LE STRADE DELLA PAURA

di Danilo Arona

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[Segnaliamo che le ormai notissime Cronache di Bassavilla di Danilo Arona sono felicemente divenute un volume di 300 pagine, pubblicato dall’editore Dario Flaccovo di Palermo. Presto cercheremo di presentarlo più degnamente.]

Antonella Beccaria, senza il cui sostegno mai ci saremmo tanto addentrati nei misteri di Melissa (che, lo anticipo, non sono finiti) mi manda la seguente mail:

“Prima delle Cronache di Bassavilla, non mi ero soffermata sulla valenza delle autostrade, per me erano (e sono ancora) altri i luoghi che catalizzano qualcosa, come i boschi, che sono vivi e popolati anche quando non c’è nessun umano in vista.

Tornando alle autostrade, una notte di nebbia appena dopo un Natale di diversi anni fa, stavo percorrendo la Milano-Genova con destinazione il casello di Casei Gerola, Oltrepo pavese. Sarà stata l’una, grosso modo, ero da sola in macchina e non si vedeva nulla. A un certo punto ho guardato la sommità di uno dei primi cavalcavia dopo la barriera d’ingresso. Pensando che «se c’è qualche stronzo che lancia un sasso mentre passo, nemmeno vedo la sua sagoma». Il giorno dopo al telegiornale riportano la notizia della donna bresciana uccisa da un sasso sulla Piacenza-Torino dalle parti di Tortona più o meno un’ora dopo aver guardato quel cavalcavia. Rimbalzando di nuovo e finendo stavolta in un bosco dalle parti delle Dolomiti bellunesi (sono pavese per parte di papà e bellunese per mamma), un paio d’anni prima, più o meno a metà pomeriggio, me ne vado a fare un giro per una strada sterrata che si addentra nelle pinete. Stavolta non sono proprio da sola, con me c’è il mio cane, il grosso boxer molto placido ma piuttosto inquietante d’aspetto. Ogni tanto – com’è naturale che sia – sento rami che si spezzano, pietre che rotolano, fruscii forse determinati dal passaggio di qualche animale. Il cane è tranquillo e trotterella qualche metro più avanti. Dopo l’ennesimo rumore, osservo il bosco e penso che «per fortuna c’è Kaiser [il boxer, ma il nome non gliel’avevo dato io, ce l’aveva già quando l’ho preso], altrimenti se balzasse fuori qualcuno, mi spaccasse la testa con un sasso e mi violentasse, potrei urlare finché voglio che non mi sentirebbe nessuno».
Il giorno dopo il Gazzettino, cronaca di Belluno, riporta la notizia di un omicidio avvenuto esattamente come lo avevo immaginato io. L’assassino della donna non verrà mai trovato. L’ultima che ti racconto risale a diversi anni dopo. Vado all’università e intanto lavoro alla Provincia Pavese, redazione di Voghera, in cronaca. Sono apprendista e due volte al giorno faccio il giro di nera. Quel giorno, più o meno alle 18, ho finito di chiamare 118, carabinieri, polizia, pompieri e il resto dell’allegra compagnia e comunico agli altri che non ci sono novità. Mentre i colleghi iniziano i soliti scongiuri volti a rimandare al mattino dopo la drammatica dipartita di qualche futuro ospite delle nostre pagine (altrimenti si sarebbe dovuta rifare almeno una pagina intera e magari anche la prima), a me viene da pensare: «Ok, a Carlo [mio fratello minore, possessore di una sprintosa moto con cui nei week end si faceva lunghi giri] non è successo nulla altrimenti lo avrei saputo poco fa». Venti minuti dopo mi telefona mia sorella: il fratellino è caduto, ci è mancato poco che finisse in una scarpata insieme alla moto, ma è riuscito a saltare via prima, appena prima di toccare terra. Se l’è cavata con qualche estesa ma leggera ustione da sfregamento, ma niente di grave. In trentatré anni, queste sono state le uniche volte in cui è capitato qualcosa di strano. Tanto che ho pensato di essere io a portare una certa dose di sfiga e che era il caso di smettere di immaginare o scongiurare disgrazie. Non ha molto senso raccontarti questi fatti, se non fartene una sorta di bislacco dono nel caso volessi usarli in qualche modo nelle tue Cronache.”

