Romanzo di Fabio Ciabatti e Luca Nutarelli
Le foto di Emilio Periglio sono di Tito Kurtz
Qui tutte le puntate

imperium6.jpgEcco, qui va a finire che il colpevole sono io. Che sono stato io a copiare. Dopo tutto il culo che mi sono fatto. Che testa di cazzo che sono stato. ‘Sta minchia di tesi l’ho praticamente volantinata in giro per il mondo. E uno fra i tanti potrebbe essere un amico, un conoscente di Antonio Monti o di Michael Hunt. Un loro collaboratore, più che altro un collaborazionista. Bastardo! Vatti a fidare degli amici. Mi fido troppo della gente. Sarà, forse sono un po’ ingenuo. Sì, sono stato davvero un coglione a fidarmi di Cermugnati. Solo un vero scemo poteva stargli appresso e seguirlo nelle sue follie. Come quella storia del convegno. “Vada pure e non si preoccupi. Può utilizzare la prima parte della tesi e farne un intervento. Mica se la mangiano. Gli accademici abbaiano, ma non mordono!” E ora invece, secondo lui, sarebbero pronti ad ammazzare. Ma dai! E io come un cretino a farmi il culo per quel cazzo d’intervento. Ma aspetta.

Avevo sintetizzato alcuni pezzi della prima parte della mia tesi in alcuni fogli manoscritti che ho usato come scaletta. Contenevano proprio le parti della tesi che ho ritrovato su Imperium. E li ho persi! Dopo la relazione li ho lasciati un attimo sul tavolo. Un paio di chiacchiere sull’ultimo discorso del Subcomandante Marcos e poi niente… volatilizzati. È stato un attimo. Ma chi c’era a quel convegno? Magari su Internet… com’era il titolo? Maledetta memoria, devo aggiungere qualche giga al mio hard disk. Prima che sia troppo tardi. Forse è già troppo tardi, sono in preda all’obsolescenza tecnologica, alla demenza senile precoce dell’uomo-macchina. Su, un piccolo sforzo che ce la fai, ce l’ho qui sulla punta della lingua. Magari se vado davanti ad uno specchio e apro la bocca lo riesco a vedere. Meglio evitare se no qualcuno potrebbe pensare che sto svolgendo un rituale di autoerotismo maori. No, utilizziamo metodi più tradizionali. La mungitura del cervello. Magari quel cazzo di titolo schizza fuori dalla testa. Beh, forse non è proprio un metodo tradizionale. Allora concentrazione e basta. Con la sola imposizione delle mani mi ordino di ricordare il titolo del convegno. Quando lo dirò io. Ora. Niente. Ritenta, sarai più fortunato. Ora. Niente da fare. Forse mi devo lavare le mani prima di impormele. Tutto questo sudore non aiuta. Aumenta l’umidità dei neuroni. Sempre che ne sia rimasto qualcuno acceso. Ah, ecco, sì, me lo sono ricordato. Deve essere stato l’ultimo neurone a destra. Lui non mi tradisce mai. E speriamo che non mi tradisca neppure Google: “Trova i risultati che contengono la seguente frase”: filosofia e scienze sociali nel pensiero postcontemporaneo. Va, distruggi il male e va, e in fretta. Uh, che culo! Eccolo qua. C’è ancora l’avviso sul sito della Sapienza. Un altro click e ricomincia la caccia allo stronzo. Caccia grossa un po’ mi spossa, ma si tira avanti verso il centro del mistero. Sim sala bim, i relatori sono quim! La rima lascia un po’ a desiderare, però ci si può lavorare. Ora però facciamo il lavoro serio. Rapida scorsa ai relatori. Questi me li ricordo. Sono tutti mummie. Sai che ci facevano con i miei appunti! Le bende per la tumulazione. Beh, non proprio tutti! Guarda un po’ chi si vede! All’epoca non sapevo manco chi cazzo fosse. Sarà per questo che non me lo ricordavo. Un caso? Incominciano ad esserci troppi casi in questa storia. Michael Hunt, tu mi puzzi. Non credere di scamparla. Ora ti vengo a cercare. E allora di nuovo in pista, inizia un’altra ricerca!

