di Antonio Nucci
[Qui tutte le puntate del romanzo on line PLAYMAKER]

Il playmaker

1.
playmaker7.jpg“Spero che questa volta sarà un po’ più esauriente delle precedenti” disse in tono cortese Walter.
“Su questo non dubiti. Anche a me piacerebbe trovare la soluzione dell’enigma. Non credo però di saperne molto più di lei.”
“Cominciamo con quello che lei sa e che io non so.”
“La volta scorsa avevamo parlato della persona scomparsa nell’estate del ’78, ricorda?”
“Sì, e ho l’impressione che sia un particolare importante.”
“E’ un’impressione giusta, non fosse altro per il fatto che fu dopo quella sparizione che i fenomeni strani cessarono.”
“Ah, questa è una strana coincidenza.”
“Indubbiamente. Forse cercando di risalire al tipo di persona potremmo riuscire a capire se c’è un nesso con quello che accadde. E con quello che sta accadendo ora.”
“Beh, a questo punto non le resta che dirmi di chi si tratta.”

Soldani si alzò dalla poltrona e da uno scaffale della libreria prese un grosso album fotografico. Walter lo fissava più che mai incuriosito.
Mostrò a Walter le foto di un tizio in tenuta da giocatore di basket in una azione di gioco e in foto di gruppo con i compagni di squadra: la Robur di Groppiano, campionato di serie B, 1977/78.
“Ha mai seguito il basket signor Ghetti?”
“Quasi per niente a dire il vero. A malapena sono informato sul calcio.”
“Allora non può conoscere colui che era la punta di diamante del basket locale: Guido Tirelli detto il falco per il suo modo di intercettare il pallone in volo a mo’ di artiglio. Un giocatore davvero fenomenale, l’anima di quella squadra. Era un piacere vederlo in azione: un vero leader, con lui la squadra volava. Era la personificazione del suo ruolo: il playmaker, l’ispiratore della manovra, la mente della squadra. Aveva una visione del gioco a 360 gradi. Spesso lanciava i compagni senza nemmeno guardarli come se conoscesse già la loro posizione in mezzo al campo. Quell’annata fu eccezionale: i gialloneri sfiorarono la promozione in A2 perdendo solo nei play-off e ciò fu dovuto ad un suo infortunio in allenamento due settimane prima.”
Walter guardò la foto in primo piano. Non gli diceva nulla di particolare non fosse altro che per quel sorriso che non aveva nulla di gentile.
“E’ questa è la persona che scomparve?”
“Esatto. Lo ebbi come allievo per un paio di anni, tra l’altro. Un ragazzo molto, molto sveglio: un mio collega mi disse che durante le interrogazioni gli capitava di sentirsi lui al posto dell’allievo e di guardare il Tirelli come se fosse l’insegnante. Aveva uno sguardo ipnotico, a volte inquietante. Come le ho detto nello spogliatoio era più che rispettato, quasi temuto, e pare che lo stesso allenatore si guardasse bene dal contraddirlo nonostante non avesse mai avuto litigi o tensioni con alcuno. Del resto nessuno dei suoi compagni avrebbe mai osato mettersi contro di lui.”
“Insomma, una personalità molto forte. Se lo immaginerebbe come potenziale assassino?” chiese Walter.
“Questo non lo potrei dire. Però un particolare in quel senso lo ricordo: una volta ero con la sua classe nel cortile della scuola e alcuni allievi erano incuriositi alla vista di un gatto che aveva appena catturato un topo di medie dimensioni. Il felino aveva squarciato a morsi il ventre della bestiola che, sebbene morente, dava ancora segni di vita zampettando penosamente. Fui colpito dallo sguardo del Tirelli: sembrava provare un gusto morbosamente sadico a quella vista. Il suo sguardo era impressionante: gli occhi erano spalancati ed il sogghigno sulle labbra lasciava intendere che traesse piacere da quella scena che alla maggior parte dei compagni disgustava al di là della curiosità suscitata.”