Come Antonella può constatare, non butto via proprio nulla. Ma il dono è tutt’altro che bislacco. Il suo approccio è quello dell’inconscio creatore nell’oceano pensante di Solaris, del dottor Morbius ne Il pianeta proibito e dei vecchi del Circolo del Venerdì. In Asia, dalle parti del Tibet, li chiamerebbero Tulpa, fantasmi estroflessi dei viventi. Magari ottimi esempi di delirio letterario. Anzi, eliminiamo pure il “magari”, però la sincronicità junghiana è capace di notevoli incastri fra realtà e immaginazione. Il 20 marzo scorso, dopo avere visto per la prima volta la bella cover delle Cronache approntata da Dario Flaccovio, ricevo in casella, come tutti i giorni, la newsletter di Radio Gold Valenza e la seconda notizia che leggo è la seguente (la scarico così com’è, affinché non si pensi al solito, simpatico delirio letterario):

Ragazza sulla provinciale Novi-Pasturana: è mistero
E’ mistero su quanto accaduto nella notte tra venerdì e sabato lungo la provinciale Novi-Pasturana, nel tratto compreso tra il quartiere G3 e la zona residenziale Novi2. Un automobilista, mentre rincasava verso le 3, si è trovato in mezzo alla strada una giovane tra i 20 e 25 anni. Ha fermato l’auto e si è offerto di aiutarla, ma la giovane in evidente stato confusionale si è messa a urlare ed è fuggita per i campi. L’automobilista ha subito avvertito i carabinieri e i vigili del fuoco che hanno avviato le ricerche ma per ora non si è fatta chiarezza sull’accaduto. Della misteriosa donna sembra non esserci traccia. L’automobilista ha riferito che portava jeans, un giubbetto rosso e sembrava bagnata. Ed era scalza.

Non me lo invento. Sta in archivio. In ogni caso, a leggere la notizia, che mi tocca pensare? Ohibò, è Melissa, tal e quale l’ho descritta nel libro. Anzi, con un tocco in più, a essere pignoli. Io non ho mai asserito che fosse scalza. Però il particolare ci sta perché quell’altra Melissa, la Prigione che annegò nel fiume Tanaro nel 1925, potrebbe avere perduto in tutti questi anni le sue calzature… Delirio?
E chi lo nega? Però chi ha ricombinato in cronaca alcuni elementi della storia?
Un ottimo libro di alcuni anni, Oggetti da smarrire di Gabriele Romagnoli, proponeva una serie di brevi racconti, flash fulminanti sulle autostrade di notte, motel e autogrill, vite che s’incrociano fra le tenebre con effetti stupefacenti sui soggetti narrati e la realtà che li circonda. Erano quelli anche gli anni di un film che s’intitolava The Hitcher dove un autostoppista serial killer materializzava le paure estroflesse di un incauto e giovane viaggiatore sulle highways americane. Insomma, due esempi soltanto, ma che potrebbero essere molti di più, per dichiarare che il mondo — quello degli artisti, medianicamente sospeso tra due dimensioni — ci stava riflettendo su quella twilight zone dove le idee e le paure diventano solide realtà, identificandola nell’archetipo dell’autostrada notturna (e al proposito, mai esempio potrebbe essere più calzante di quel genialissimo telefilm della serie Ai confini della realtà, I serpenti della notte, diretto da Friedkin e tratto da un racconto di Robert McCammon, dove dei viandanti notturni si fermano a un autogrill per ritrovarsi assediati da un manipolo di spettrali vietcong che li attaccano con bombe e mitragliatori sul suolo di casa propria, come se la guerra in Vietnam non fosse mai finita, ma diventata invece “un affare dell’Altro Mondo”…).
Okay, ma qui la nostra pretesa sarebbe quella d’intrattenervi sulla Realtà. Che è un affare complicato perché ognuno di noi ha la sua. Come dimostra Antonella nella sua mail, esistono — forse — coloro che la creano inconsapevolmente, nutrendola di pensieri e di timori arcaici. Il discorso non è così folle. Una decina di anni fa partecipai in compagnia di Cesare Bermani (lui in diretta dal lago d’Orta e io da Bassavilla) alla bella trasmissione RAI La notte dei misteri. Il tema avrebbe dovuto essere quello delle leggende metropolitane in generale, là dove Bermani è maestro. Io buttai nello stagno la mia preferita, quella dell’autostoppista evanescente, ovviamente. Per colpa mia la trasmissione cambiò direzione: decine di persone telefonarono, alcune anche inviperite, raccontandoci delle loro incredibili esperienze con i fantasmi delle autostrade, chi spergiurando persino di averci copulato per dei mesi, chi dettagliando nomi e cognomi con la ferrea richiesta di non banalizzare la questione definendola “leggenda metropolitana”.
Allora Cosa è la Realtà?
Cosa è il suo Divenire? Il suo Prima e il suo Poi?
Allora non ci feci caso, né mi disse nulla il particolare. Un ragazzo di Genova riferì di una bionda vestita in quel modo là…. Ma era il ’96 e Melissa, in quanto Fantasma della Mente, doveva ancora nascere perchè qualcuno l’avrebbe investita soltanto tre anni dopo, la notte del 29 dicembre.
Vi invito a visitare il blog di Antonella.
Anche lei, come noi, ci sta provando a uscire dalla Matrice…