E vai. Un altro test. Nuovo giro, nuovo debug. Devo eseguire il programma passo passo. È così che si trovano gli errori. Sono un detective informatico, il sicario dei bachi… o forse un cybercorrettore di bozze. E allora? Che c’è di male? Le gerarchie stanno per saltare tutte quante. Sì, però, nel frattempo, sapessi almeno a che serve tutta ‘sta roba! Sembra un videogioco. Però nei videogiochi cambiano i quadri. Qui mi sembra di fare sempre lo stesso gioco: Bug Invaders! E poi oggi mi sono davvero incartato. È tutto il giorno che faccio test sullo stesso modulo. Eppure niente da fare. Devo cambiare strada. Ero convinto che il problema fosse qui. In questa sezione del cazzo. Sarà stato il nome così lungo che hanno dato a queste funzioni. Mi ha portato sulla cattiva strada. Sembrava importante. E invece. Ma quando impareranno a non dare i nomi a cazzo? E adesso che faccio? Emilio ricorda il tuo maestro: “Quando hai eliminato l’impossibile, qualunque cosa rimanga, per quanto improbabile, deve essere la verità”. Vabbè, e allora? Siamo al punto di prima, senza una traccia. Neanche Sherlock Holmes è riuscito ad aiutarmi. Non mi rimane che l’ultima risorsa. Come dice il manualetto del debbugger perfetto: mostrare il codice ad un’altra persona può mettere in evidenza che il problema sta in quei pezzi di codice che “non possono avere il baco”. Ok. Non posso fare altro che chiamare Enrico. Ah, che fortuna! Parli del diavolo e spunta la sua pancia.
– Enrico, puoi venire un attimo. Sono in panne. Non riesco proprio a venirne a capo. Magari se gli dai un’occhiata tu.
– Ma che devo fare tutto io? E tu qui che ci stai a fare? Adesso non ho tempo, magari ci do un’occhiata più tardi. Stasera, verso le otto e mezza dovrei essere libero.
– Non si può fare un po’ più tardi? Sai, oggi non ho proprio voglia di tornare a casa.
– Nessun problema. Abbiamo anche un letto sei vuoi dormire qui. Nel frattempo tu insisti. E ricordati di tenere la mente aperta: se pensi di aver identificato la parte del programma che contiene l’errore, ma lì è tutto a posto, guarda da qualche altra parte.
– Senza i tuoi saggi consigli sarei costretto a fare incetta di Baci Perugina!
– Oggi non ti conviene fare troppo lo spiritoso. Sennò questa busta me la tengo per me.
– E dovrei essere rattristato per questo?
– Fai un po’ tu. Dentro c’è l’assegno del tuo primo rimborso spese.
– Ma dai! Che avete vinto al Totogol? Scherzi a parte. Grazie Enrico, ci voleva proprio.
– Non ti entusiasmare troppo. Non è un gran che, ma sempre meglio di niente. Sai in questo periodo abbiamo dovuto…
– Sì, lo so, avete dovuto affrontare delle spese impreviste.
– Allora sai pure come va a finire.
– Come no! Ci saranno soddisfazioni anche per me. Sempre che nel frattempo non mi abbiano carcerato per debiti.
– Non ti preoccupare, la cooperativa Philip K. Dick è sempre lieta di dar lavoro ai cittadini detenuti. Siamo felici di contribuire al loro reinserimento nella società.
– Grazie Enrico. Adesso sono molto più tranquillo.
– C’è poco da stare tranquilli. Domani devi aver finito.
– Zi buana!
Ecco il mio primo agognato rimborso spese. Meglio che lo scarto dopo, se no mi passa la voglia di lavorare. Maledetto denaro. Se non fosse per questo strumento diabolico mantenuto in vita artificialmente dal grande parassita, la potenza produttiva della moltitudine non verrebbe più limitata. E io riuscirei pure a finire la tesi. Con tutto quello che ho imparato in questi ultimi tempi mi sento un vulcano che sta per eruttare inchiostro. E invece la mia situazione finanziaria è sempre più disperata. Emilio! Ora basta con l’autocommiserazione. Sono un autoimprenditore biopolitico. E anche con buone prospettive: ho lavorato bene e sto simpatico ai soci. Anche se loro a me stanno un po’ sul cazzo. Tranne Enrico. Lui è diverso. Mi chiedo come riesca a lavorare al computer con quelle manone. Magari si è fatto fare una tastiera su misura. Lento, taciturno, come tutti gli esseri di grandi dimensioni. Sembra burbero, ma nei miei confronti è sempre ben disposto, quasi paterno. Non devo abusare della sua pazienza, però. Va bene scherzare sui soldi. Ma dopo la sua esoterica spiegazione sul “sistema di simulazione basato su 850 mila linee di codice” che ho fatto finta di capire, non fornirei un buon servizio di marketing alle mie capacità intellettuali se tornassi all’attacco per chiedere: “Sì, vabbè, ma che cazzo stiamo facendo in soldoni?”

