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Questo testo è tratto dal nuovo libro di U.M. Tassinari Naufraghi. Da Mussolini alla Mussolini: 60 anni di storia della destra radicale per la collana tutti i colori del nero delle edizioni immaginapoli, pp. 223-240. Qui la prima parte. [g.d.m.]

Il Viminale raschia il fondo del barile per giustificare il provvedimento. Il rapporto dell’Ucigos ipotizza l’esistenza di un livello occulto ma non va oltre il controllo dei movimenti finanziari (da cui non affiora nessun illecito penale) e quindi deve fare marcia indietro. Dell’accuratezza delle indagini testimonia l’enfasi riservata a un presunto abboccamento («per organizzare un addestramento militare in Scandinavia») con due ultrà potentini, indicati come «esponenti del disciolto gruppo di Ordine nuovo». Nel 1973 i due giovanotti avevano quattro e tre anni.

Rinfocola le polemiche Enzo Fragalà che diffonde in Commissione Stragi un dossier su Fiore e Morsello ispirato da un vecchio rapporto (1991) dell’Europarlamento su razzismo e xenofobia che li presenta «come agenti dei servizi segreti inglesi infiltrati nella destra radicale di quel paese per fermare il National Front, la formazione di destra estrema presente in Inghilterra. Fiore e Morsello hanno lavorato per conto dei servizi inglesi. Ecco perché sono riusciti a costituire un patrimonio di 1.300 appartamenti. Secondo l’Ucigos, però, i due sono pericolosi estremisti di destra. Quindi o la polizia italiana ha avuto dai servizi inglesi false notizie oppure si è scelto di occultare una falsa collocazione dei due ben sapendo dei legami di cui godono».
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Il presidente Pellegrino punzecchia il deputato di AN sul fatto che era membro del “comitato d’accoglienza” per il rientro in Italia di Morsello e poi rifiuta un’audizione dei due, per non «offrire tribune parlamentari a queste persone». Il dossier, firmato anche dall’altro commissario di AN, Alfredo Mantica, avanza il sospetto di stretti legami anche con apparati dell’ex patto di Varsavia. Ma come spiega Canu Forza Nuova non ha mai inciuciato con i ‘comunisti’ sia pure in versione ‘nazionale’: «Non accetta nemmeno i tentativi di dialogo con l’estrema sinistra anticapitalista e antiamericana messi in atto dal Fronte Nazionale, non ci piacciono le sue aperture verso l’Islam in funzione antimondialista e antisionista: siamo anticapitalisti, siamo antiamericani, siamo antisionisti e antimondialisti, ma comunismo e Islam sono pericoli mortali per l’Europa, culla della civiltà».

Il sostegno espresso alla Serbia, con tanto di missione a Belgrado in procinto di essere (intelligentemente) bombardata è condiviso dalla Lega ed è riconducibile a un approccio geopolitico, che esalta il ruolo delle potenze post-comuniste in chiave di contenimento antislamico: si spiega così l’aperto tifo per l'(impopolarissima) occupazione russa in Cecenia mentre Caratossidis organizza un “assalto” alla base di Aviano da cui partono i bombardieri usa, con la parola d’ordine «Smantellare la Nato, armare l’Europa».
A inficiare la credibilità della ricostruzione c’è un falso grossolano: i due latitanti italiani sarebbero stati arruolati dai servizi britannici in Libano dopo la strage di Bologna, paese in cui è accertato che non hanno mai messo piede. Come tutti i dossier che si rispettino, anche questo riprende pettegolezzi e maldicenze: «trattano con gli estremisti britannici e irlandesi per conto dei servizi di Londra al punto che riescono a boicottare l’entrata dei nazionalisti irlandesi nell’Internazionale di Terza posizione, favorendo in quel momento il Front britannico capeggiato da Griffin sorretto da solida fede religiosa protestante, evidentemente in contrapposizione con la fede cattolica dei nazionalisti d’Irlanda».

Le rivelazioni di Fragalà non convincono neanche Buontempo: «Forza nuova fa politica alla luce del sole e svolge un ruolo positivo riconducendo a un gioco democratico frange giovanili antagoniste. FN intercetta questo voto che altrimenti si disperderebbe. Fragalà ha il dovere di citare fonti e documenti, altrimenti si alimenta la riproposizione degli opposti estremisti. A’ Fragalà, ‘ste cose nun se sparano alla vigilia della campagna elettorale».