“Beh, questo prova solo che non fosse proprio un animalista. Lei ha detto che scomparve all’improvviso. Cosa può dirmi di più preciso?”
“Non molto. Si sa solo che una mattina un vicino notò la porta della sua casa semiaperta e dopo aver bussato senza ottenere risposta vi entrò. Non c’era nessuno e tutto era intatto, come in un giorno qualunque. Scomparve così, all’improvviso e senza lasciare traccia. Qualcuno affermò di averlo visto quella mattina avviarsi verso il bosco dietro al monte. Furono effettuate ricerche ma nessuno riuscì a trovarlo; nessun indizio nemmeno in casa sua. Sparì e basta. Proprio quando cominciavano ad esserci voci di richieste presso grossi club di A1: si parlava di Varese e Milano.”
“E da allora nessuno lo ha più visto?”
“Nessuno. Tre giorni dopo, un incendio devastò il Monte Cappuccio.”
“Lo ricordo, un incendio doloso. E il piromane non fu mai individuato.”
“Esatto.”
Walter guardò l’orologio che segnava le undici meno un quarto.
“Mi scusi, chiamo la mia amica per dirle che tardo.”
Fece qualche tentativo ma non riuscì a prendere la linea e non conoscendo il numero dell’abitazione di Eva, la sorella, decise di riprovare in seguito.
“E la sua casa? Cosa successe quando si capì che non sarebbe più tornato?”
“La casa era di proprietà del padre. Qualche anno dopo andò a viverci il fratello, Ennio, che all’epoca della scomparsa era ancora minorenne. Abita ancora là. I genitori invece sono morti entrambi. E questo è tutto quello che so.”
“Che tipo è il fratello, lo conosce?”
“Certo, gliel’ho detto, qui conosco tutti. Un tipo schivo, solitario. Non è certo la persona che fa parlare di se. E’ scapolo e non ha praticamente amici anche se va d’accordo con tutti in paese.”
“Le capita mai di parlargli?”
“L’ultima volta è stato un po’ di tempo fa. Mi chiese qualche consiglio su come coltivare in maniera corretta un vitigno. Saranno passati due anni.”
“Comunque non è detto che la pista giusta sia questa, anzi, non è nemmeno detto che l’assassino sia uno solo. Voglio dire: anch’io sono convinto che si tratti di un unico disegno ma potrebbe essere messo in pratica con la complicità di più persone.”
“Sì, potrebbe, ma si ricordi che questo paese è molto piccolo. Essere complici significa mantenere contatti e quindi creare movimento di persone e qui ogni spostamento è sulla bocca di tutti in men che non si dica.”
“Lei comunque è convinto che i suicidi e gli incidenti siano in realtà anch’essi omicidi, cioè delitti camuffati abilmente da disgrazie?”
“Credo proprio di sì e le spiego il perché. C’è una costante, per lo meno in alcuni di questi casi: le paure ancestrali delle persone in questione. Lo sa che la prima vittima, quella ragazza, aveva il terrore dei coltelli? E non trova stranamente casuale che l’anziana signora fosse stata violentata e uccisa con gli stessi oggetti di culto che adorava ma che al tempo stesso temeva? E lo shock anafilattico che ha ucciso il taxista? Con gli scorpioni e molto più raro subirne uno che con le vespe. E’ come se qualcuno sfruttasse le paure delle vittime. Le dirò che ultimamente anch’io ho provato paura in alcune circostanze e una sera in casa da solo ho visto o almeno credo di avere visto un’ombra con sembianze umane alle mie spalle, e si muoveva. Non mi importa se con questa dichiarazione diventerò a lei meno convincente o se le sembrerò un po’ instabile ma a volte sento una presenza nelle vicinanze.”
“Sta parlando di una specie di fantasma?” Non era una domanda ma una constatazione.
