di Piergiorgio Odifreddi

Zichicche.JPG[Dal libro a cura di Piergiorgio Odifreddi Zichicche (Edizioni Dedalo, Bari, 2003, pp. 290, € 14.00), sulle castronerie del noto fisico Antonino Zichichi, traiamo questa esilarante poesia, che in assenza di indicazioni contrarie attribuiamo allo stesso Odifreddi.] (V.E.)

Eroe del video
re dei congressi,
avvezzo a mietere
lustro e successi

s’erge a prototipo
dello scienziato,
pur non sapendosi
cos’ha inventato.

I geni convoca
su colli aprichi.
È il mito d’Erice.
È lo Zichichi.

Ai non più giovani
che afflitti e inermi
se lo sorbiscono
dai teleschermi,

dai versi frivoli
d’una canzone
che giunse ai vertici
di diffusione

il nome egli evoca
di Ziki-Paki
che quando usavano
divise kaki

(allora in Africa
la guerra c’era
per render libera
faccetta nera)

tutti sapevano
essere indù,
figlia erotomane
di Ziki-Pu.

Pur collegandosi
con un casato
di nome ostico
inusitato,

resta da escludere
ch’egli discenda
da qualche esotica
stirpe tremenda.

Pronuncia erronea
quella è di chi
col nome l’indichi
di Zichichì.

È quasi un simbolo.
Le sue trovate
il nome prendono
di zichicate.

Anche i politici
nei suoi convegni
si manifestano
ospiti degni:

con piglio energico
e a briglia sciolta
spesso zichicano
a loro volta.

Impareggiabile
divulgatore,
incanta il pubblico
per ore ed ore

quando serafico
dà la nozione
limpida e semplice
d’antideutone.

È per suo merito
che i teleutenti
son della fisica
cultori attenti:

delle molecole
sciolti gì’intrichi
rapiti esclamano
«Viva Zichichi!».

Per lui lo scibile
non ha segreti.
Rivolge agli atomi
sguardi indiscreti

e sminuzzandone
l’intima essenza
di mondi incogniti
dà conoscenza.

Complicatissime
nozioni arcane
son per suo merito
rese profane.

Dei cattedratici
lascia l’alone
e accede all’umile
televisione,

sicché più fulgida
gloria si spande
sul formidabile
Zichichi il grande.

Per tutti gli ospiti
che dà in arrivo,
Zichichi il fulgido,
Zichichi il divo,

ha il grande merito
d’un raffinato
flusso turistico
qualificato.

C’è chi non visita
nemmeno Roma
e cede al fascino
della sua chioma:

quasi una nuvola
di fine vello,
posta a proteggere
tanto cervello.

Tutti conoscono
di quella testa
il pregio estetico,
la bella cresta;

ma solo i posteri
sapranno bene
s’è ragguardevole
quel che contiene.

Sulle sue dispute
spandono allori
con gratitudine
gli albergatori.

Se i conti ascendono
a somme ingenti,
non c’è chi strepiti
chi si lamenti;

si sottoscrivono
fatture e buoni:
tanto li pagano
le istituzioni.

E i geni mangiano
come il decoro
prescrive ad esseri
del rango loro.

Dopo un preambolo
sopra i neutroni,
non si consumano
pere o meloni

né volgarissimi
prosciutti e fichi,
per non offendere
poi lo Zichichi.

Il cibo d’obbligo
è l’aragosta,
con tutto il seguito
che le s’accosta.

Se non è facile
trovarne a iosa,
non spira un’aura
difficoltosa:

ciascuno ha un àmbito
di competenza
che gli è specifica.
Quando la scienza

priva di scrupoli
s’atteggia ad arte,
anche la pratica
fa la sua parte.

I cuochi emeriti,
senza esitare,
guardano ai tavoli
san cosa fare.

Per propria anomala
deformazione
un grande fisico
scorge il mesone

ma poi non scevera
con il palato
cibo freschissimo
dal surgelato.

In fondo gli atomi
sian crudi o lessi
oggi o tra secoli
sono gli stessi.