Contro i “wishinful thinking” dei leader il risultato delle urne è l’ennesimo tonfo, con percentuali omeopatiche (0.1% al Senato). Così Fiore spiega, nelle pagine del sito web, che la dimensione politica e la forza di attrazione restano quelle di «un movimento militante che non disdegnerà mai la politica di strada e di quartiere, la vita accanto al popolo, con particolare attenzione alle sue frange più vessate e sfruttate».

Il gruppo gestisce abilmente lo scontro frontale con l’estrema sinistra, che si autoalimenta in una spirale continua di sfide, interdetti e ritorsioni, assicurando un duplice risultato politico: da una parte offre visibilità nel barnum mediatico, ben felice di riesumare gli stereotipi degli anni ’70, dall’altra consolida l’identità militante e seleziona i quadri, forgiati nella durezza di una contrapposizione giocata spesso in condizioni di inferiorità numerica. Così si scelgono date simboliche per affermare il diritto a scendere in piazza, solleticando il riflesso condizionato dell’antifascismo militante. La prima sfida è lanciata, nel maggio 2000, proprio su una ferita sanguinante della sinistra, la Bologna appena conquistata dal Polo con Guazzaloca. Buona parte dei 600-700 camerati mobilitati sono veneti. Dopo il fronteggiamento tra i due presidi, il meeting internazionale (con comizi, concerti e birra a volontà) si svolge regolarmente a Granarolo, mentre i “compagni” sfogano la rabbia devastando l’arredo urbano in centro. Nel novembre 2000 il boicottaggio di un convegno della Trilateral scatena scontri durissimi con i centri sociali milanesi decisi a difendere il monopolio del mercato politico anti-globalizzazione. Tra gli episodi più clamorosi, nel 2001, vanno segnalati il 10 febbraio a Verona [1], il 25 aprile a Milano [2], il 30 giugno a Genova [3] (l’anniversario della rivolta antifascista del 1960), il 18 novembre a Roma [4]. Sfide rinnovate, nei mesi successivi, a Torino [5] (il 22 febbraio 2002, un appuntamento no global, la “giornata del disobbediente”) e a Trieste [6] (per il vertice italo-tedesco del 7 marzo 2002).
Regolarmente scattano i divieti per motivi di ordine pubblico e un buon ritorno pubblicitario gratuito, perché Forza Nuova si accredita come il gruppo che risolleva le bandiere lasciate cadere da Alleanza nazionale. Altrettanto evidente è il debito con la tradizione di Terza posizione, che costruì le sue fortune con l’ostinata battaglia per la riconquista degli spazi. Così, alla sistematica pressione no global per impedire l’apertura delle sedi si contrappone una campagna per chiudere i Centri sociali, rinominati beceramente “cessi sociali”. In qualche caso i sindaci di centrodestra impongono lo sgombero, tra il tripudio forzanovista.
Il primo processo per reati associativi finisce bene: nel novembre 2001, dopo quattro anni di inchiesta, bastano trentotto minuti di camera di consiglio per mandare assolti Caratossidis [7] e altri tre patavini accusati di violazione della legge Mancino. Un’altra inchiesta è incardinata a Verona, contro tre militanti e un consigliere circoscrizionale di an, mandato dal gip agli arresti domiciliari. L’aspetto originale è che «l’istigazione all’odio e alla discriminazione razziale» è contestata perché la parte offesa, skin antirazzisti, pur appartenendo allo stesso gruppo etnico, esprime idee di uguaglianza e tolleranza. Un’indagine per alcuni circoscritti episodi di violenza politica si trasforma in un “processo alle idee”. Un procedimento per ricostruzione del partito fascista è aperto anche a Castrovillari, con l’emissione di ventiquattro informazioni di garanzia. Grandissimo clamore suscita la rissa in diretta tv con l’islamista radicale Adel Smith nel gennaio 2003, in uno studio a Verona, che provoca l’arresto, in due ondate, di ventuno militanti, scarcerati in pochi giorni, perché cade l’aggravante della discriminazione religiosa. Fiore banalizza: una «vivace contestazione» è degenerata in qualche cazzotto «non per nostra responsabilità». La colpa, così, ricade sul braccio destro di Smith, Massimo Zucchi [8] che aveva sollevato uno sgabello per difendersi da un gruppo dieci volte superiore per numero.
Il leader di FN non solo rivendica l’azione contro Adel Smith, ma rilancia la battaglia in difesa di civiltà e religione cristiane con la costituzione di comitati civici sostenuti da parlamentari, docenti ed esponenti della società civile.
La dedizione e lo spirito di sacrificio con cui i militanti affrontano la repressione è un costo apprezzabile, ma ben accetto per gli evidenti ritorni in termini sia di rilancio esterno sia di tenuta interna. Nella stessa direzione vanno le proteste organizzate contro la proposta di Fini di concedere il voto amministrativo agli immigrati. L’attacco politico al partito “badogliano” si accompagna a un’iniziativa sociale, contro la presenza degli extracomunitari [9].
Fiore, ben temprato dalle drammatiche vicende degli anni ’70, è determinato nella difesa dei seguaci. Anche quando la solidarietà sembra difficile da giustificare (ma è lungimirante: l’inchiesta si sgonfierà, come tante altre, nel silenzio). è il caso di Salvatore Lezzi [10], leader storico dei senza lavoro napoletani e segretario provinciale di Forza Nuova, arrestato nel maggio 2003 insieme al boss della camorra “Peppe” Misso. Sono accusati con altri due disoccupati di estorsione: un giro di mazzette per l’inserimento nelle cooperative impegnate nella raccolta differenziata dei rifiuti. Un affare da 425 “posti”, capace di scatenare grandi appetiti (non solo economici) in una città come Napoli. Lezzi, 42 anni, è il classico capopopolo napoletano: fisico robusto, collo taurino, una vita trascorsa in strada, ad animare numerose “liste”.
Le sigle di “destra” hanno forti intrecci con quelle degli ex detenuti: è stato proprio Misso, a metà degli anni ’70, a dar vita al primo movimento di disoccupati di area neofascista [11]. La lettura dei giornali che ne ricostruiscono dettagliatamente la carriera [12] non dissuadono Fiore dal «sostenere la completa innocenza di Lezzi, vittima di un castello di menzogne che non trova nessun riscontro nella realtà dei fatti. Sono migliaia, infatti, i napoletani che hanno trovato lavoro tramite Lezzi e le sue liste, senza aver mai pagato nulla. […] È in atto un tentativo di smantellare l’unica organizzazione sociale che in Italia sfugge al controllo dei partiti tradizionali e dei sindacati».