Soldani sorrise mestamente senza rispondere.
“Mi dica una cosa” continuò Walter “ammettendo che abbia ragione, perché, secondo lei, alcune persone vengono uccise e altre provano solo paura, perché l’assassino non uccide anche quelle?”
“E’ una buona domanda. Forse le piccole paure e via via il terrore sono solo stadi consequenziali prima dell’atto finale; qualcuno resiste di più e qualcun’altro cede prima. Forse le persone uccise avevano tutte vissuto una specie di escalation prima di crollare. Anche lei del resto ha provato qualcosa di simile qualche notte fa.”
“Non lo so, potrebbe essere, ma se è così che razza di potere ha questo assassino? Cos’è, un extraterrestre, un diavolo o che cosa? Mi scusi ma pensandoci bene è un po’ difficile da credere.”
“Certo, è difficile ma se lei fosse stato con me in certe isole delle Antille, dove il vudù è radicato nella gente, avrebbe visto cose in grado di far vacillare lo scetticismo di chiunque. Una volta un mio collega inglese conosciuto ad Haiti, come me in giro per il mondo a scopo di ricerche, volle bere la pozione di un mago locale. Io lo vidi dormire ininterrottamente per quasi quattordici ore tenendolo strettamente sotto sorveglianza. Nella tenda c’eravamo solo noi due. Al risveglio mi raccontò di aver fatto un viaggio nel tempo e di aver conosciuto gli abitanti di un popolo che dominava la Terra molte migliaia d’anni fa. Fin qui nulla di strano visto che si trovava sotto l’effetto di allucinogeni. La cosa singolare fu che quando si svegliò stringeva nella mano destra una pietra levigata di colore rosaceo. Asseriva fosse il dono di un capo tribù di quel popolo. Per pura curiosità sottoponemmo quella pietra alla prova del Carbonio 14, immagino sappia di cosa si tratta, e ci crederebbe? Risultò vecchia di quasi novemila anni! E’ ancora conservata al British Museum di Londra.”
“Beh, che certe cose succedano in posti esotici l’ho sentito spesso ma in quei luoghi immagino si respiri un’atmosfera particolare. Nella fredda e distaccata Europa non mi pare ne accadano mai.”
“E qui si sbaglia, ne accadono. Sono semplicemente rapportate a questa realtà. Le racconto un’altra storia allora: tempo fa il fratello di un mio conoscente prese in affitto un appartamento in una città dell’Emilia, non ricordo quale; Nel risistemare la cantina trovò nell’intercapedine della porta di acciaio una busta contenente alcuni fogli manoscritti. L’autore era il precedente affittuario. Nel manoscritto raccontava il perché della sua dipartita. Pare che un giorno si fosse perso in un labirinto di stradine di campagna a causa della fitta nebbia. Fermatosi nell’impossibilità di proseguire per la visibilità pressoché nulla avrebbe poi perso i sensi risvegliandosi in un’altra zona a qualche chilometro di distanza alcune ore più tardi senza peraltro ricordare nulla di quel lasso di tempo. Scoprì in seguito che altre persone erano scomparse nella zona in maniera misteriosa senza fare ritorno. Indagando in compagnia di uno scienziato tornò da quelle parti. In una casa diroccata la persona da lui interpellata scomparve nel nulla a pochi metri da lui. In seguito sentendosi perseguitato da forze misteriose decise di trasferirsi altrove. Nessuno seppe più niente di lui. Pare comunque che avesse lasciato l’Italia.”
Walter ascoltava in silenzio. Soldani incoraggiato da quel silenzio proseguì.
“Certo, probabilmente si tratta di misteri spiegabili razionalmente. Ma proprio perché si tratta di misteri è bene non tralasciare nessuna possibilità, nemmeno la più fantasiosa. A volte ci si ferma a guardare ciò che è possibile tralasciando di considerare ciò che è impossibile, almeno all’apparenza, precludendosi altre strade che potrebbero portare alla soluzione. Per questo le dicevo che bisogna essere mentalmente molto elastici in casi come questo.”
