di Giuseppe Genna

hells.jpgNel 1965 il procuratore generale della California distribuì un dossier sul club motociclistico degli Hell’s Angels, la tribù di incontrollabili che cavalcavano bolidi e scorrazzavano impuniti per la nazione. Il funzionario di polizia cercava di porre rimedio a un dilagare di crimini commessi da questo gruppo che si era via via connotato come élite fuorilegge. I numeri erano impressionanti: gli Hell’s Angels avevano collezionato, ai tempi, 874 arresti, in pratica due carcerazioni per ogni membro del club. Le cifre sarebbero anche state più sconcertanti, se i motociclisti non avessero intimidito una marea di possibili denuncianti. I reati spaziavano dalla rapina al tentativo di omicidio, passando per razzie e violazione della legge sul comune senso del pudore. Irredimibili e incorreggibili, gli Hell’s Angels erano una minaccia per ogni buon borghese americano. Appena sentì puzzo di zolfo, il fondatore del gonzo journalism, l’indimenticabile Hunter Thompson, ci si buttò a pesce e divenne il cartografo di questo continente demonico e totalmente alla deriva. Hell’s Angels (ShaKe, € 16) è il deposito di quell’opera di mappatura, che soltanto un Caboto dello stile e dell’anticonformismo come Thompson poteva stendere.

Per un anno Hunter Thompson fece l’embedded al seguito di una batteria di Angels. Bevve con loro, registrò i loro violentissimi abusi usi e costumi, vide dal vivo i capricci erotici di questa specie nomade e brutale, si convertì alla loro mistica motociclistica, fino a enunciare il cedimento più alto di un gonzo e il fallimento più abissale di un antropologo: “Non ero più sicuro se stavo compiendo una ricerca su di loro o se stavo scivolando lentamente nelle loro file”. Ci pensarono gli stessi Hell’s Angels a dirimere la questione: dopo un anno, lo picchiarono a sangue e lo abbandonarono pesto sul terreno della loro indefinita battaglia.
004thompson.jpgE tuttavia Thompson aveva ridicolizzato il dossier dell’attorney californiano, il celebre Lynch (!) report. I motociclisti avevano trovato in questo scapestrato virtuoso dello stile un avvocato di ufficio senza pari – ma non lo capirono. Thompson, nel suo memorabile reportage, era stato in grado di esaltare la carica spontaneamente rivoluzionaria e veracemente libidica di questi squadroni che sciamavano a bordo delle loro quattrotempi. Il numero dei partecipanti a questo infinito e orgiastico festino su due ruote era stato ridimensionato a un centinaio di membri dal futuro autore di Paura e delirio a Las Vegas, che aveva documentato inoltre come molti dei reati attribuiti agli Angels fossero frutto di interpretazioni di comodo da parte dei pulotti (anch’essi vagolanti su due ruote). Senza parlare dell’incidenza meno che minima che i reati addebitati a questi hypster violenti avevano rispetto alla massa totale dei crimini registrati nello Stato. E anche circa la più inquietante delle accuse lanciate contro gli Hell’s Angels, cioè la prossimità con l’ideologia neonazi, Thompson ebbe da ridire: troppo ignoranti per avere una simile competenza filosofica e politica, gli Angels erano in realtà dei disperati con la bicilindrica cromata, privi di qualunque status sociale e perfino incapaci di mobilità se privati del veicolo che identificavano con l’unica risorsa di sopravvivenza che avevano a disposizione. Solo un decimo di loro disponeva di un lavoro: “Sapete – scriveva il grande Hunter -, non è che sul mercato del lavoro circoli poi questa gran domanda di motociclisti con la fedina sporca” e: “Sono fuorigioco. E lo sanno”.
Dipinti come splendidi perdenti e peculiari autoctoni in via di sparizione, gli Hell’s Angels diventano, agli occhi di Thompson, dei sauvage per nulla bon. Ne dipinge un’etica di gruppo, ne ritrae gli espedienti che permettono la sopravvivenza, ne disegna l’isolamento rispetto agli estranei. La paranoia in cui vivono si trasforma, da aggressività neofascista, in patetica risorsa per alimentarsi e continuare la specie. Thompson adotta uno stile empatico e zoologico, come al suo solito. Dopotutto, questo è stato: uno zoologo, uno che dà per scontata la natura virale dell’umano, e contro l’umano lancia un grido di battaglia a colpi di genialate stilistiche. Inforcata la moto, era prevedibile che avvertisse una certa similarità con gente che riguardava alla società come il principio del male sul pianeta. Non essendo un invasato naturista, quest’uomo che adorava il disordine e lo sporco e la cattiva condotta ebbe negli Hell’s Angels dei fratellini sommari, accettabili nella prospettiva di evadere da una civiltà pronta al crollo ancora prima delle rivoluzioni. Thompson è un pessimista radicale, e per questo elabora una terapia a base di cinismo, che è la verità più profonda del suo sarcasmo: un antiumanismo totale, che non lascia scampo e trascina qualunque lettore in una brutta sbronza. Basti osservare il tono cartoonistico con cui HST si perita di avvicinare gli apici più violenti del comportamento di un branco di disperati tanto nichilisti e dannosi. C’è un’implicita accettazione del detestabile ribellismo di questi scarti umani in una simile, condonante prospettiva. Le dinamiche degli scontri tra gang e i ritratti dei singoli membri di questo infernale club carburato sono descritte con il beneficio d’inventario che, se pure non si concede allo studioso, si può perdonare a un grande scrittore. Se solo si legge la scena dell’assalto che gli Angels lanciano vicino a Oakland, a una manifestazione sportiva pacifista, si capirà come sia possibile che un moralista alla Tom Wolfe abbia scelto una vita alla Bill Burroughs e ne sia andato fiero, finendo addirittura per candidarsi come sceriffo di un paesotto turistico di montagna.
E tuttavia l’underground, ora e sempre e ovunque, è una materia ambigua politicamente e socialmente che, proprio in forza della sua ambiguità, risiede del tutto naturalmente alle latitudini della letteratura. Perciò sbaglia chi apra Hell’s Angels aspettandosi una fenomenologia sociologica. Questo è un grande romanzo, il più neoralistico e delirante, sulla vigilia dei grandi sommovimenti che scossero l’America nei Sessanta – e come tale non va solo letto: va assaporato.