Dall’inverno 2003-2004 la vicenda politica di Forza nuova si intreccia con la nascita del cartello elettorale di Alternativa sociale, costruito intorno alla figura di Alessandra Mussolini, carismatica ma anche discussa nell’ambiente per le sue posizioni radicaleggianti su aborto e coppie di fatto.a_muss.jpg Il gruppo sarà comunque il più leale alleato della vulcanica nipote del Duce e quello che sembra aver assorbito meglio le consecutive batoste elettorali alle Regionali e alle Politiche con nessun eletto, potendo contare su una robusta base che si riconosce fideisticamente nell’organizzazione e nella leadership e perciò continua a mantenere una sua vivace impronta militante [13]. Quando, nel 2006, alla stretta finale dell’accordo con la Casa delle libertà, il diktat berlusconiano impone l’esclusione dell’“impresentabile” Fiore, cade qualche pezzo, come alcune sezioni dell’hinterland romano, ma il grosso si stringe intorno a un candidato di bandiera forte, il coordinatore nazionale Caratossidis, che incarna al meglio l’anima attivistica e lancia il suo “contratto” con camerati e ultrà. La scelta di inserire in lista anche vecchie cariatidi e personaggi dello spettacolo in disgrazia si rivela perdente. La provvisoria rottura con la Mussolini si consuma alle elezioni amministrative di maggio 2006: il risultato di Roma (dove FN si presenta insieme al Fronte nazionale) conferma che nelle urne conta di più un cognome forte solo di una buona visibilità mediatica e di grande capacità evocatrice che l’impegno e la determinazione di un gruppo militante. Con la ripresa della routine politica continuano gli episodi di “piccola violenza”: ma da Milano a Palermo i neoforzisti arrestati si difendono affermando di essere stati vittime di aggressione. E con il controverso riavvicinamento della Fiamma al centrodestra, Forza nuova, ormai affrancata dall’ingombrante immagine della Nipote (che alterna appelli all’unità del centrodestra e un sempre più intenso ritorno alla giovanile attività artistica) può rivendicare il primato dell’intransigenza in una fase in cui il controllo dell’“ambiente” appare l’unico obiettivo realistico dell’agenda politica. Salvo poi, appena si riapre una finestra di opportunità (l’annunciata scissione di AN funzionale al disegno di Fini di confluire nel partito unico del centrodestra) ridare vita a un cartello unitario (con Alessandra, il vecchio Rauti e i Volontari nazionali di Alberto Rossi) che dietro l’impegnativo nome di Patto d’azione per l’Italia vela l’ambizione di candidarsi come forza principale di quella che un tempo fu la destra extraparlamentare, e poi detta radicale, ma che certamente non è più nuova.