“Il concetto mi sta bene ma bisogna comunque sciogliere alcuni nodi in maniera razionale. Per esempio: tutti hanno un movente, perché questa persona uccide?”
“Forse per puro sadismo. Anche questo è un movente. In tutti noi c’è un po’ di sadismo, in alcuni più di altri; nella maggior parte dei casi il tutto si ferma entro limiti accettabili ma per alcune persone esso fa parte del modo di vivere: è un bisogno. Sono nato e vissuto a S.Clara ma ho girato parecchio il mondo. Ho fatto anche il cronista e ho visto cose che avrebbero colpito la sensibilità di chiunque abbia dentro di sé un minimo di umanità: gente capace di uccidere per futili motivi, senza particolari rancori o addirittura gratuitamente e in molti casi senza accontentarsi di uccidere ma trucidando per il gusto di farlo. Mi creda: ci sono persone che hanno il male addosso e che godono del tormento altrui.”
Aveva già provato a richiamare Kris senza successo. Riprovò ancora. Niente, linea interrotta. D’un tratto ebbe un’illuminazione: e se per caso Soldani ci avesse azzeccato? Se questo omicida o qualunque cosa fosse avesse portato Kris all’ultimo stadio allora lei poteva essere veramente in pericolo. L’istinto prevalse sulla ragione e qualcosa si mosse in lui da capo a piedi.
“Mi scusi se interrompo la conversazione ma sono molto preoccupato per la mia amica. Penserò a quello che mi ha detto con attenzione e senza scetticismi. Ora però devo proprio andare, è quasi mezzanotte e non riesco a rintracciarla.”
“Certo, certo, vada pure. Anzi, le stia vicino; se sta come mi ha detto e bene che si prenda cura di lei. Avremo occasione di riparlarne presto, immagino. Arrivederci.”
Evidentemente si ciba della paura altrui e diventa man mano più forte ed è per questo che sta espandendo il suo raggio d’azione pensava Walter mentre imboccava la strada verso il centro. Ma no, no, come poteva essere che una persona riuscisse ad arrivare a terrorizzare un’intero paese senza essere mai almeno avvistata se non scoperta? E che razza di doti poteva avere per farlo? Era meglio non pensare troppo ai discorsi di Soldani. A Walter l’anziano insegnante sembrava comunque molto convinto delle sue deduzioni.
Aveva percorso appena un chilometro o poco più quando notò la sirena luminosa dell’ambulanza in mezzo alla strada e subito pensò al peggio. Cercò di immaginare qualche particolare che potesse far pensare che non fosse l’auto di Kris quella col muso accartocciato sul muretto a lato della strada ma non ne trovò alcuno e alla vista della targa ebbe la certezza.
Scese senza chiudere lo sportello mentre gli infermieri risalivano sul mezzo.
“Hey, un attimo, c’era una ragazza alla guida? Come sta?”
“Sì, una ragazza bionda, era sola. Mi dispiace, purtroppo non possiamo far niente” sentenziò quello alla guida, poi attese un paio di secondi. “Abbiamo fatto gli accertamenti. Quando siamo arrivati era già priva di vita. Ora andiamo all’obitorio, ci scusi.”
Rimase qualche istante a guardare l’ambulanza che si allontanava sentendosi come in un sogno interrotto dalla voce del carabiniere che si rivolgeva a lui.
“Mi scusi, conosceva la vittima?”
“Sì, è (avrebbe dovuto dire era) un’amica. Come…è stato?” fu ciò che riuscì a chiedere.
“Non lo sappiamo con certezza ma l’auto ha sbandato all’improvviso come ci stava dicendo questa signora che ha assistito alla scena.”
