alle ore 19.00 si susseguiranno le letture poetiche e le performance di una trentina di autori, e alle ore 23 chiuderà l’evento il concerto del gruppo musicale PANE (http://www.progettopane.org).
È inoltre prevista la partecipazione degli artisti Nicola Alessandrini e Valeria Colonnella che presenteranno alcune opere e video-installazioni sul tema dell’oblio. Straordinaria adesione e presenza di Rosemary Liedl Porta, vedova del poeta Antonio Porta, che leggerà degli inediti del marito.
Davide Nota e Fabio Orecchini, organizzatori dell’evento, presenteranno per l’occasione la nuova versione dell’e-book “Calpestare l’oblio”, a cui hanno aderito molti nomi della poesia italiana contemporanea.
L’evento sarà trasmesso in diretta sulla web-tv MeddleTv (http://www.meddle.tv) e gli atti dell’assemblea saranno in futuro pubblicati assieme alla nuova versione dell’antologia poetica.
A tale proposito abbiamo intervistato uno degli organizzatori, il poeta Davide Nota.

Come e perché è nata l’idea?

“Contro la minaccia incostituzionale” era il titolo di un intervento poetico a due voci, che lo scorso aprile io e Gianni D’Elia avevamo pubblicato sulla Gru, contro la proposta berlusconiana di cambiare nome alla festa della Liberazione. A seguito di questo piccolo e irrilevante intervento civile di poesia ci contattarono e si unirono altri amici poeti, e così nacque spontaneamente l’idea di raccogliere una ventina, trentina di testi, per un’azione più complessiva di critica poetica contro l’egemonia culturale del potere post-piduista in atto, cioè contro il monopolio della comunicazione via etere. Un intervento insomma che se partiva dal pretesto dei temi della “memoria della Resistenza” e della “resistenza della memoria”, in breve tempo si è trasformato in un vero e proprio atto di contestazione complessiva di un’epoca di oblio culturale, una forma di resistenza umanistica contro il basso impero di un’omologazione logorante ed asfissiante, e di cui vittima non è stata solamente la poesia, confinata nel lager inoffensivo dello specialismo separato dalla società italiana, ma la consapevolezza stessa dei propri valori culturali condivisi e dei diritti individuali e sociali che infatti sono stati smantellati dietro le quinte dell’intrattenimento televisivo.
Ecco, l’antologia “Calpestare l’oblio”, che è un verso del testo inedito di Roberto Roversi, ha assunto man mano tutti questi significati, e si è fatta un’iniziativa spontanea di resistenza della memoria civile, ed anche di riscatto specifico da parte di una delle arti più ferite e umiliate, contro l’ideologia barbarica che domina l’Italia da tre decenni, esattamente da quel 1978 in cui Silvio Berlusconi acquisì Telemilano ed iniziò col sostegno di diversi centri di potere nazionale quel progetto malato di unificazione nazionale fondato sulla lobotomizzazione del popolo italiano.
I temi storici e culturali, comunque, sono spiegati molto limpidamente nell’introduzione di Luigi-Alberto Sanchi, che è un giovane intellettuale e storico del CNR di Parigi, e a cui rimando.

Qual è l’obiettivo?

Io credo forse ingenuamente che la poesia possa essere davvero, come diceva Mandel’stam, un campanello di Pavlov che risvegli nel singolo lettore quella sete di esistenza, verità, vitalità, che renda per contrasto evidente la finzione, la menzogna, l’insopportabile irrealtà della scenografia di massa rappresentata dai nostri carcerieri. Franco Fortini, che non era di certo un ingenuo sognatore, diceva che anche il dipinto di un paesaggio può essere un’azione politica se provoca nell’animo del prigioniero o del lavoratore sfruttato che lo contempla quell’implacabile sete di vita che diventa poi volontà di evasione, e che può diventare volontà di cambiamento strutturale.
L’obiettivo realistico è per ora quello di avere dimostrato pubblicamente che i poeti italiani esistono e resistono, che l’ideologia della separazione delle discipline non ha vinto, che l’estetica neo-parnassiana è scaduta, che non è vero che la poesia non può per sua natura sollevare un dibattito pubblico su determinati temi, a confronto con politica e giornalismo.
Calpestare l’oblio vuol dire esigere che la società nella quale si vive rispetti la cultura e rispetti la poesia, vuol dire reclamare il nostro diritto di cittadinanza nella polis del dibattito politico e culturale, contro la separazione delle discipline, contro le pareti stagne dei lager specialistici, vuol dire contestare il trentennio dell’interruzione culturale di massa, vuol dire bestemmiare il dogma del disimpegno.
L’obiettivo a lungo termine è certamente quello di guadagnare uno spazio per il pensiero critico ed artistico nel mass media italiano, quello spazio che è stato praticamente abolito in Italia da trent’anni per ragion di Stato. Dobbiamo rifondare, metaforicamente, una “Officina” del pensiero critico.