NOTE

[1] La questura vieta una manifestazione nazionale e fn abbozza.
[2] Per l’analoga manifestazione di Lucca (con presentazione di un libro su Pavolini) scattano 9 denunce per i militanti dei centri sociali.
[3] Il puntuale annuncio dei portuali, che minacciano uno sciopero generale contro la “provocazione fascista”, innesca il divieto di manifestare accettato a malincuore da fn.
[4] La manifestazione nazionale per l’Europa «una, grande e armata» si trasforma in un concerto in piazza, con leggeri tafferugli al termine, quando i militanti defluiscono verso piazza Venezia. Fiore per euforizzare le truppe, già abbondantemente “bevute” (i gestori di locali pubblici apprezzano l’alta propensione al consumo alcolico e la regolarità dei pagamenti) dà i numeri: «Siamo oltre il 2% e siamo migliaia in tutta Italia». La tecnica da manuale di marketing di enfatizzare le aspettative e i numeri sembra ispirato agli schemi berlusconiani. Per le “regionali” lucane del 2000 il Bollettino di fn dà la lista civica Farfalla-Nuovo progetto, promossa con un imprenditore radiofonico, in crescita dal 3 al 4%. A stento raggiungerà l’1%.
[5] Il proprietario dell’hotel ritira la disponibilità della sala dopo che una quindicina di “disobbedienti” del Centro sociale Gabrio hanno invaso l’albergo liberando un chilo di vermi.
[6] Il leader friuliano Fabio Bellani si lamenta: sono già venticinque le iniziative pubbliche vietate a Trieste.
[7] Nel marzo 2002 è condannato a 8 mesi per «violenza e minacce a un corpo amministrativo» per la contestazione in consiglio comunale due anni prima, in seguito agli incidenti tra autonomi e polizia in cui aveva perso la vita un pensionato.
[8] Massimo Zucchi, arrestato e poi prosciolto in un’inchiesta minore sulle Brigate rosse, romane diventa musulmano in carcere grazie al proselitismo di un compagno di cella neofascista. Per un periodo è responsabile dei Murabitun, un’organizzazione europea di convertiti in cui ha avuto un ruolo di rilievo Claudio Mutti.
[9] Numerosi gli episodi di tensione e le conseguenze giudiziarie in una campagna promossa, con scarso esito, per reclutare i superstiti militanti “duri e puri” di an. Il 13 ottobre un gruppo di skin, in prevalenza veneti, contesta il concerto della Compagnia dell’Anello organizzato dalla Destra sociale a Città di Castello. Il consigliere regionale umbro Andrea Lignani Marchesani è malmenato. Il 16 ottobre il coordinatore nazionale di an, La Russa, spalleggiato da altri deputati, deve fronteggiare una trentina di dimostranti, tra cui alcuni disoccupati napoletani, davanti alla sede di via della Scrofa, nel centro di Roma. Se la cava con qualche spintone. Tra i ventisei denunciati Fiore e Bianco. A Bra (cn) sono trentaquattro gli indagati per manifestazione non autorizzata (il 9 novembre 2003) dopo la contestazione al comizio di an per la caduta del muro di Berlino. Sul fronte anti-immigrati, a Ponte di Piave militanti di Forza nuova e skin si scontrano con i no global sull’esecuzione dello sfratto a una famiglia di immigrati algerini, occupanti abusivi di un alloggio, con volantinaggi e picchetti contrapposti. Ad Arzignano (vc) i forzanovisti organizzano ronde notturne contro la microcriminalità extracomunitaria nei weekend.
[10] Già nel maggio 1999, in occasione dell’omicidio D’Antona da parte delle Brigate rosse, Fiore aveva replicato con inusitata durezza a un’avventata dichiarazione di un parlamentare di AN: «poche ore dopo l’omicidio, il senatore Michele Florino, giá distintosi per avere auspicato la galera per Lezzi e Bonocore (i due leader dei disoccupati entrati a Forza Nuova) alcuni giorni fa ha dichiarato, tramite un comunicato ansa, quanto segue: «i possibili responsabili dell’omicidio vanno ricercati nell’ area dei gruppi che organizzano i disoccupati napoletani». La velenosissima accusa nei confronti di Forza nuova e disoccupati è caduta pochi minuti dopo quando le BR hanno annunciato con un documento attendibile la propria responsabilitá. Capiamo che, di fronte alle imminenti elezioni amministrative ed europee che si avvicinano pericolosamente tra sondaggi che penalizzano an a favore di Forza nuova, iscritti ed eletti in provincia e circoscrizioni che lasciano il partito di Fini per aderire al nostro Movimento, centinaia di disoccupati che ci sostengono, Florino e colleghi non vedano certo un futuro roseo. Ma a tutto c’è un limite. È perlomeno vergognoso che si tenti di speculare cinicamente su un omicidio appena compiuto per gettare discredito su un avversario politico. Il senatore Florino ha dimostrato di non avere alcun rispetto per la vittima degli assassini rossi, e di non conoscere nemmeno lontanamente i termini lealtà e onore».