“Sì, ero alla finestra” disse la donna sentendo e girandosi verso di loro “stavo stendendo i panni prima di andare a letto e ho visto questa macchina che andava piuttosto forte e poi, arrivata qui, ha sterzato all’improvviso come per evitare qualcosa, forse un gatto. Ho chiamato l’ambulanza e poi con mio marito siamo venuti a vedere. C’era tanto sangue…”
Preferì non continuare per non pensare alla scena.
Non era un gatto diceva la mente di Walter nella sua irrazionalità.
Cercò di scacciare un’immagine indefinibile dalla sua mente e si sforzò di rimanere calmo e riflessivo ma il terreno sembrava scottargli sotto i piedi.
“Conosce un parente? Sa, per avvertire al più presto la famiglia, e anche per l’identificazione” prosegui il carabiniere.
“So dove abita la sorella. Vi accompagno se occorre.”
“Sarebbe molto utile. La vedo un po’ scosso. Se la sente di guidare?”
“Sì, credo di sì.”
Li guidò verso il centro cittadino come inebetito ripetendo, mentre guidava, frasi sconnesse ad alta voce e fissando allo specchietto la sirena dei carabinieri come unico barlume di realtà. Solo ora aveva capito che il suo era stato un presentimento giunto però troppo tardi.
Eva reagì alla notizia nel modo peggiore: incolpando se stessa per averla lasciata sola seppure per poco tempo. Doveva solo andare a prendere i bambini dalla nonna a cinque minuti di cammino da casa ma evidentemente in quel breve lasso di tempo qualcosa era precipitato e Kris aveva deciso improvvisamente di raggiungere Walter da Soldani, probabilmente dopo aver cercato inutilmente di comunicare con lui, lasciando alla sorella un’affrettato biglietto: Ci sentiamo più tardi. Kris. Passarono parte della notte alla camera mortuaria e dai genitori di Eva. Walter cercò per quanto possibile di mitigare i sensi di colpa di quest’ultima ripetendole che una cosa del genere sarebbe potuta succedere in qualsiasi momento. Fu lui poco prima dell’alba a riaccompagnarla a casa.
“Non è una disgrazia Walter, no, lo sai anche tu. Qualcuno la stava perseguitando. Può anche darsi che sia stato un incidente ma qualcuno l’ha portata a questo.”
Lui scosse la testa senza sapere cosa rispondere.
Gli offrì di restare sul divano vedendolo molto provato e quando Eva riuscì ad andare a letto, finalmente pianse. Povera Kris. Le voleva bene. Si conoscevano solo da due mesi ma il loro rapporto era sincero come pochi. E anche lui, in fondo, si sentiva un po’ colpevole per non aver capito prima la gravità della situazione. D’improvviso i suoi nervi crollarono e gli occhi si chiusero.

2.

Quando si erano salutati la sera prima non immaginavano certo che si sarebbero rivisti così presto. Era circa mezzogiorno quando arrivò a casa di Soldani. Si era alzato un’ora prima da quel divano con il mal di testa e un senso di nausea poi aveva telefonato a Fabio per spiegargli la situazione avvertendolo che sarebbe rimasto lì fino al termine del weekend. Aveva lasciato qualche ricambio la settimana prima per ogni eventualità. L’uomo era in casa in compagnia della domestica e di una giovane studentessa.
“L’ho saputo da un vicino, immagino come si senta. Le chiedo solo di attendere una decina di minuti mentre termino la lezione. Vada nello studio e si prenda qualcosa da bere; faccia come se fosse a casa sua. Tra poco arrivo.”
Si versò un Macallan nonostante la giornata piuttosto calda non lo consigliasse e rimase per tutto il tempo a fissare il cielo fuori dalla finestra senza riuscire a indirizzare i suoi pensieri in una direzione precisa.
“Deve ancora mangiare suppongo. La signora Laura sta facendo delle polpette e ho dell’ottimo rosso in cantina.”