Perché la poesia e non altre forme d’arte?

Infatti, questa antologia è di poeti ma la lotta è comune e ben venga l’unione di tutte le arti per una contestazione larga di un sistema basato sulla lobotomia di massa e sulla colonizzazione dell’inconscio. Bisognerebbe ripartire da Guy Debord e da Pasolini.

La libertà d’espressione è a rischio?

Il fascismo post-moderno non ha avuto caratteristiche coercitive militari perché colonizzava direttamente l’inconscio, le emozioni, le paure, e garantiva anche nella svogliata percezione dei telespettatori la comoda illusione di un falso pluralismo che in realtà non era altro che un’ora d’aria umiliante per la dissidenza e funzionale al controllo.
Insomma, se il poeta va da Maurizio Costanzo o da Marzullo, come il dissidente va a Porta a porta, per parlare dieci minuti, leggere una poesia, fare una dichiarazione originale, e poi essere congedato al proprio oblio quotidiano con un buffetto paternalista sulla guancia, che cosa stiamo facendo?
Debord diceva che se oggi Marx scrivesse il Capitale, andrebbe in televisione a parlare del proprio prodotto per venti minuti, risponderebbe alle domande di qualche commentatore idiota e andrebbe a casa con la sensazione di non avere scalfito nemmeno un atomo di realtà.

Ti sei fatto un’idea del perché di questa alzata di scudi?

Non sono così ingenuo da pensare che la poesia possa fare paura al Palazzo. Però credo che, a livello generale, stiano percependo qualche cedimento strutturale della scenografia ufficiale, per cui “ci mancavano i poeti”, come infatti ha scritto Battista sul Corriere.
Però bisogna fare alcune considerazioni. Innanzitutto questa destra ha investito moltissimo sulla questione dell’egemonia culturale, anche nei minimi dettagli come la poesia, prendi ad esempio tutto il progetto messo in piedi da Cl e per cui è stato usato Davide Rondoni, che in definitiva è l’intruppamento finalizzato a disinnescare tutta la tradizione critica dei poeti in rivolta: Rimbaud, Allen Ginsberg, Pasolini etc, o prendi gli investimenti di Dell’Utri sul giornale di cultura “Il domenicale”, affidato a Crespi, che ora tra l’altro è in crisi ma che fino a poco tempo fa era l’unico giornale che pagava per qualche pezzo di poesia. Per cui immagino che, in un momento di crisi politica, gli addetti alla cultura abbiano visto con preoccupazione questa iniziativa, chiaramente a seguito dello spazio che “L’Unità”, nella persona di Pietro Spataro, ci ha offerto. Hanno paura che crolli il tetto della palestra prima dell’ultimo round.
Ecco, la seconda considerazione è che stiamo vivendo il passaggio dalla televisione via etere al digitale terrestre, e questo rappresenta una semplice cosa, e cioè la fine del regno della comunicazione berlusconiana. Berlusconi finisce perché finisce l’egemonia di Mediaset, ora avremo negli anni una pluralità di poteri forti e lobby in concorrenza, ma perlomeno non più una dittatura mediatica sprezzante della cultura.
Insomma, il Palazzo non ha paura dei poeti. Però l’epoca sta cambiando, e i poeti italiani sono dentro l’epoca, la cantano, la esprimono, la incarnano. Ora assistiamo a numerose persone di potere che tenteranno in questi mesi di rifarsi una verginità antiberlusconiana. Capisci che i berlusconiani sono agitati, a parte Gasparri.
Per questo abbiamo assistito a questa anomalia davvero storica, su cui ci sarà da interrogarsi: una repressione feroce ed organizzatissima di giornali e radio di potere, contro un e-book di poesia.

E adesso che fare?

Riflettere su tutto questo, e vedersi a Roma l’8 gennaio.