[11] Il quartiere di Misso, la Sanità, ospita la sezione missina più “dura” di Napoli, la “Berta”, chiusa dopo che una ragazza è uccisa con il lancio di una molotov durante i festeggiamenti per la vittoria elettorale del PCI nel giugno 1975. L’accusa di aver fornito a Pippo Calò l’esplosivo per la strage di Natale gli segnerà l’esistenza. Perché il giorno dell’assoluzione in appello (a Firenze) i killer del clan rivale aspettano al varco i suoi attendenti (il “ministro delle finanze” Galeota e il “comandante” Pirozzi), presso la barriera autostradale di Caserta, passaggio obbligato per rientrare a Napoli. Le raffiche di mitra uccidono il primo e la signora Misso, il secondo è ferito. Quando a fine pena esce dal carcere è il boss incontrastato della Sanità (e secondo gli investigatori referente di un più ampio cartello).
[12] Il nome di Lezzi emerge nel 1998: promuove il cartello Forza Lavoro Disponibile, insieme a Peppe Sollazzo. La sua popolarità è appetita dal centrodestra: sarà eletto due volte consigliere di quartiere a Montecalvario, la prima con Forza Italia, la seconda con Alleanza nazionale. Nel 1999 è arrestato con alcuni capipopolo e un consigliere circoscrizionale per blocco stradale, violenza, minaccia. Un rapporto di polizia sottolinea i legami con la camorra e riporta alla luce un episodio dimenticato: una gambizzazione subita alla fine degli ani ’80. Lezzi intanto rompe con Sollazzo e dà vita a nuove liste. Ha trovato il tempo di entrare in Forza Nuova, litigarci, ripassare in an per tornare nel movimento (uscirà ancora dopo le elezioni europee del 2004).
[13] Nel novembre 2003 la pressione dell’estrema sinistra impone l’annullamento di una fiaccolata anti-immigrati a Rimini, a dicembre sono contestati un convegno a Benevento e l’apertura della sede di Arezzo (tra i dirigenti forzanovisti spicca il nome di Luciano Franci, il ferroviere assolto dall’accusa di aver collocato la bomba che ha provocato la strage del treno Italicus). Nell’aprile 2004 scattano le manette per quattordici militanti baresi accusati di associazione a delinquere per tre pestaggi (undici le vittime, giovani comunisti e del Centro sociale Coppola rossa di Adelfia), un’incursione antiabortista in una clinica, minacce al professor Luciano Canfora e al portavoce del Gay Pride. Un poliziotto (un dirigente sindacale già sotto processo per abusi su un ambulante) deve invece rispondere di rivelazione di segreto di ufficio e di favoreggiamento personale. Per alcuni gli arresti dureranno quattro mesi. Tra le intercettazioni usate dalla Procura spicca un sms spedito dal leader del gruppo, Sergio Pizzi, dopo un pestaggio particolarmente brutale: «Gli ho aperto il cerrone a Belfast, stavolta se l’è cavata con venti punti, la prossima lo ammazzo». Per Fiore, che subisce una perquisizione domiciliare alle 5 di mattina, anche in questo caso si tratta di un “attacco politico” e non c’è motivo di trattenere in carcere giovani incensurati per episodi commessi un anno prima. Un imputato, Paolo Loconsole, patteggia una condanna a 18 mesi. Nel giugno 2005, dopo la disfatta elettorale alle “regionali” un divieto di manifestare a Centocelle, motivato per un assalto contro la roccaforte “antagonista” Forte Prenestino e reiterato alla seconda convocazione, è l’occasione per un corteo non autorizzato che vede Fiore in prima fila e che si conclude con durissimi scontri. Nel novembre 2005 invece, dopo un comizio “unitario” a Roma scatta una denuncia della Digos per istigazione all’odio razziale, etnico e religioso contro Fiore e il leader della destra leghista Mario Borghezio.