“Pensa che anche questo non sia un incidente?”
“E’ abbastanza possibile, quanti ne sono già capitati? Troppi perché si possa parlare di casualità. Quello che è capitato ieri sera ha ben poche spiegazioni logiche.”
“Mi sento in colpa” disse Walter premendosi le tempie con i polpastrelli “forse potevo evitarlo.”
“Non si senta troppo in colpa: chi agisce in questo modo attende il momento giusto, ha visto cosa è successo a Don Mario.”
“Ma la testimone non ha visto nessuno in mezzo alla strada.”
“Ormai, signor Ghetti, dovrebbe aver capito che non abbiamo a che fare con un essere umano come lo intendiamo noi comunemente: insomma, capisco che sia difficile da credere ma questo soggetto ha poteri fuori dalla norma e che noi non immaginiamo nemmeno. Se non le piace l’idea di considerarlo un essere con capacità soprannaturali pensi allora ad un abilissimo illusionista, un mago del terrore.”
“Se quello che lei dice è vero, noi cosa possiamo fare?”
“Innanzitutto cercare di non cadere nelle sue trappole noi per primi e la avverto che non sarà per niente facile perché trovarsi ad esempio, come è successo a me, un’ombra umana alle spalle o alcuni oggetti spostati misteriosamente per una persona dalla mente razionale è qualcosa cui è impossibile reagire senza provare quantomeno disagio o timore se non vera paura. Non dobbiamo assolutamente dargli modo di minare il nostro equilibrio mentale cercando di non mostrargli sudditanza psicologica ma per farlo anche lei dovrà prima accettare il fatto che questo…essere, esista, per riuscire a pensare che quello che ci mostra è solo il prodotto della sua mente diabolica e che non accettando ciò come fatto reale è possibile ridurre la sua potenza, mi segue?”
“Sì, insomma, dobbiamo accettare la sua esistenza ma non i suoi illusionismi per non cadere in trappola.”
“Esattamente. Per combattere ciò che è irrazionale bisogna contrapporre la razionalità senza però disconoscerne il suo opposto.”
“Però qualcosa dobbiamo fare, non possiamo solo difenderci. Dobbiamo scoprire di chi si tratta.”
“Potrebbe essere molto pericoloso, lo sa?”
“E non lo è ugualmente così? Se questo soggetto ama uccidere per puro piacere non basta stargli alla larga, si può sempre essere presi di mira in qualsiasi momento.”
“Questo è vero, ma in che direzione possiamo cercare?”
“Nell’unica pista che abbiamo al momento. Il fratello dello scomparso.”
“Ennio? E cosa potremmo chiedergli? Se per caso suo fratello è ancora vivo e se è lui che va in giro ad ammazzare persone? Se fosse suo complice non ce lo direbbe di certo e finiremmo con lo scoprirci. In caso contrario ci riderebbe in faccia di gusto.”
“Potremmo andare a fargli visita con una scusa e cercare di capire se ne sa qualcosa.”
“Una scusa dice? Per esempio?”
“Mah, lei potrebbe presentarmi come un vecchio amico di suo fratello che ritornato dopo tanti anni, il che è vero, è venuto a sapere solo ora della sua scomparsa.”
“Sì, potremmo tentare. E’ capace di recitare?”
“Penso di sì. Basterà dire meno cose possibili in modo da non essere colti in fallo.”
“Bene, faremo un salto da lui più tardi. Lavora in fabbrica ed esce dopo le cinque, di solito.”

3.

Ennio Tirelli mise il volto fuori dalla porta e dopo aver salutato Soldani squadrò Walter da capo a piedi.
“Questo è il mio amico Walter Ghetti, figlio di compaesani tornato all’ovile. Ha saputo solo adesso di tuo fratello e ci è rimasto un po’ male. Non ci crede ancora e vorrebbe sentire da te come andarono le cose, sempre che non ti dispiaccia ricordare. Solo cinque minuti.”
Attese qualche istante poi aprì ulteriormente la porta per farli entrare mantenendo uno sguardo fra l’incredulo e il sospettoso. Walter cercò di rendere la cosa più naturale possibile raccontando della sua passione per il basket e di come Guido fosse un vero talento naturale. Disse che lo aveva conosciuto durante gli allenamenti della Robur in uno dei suoi soggiorni estivi e di averlo visto all’opera in alcune partite. Ennio lo ascoltava senza mostrare particolari segni di emozione.
“E’ un vero peccato che non abbia potuto continuare la sua carriera. Per me era una specie di mito” concluse Walter sperando di averlo convinto.
“Sì, era molto bravo” disse finalmente il padrone di casa “quello che le ha detto il signor Soldani è esatto, un giorno se n’è andato e non l’abbiamo più rivisto.” Disse questo in modo da dire non so niente di più.
Walter notò un vecchio quadretto con una foto del fratello scomparso. Sembrava essere stata scattata in un luogo esotico.
“Quella è una foto delle sue vacanze invernali qualche mese prima che scomparisse.”
“Ah, dove si trovava?” chiese Walter cercando di prendere tempo per guardarsi attorno.
Ennio pensò bene prima di rispondere.
“In Africa” disse senza approfondire.
La fortuna volle che in quel momento si sentisse un rumore proveniente dal retro.
“Scusate, è il cane che vuole entrare.”
Mentre il padrone di casa apriva la porta che dava sull’orto Walter si allungò per leggere bene la didascalia che aveva notato sul quadretto. Marzo 1978 — Antananarivo.
“Buono, buono, vai in camera, su” disse Ennio al grosso husky accarezzandolo.
Walter guardò Soldani come per dire possiamo anche andare.
“Beh, Ennio, non ti rubiamo altro tempo. Grazie per averci ricevuto” disse porgendogli la mano.
“Si figuri, ci mancherebbe.”
Poco dopo mentre Walter pensava all’impressione che gli aveva fatto quell’uomo così distaccato, almeno all’apparenza, Soldani gli chiese:
“Che ne pensa allora? Ha notato qualcosa di strano?”
“Niente, a parte il fatto che ha cercato di parlare il meno possibile come se non volesse sbottonarsi. Forse non gli ispiravo abbastanza fiducia.”
“Non credo, non è abituato a parlare molto neanche con chi conosce bene, è il suo carattere.”
“Lei sa dove si trova Antananarivo per caso?”
“Se non sbaglio è il nuovo nome di Tananarive, la capitale del Madagascar.”
“Era scritto su quella foto, il suo ultimo viaggio prima di sparire. Forse è semplicemente tornato laggiù perché ne aveva abbastanza di vivere qui. Magari è rimasto affascinato da quei luoghi.”
“Sì, può essere, ma perché non avvertire nessuno allora?”
“Si ricorda Viaggio in Africa con Alberto Sordi e Nino Manfredi? Forse voleva essere sicuro che nessuno lo andasse a riprendere” disse Walter con una punta di ironia.
“Mah, comunque sia non ne abbiamo ricavato nulla, pare.”
“Già, e purtroppo non abbiamo altre piste da battere. Beh, io torno a casa, così provo a rilassarmi un po’.”
“D’accordo, se trovo qualcosa di interessante su cui indagare la chiamo.”
In frigo c’erano solo un caspo di lattuga e un pezzo formaggio. Decise che gli sarebbero bastati, una cena leggera ogni tanto ci vuole. Mentre guardava alla finestra la solita colonna di fumo proveniente da dietro il monte si stagliava verso l’alto.
E se fosse questa una pista? E’ più di un mese che qualcuno continua ad accendere il fuoco laggiù.
“Effettivamente è una cosa piuttosto strana, l’avevo notata anch’io. Potremmo fare un salto domani sera, vengo a prenderla verso le otto, va bene?” disse Soldani all’altro capo del telefono.
“Bene. Se c’è qualcosa di strano laggiù lo scopriremo.”

4.

Quella notte ebbe un incubo. Camminava in un bosco senza avere il senso della posizione, sentiva solo di doverne uscire al più presto. Poi, d’un tratto, intravedeva una figura dinanzi a lui. Era Alba Righi con i paletti conficcati nel corpo ma senza che sgorgasse sangue e che, con un sorriso assente, gli diceva soltanto non è così terribile…non è così terribile. Poi una specie di tromba d’aria avvolgeva la donna e la faceva svanire. Fu a quel punto che Walter si svegliò sentendo l’ultima parte dell’urlo emesso dalla sua stessa gola. Da quel momento, le cinque del mattino, il suo sonno fu una specie di dormiveglia intramezzato da continui risvegli finché verso le nove decise di alzarsi. Dopo aver girato su giù per la casa senza far nulla di preciso pensò bene di fare un giro al mercato, così, per distrarsi. Mentre guardava senza troppo interesse le bancarelle Eva gli telefonò per comunicargli che il funerale di Kris si sarebbe svolto il lunedì successivo alle 16.00 nella Cappella dell’Ospedale di Groppiano.
“Non è obbligatorio che tu venga se hai dei problemi col lavoro.”
“Non riuscirei a lavorare neanche se mi sforzassi in un momento come questo.”
Giunto all’angolo opposto del mercato non poté fare a meno di guardare la chiesa la cui entrata era ancora sbarrata dai sigilli della Polizia. Mentre la osservava, qualcosa colpì la sua attenzione: uno strano simbolo era disegnato sul lato che dava verso il bosco. Era una specie di rombo schiacciato con le due estremità arricciate a mo’ di spirale, una verso l’alto, l’altra verso il basso. Largo quasi un metro, sembrava essere stato apposto abbastanza di recente. La sostanza giallo-verdastra simile al gesso rimase sul dito indice di Walter dopo che l’ebbe toccata. Faticò non poco a ripulirsene. Decise di deviare per la piazza e avviarsi verso casa. Pensava a Kris e all’assurdo incidente con cui se ne era andata.
Di nuovo quell’odore indefinibile.
Si bloccò di colpo deciso a scoprirne la provenienza. Si guardò attorno: la piazza era un via vai di persone di ogni genere ma la sua attenzione, per qualche arcano motivo, si era posata su di un tizio che pensava di aver già visto. Sì, era la stessa persona che aveva notato quella volta che gli era parso di essere osservato. L’unico particolare diverso era la camicia di colore azzurrino. L’uomo voltò per una delle tante viuzze che a raggiera partivano dalla piazza. Walter decise di seguirlo, era curioso di vederlo in volto. Affrettò il passo in modo da non perderlo di vista. Adesso, in quella via semideserta, l’odore era più forte, più netto. Quando l’uomo fu giunto all’angolo della strada Walter ebbe l’impressione che questi stesse per voltarsi, fece quindi finta di fermarsi ad un portone. Con la coda dell’occhio lo vide voltare a destra. Quasi correndo arrivò anch’egli all’angolo della strada e sbirciò: nessuno. L’uomo si era come volatilizzato. Se fosse entrato in una casa si sarebbe dovuto almeno sentire il rumore di una porta che si chiudeva, invece niente. D’altronde erano passati non più di tre o quattro secondi da quando Walter l’aveva perso di vista. Procedette lungo la stretta strada incredulo.
Forse avrei dovuto essere più cauto. Si sarà accorto che lo seguivo. Questo significa che ha qualcosa da nascondere. Ma come diavolo ha fatto a sparire così in fretta?
Rimase qualche secondo a guardarsi intorno. L’odore era svanito. A poca distanza le fronde degli alberi si agitarono per un improvviso colpo di vento ma Walter non ci fece caso.