E già, che cazzo ci stavi a fare a quel convegno? Eri venuto per carpire i risultati della mia ricerca? Direttamente dall’America? Rispondi Michael Hunt! Forse sto esagerando. Più semplicemente potrebbe aver ascoltato la mia relazione e poi ha deciso di fregarmi gli appunti. In seguito ha deciso di riciclarli per Imperium. Sì, potrebbe essere andata proprio così. Che dici? Che non centri niente, che un affermato accademico non andrebbe mai a rubare il lavoro ad un oscuro studente! Ma figurati! E poi non mi risulta che prima di Imperium tu fossi così affermato, o sbaglio? Ah, non parli adesso, eh! Sareste tutti pronti a vendere la nonna e il suo cane da passeggio per una merdosissima pubblicazione. Michelino, come il culo hai il faccino! Memo per il secondo neurone a destra: nel tempo libero continuare a lavorare sulla rima baciata. Ancora non ci siamo. Passo e chiudo. E no! Non chiudo un bel niente. Mo’ questo qua lo devo beccare. E dove? Altro giro altra ricerca. Facciamo quest’ultimo sforzo e per oggi basta. Sto entrando in paranoia. Ho voglia di una canna. Tanto smetto domani. Facciamo dopodomani e non se ne parli più. Google fai il tuo dovere. Cerca l’infame Michael, che al resto ci penso io.
Finalmente! “Google ha cercato ‘Michael Hunt’ nell’intera rete mondiale. Risultati 1 – 10 di 46. Durata della ricerca: 1.04 secondi”. Il caro Hunt si sta allargando sulla rete. Forse mi vuole depistare. Ma non ci riuscirà. Io sono un osso duro, che ti credi! Guarda un po’ qui: “Il Nuovo – Incidente accademico. Michael Hunt, coautore del best seller Imperium, era in Italia per una serie di convegni. Ieri notte, uscito dalla casa del suo collega Antonio Monti, è rimasto… www.ilnuovo.it/nuovo/hp/0,1008,,00.html – 30k – Copia cache – Pagine simili”. Come è rimasto ‘sto coso? E cos’è ‘sta pagina? Ah sì, un articolo di ieri. E allora avanti verso il passato. Nella rete la concezione lineare del tempo è saltata completamente. Presente e passato coesistono. La rete è un’accumulazione incessante di essere. L’essere per la vita. Vitaaa, Vitaaa, che bello incontrasi in questa vita. Stare insieme … Il refrain dell’Amaro Averna ha un contenuto ontologico con echi palesemente spinoziani. È evidente. È la canzone della moltitudine che nel suo stare insieme cooperativo produce e riproduce incessantemente la…
– Vitaaa. Vitaaa. Che bello…
– Shhh!
Maledetta vecchiaccia sibilati ‘sto cazzo. Sei troppo incartapecorita per capire i bisogni e i desideri espressi dalla moltitudine, sei troppo zitellaccia per capire la “Vitaaa. Vitaaa. Che bello incontrarsi in questa vi…”
– Ma allora? Che stiamo a San Remo?
– No, a San Remo no, ma manco a San Pietro? Mica stiamo in chiesa che bisogna stare in religioso silenzio!
– Senta, se continua a disturbare sarò costretta a chiamare il commesso!
– E chiami pure chi le pare. Qui sopra c’è scritto no smoking, mica no singing.
– Ma guarda tu questi giovani d’oggi! Non hanno più rispetto per le persone anziane. E poi guarda come vanno in giro, sembrano degli zingari.
– Zingaraaa, prendi la mia mano, Zingaraaa…
– Ma lei è proprio un’impertinente. I suoi genitori non le hanno insegnato l’educazione? Ai miei tempi appena mi permettevo di dire qualcosa volavano ceffoni. Così s’insegna l’educazione. Altro che il permissivismo d’oggi. Adesso i giovani vogliono tutto …
– Va bene, va bene, signora Montessori, ha vinto lei, io smetto di cantare e lei interrompe il suo trattato di pedagogia sganassona. Pace?
– È incredibile. Oggigiorno non c’è più religione. Non ci sono più valori…
E che palle! Ma pure io ogni tanto farei meglio a pensare fino a dieci prima di parlare e poi dovrei tacere, come dice il saggio cinese. Adesso è meglio lasciarla borbottare per conto suo. Prima o poi si spegne. “Vitaaa, vitaaa.” E mo’ basta, però, con l’amaro biopolitico! Che se no non la faccio più finita e mi tocca ammazzare la vecchiaccia. Deve essere il potere espansivo della moltitudine che mi ha contagiato. O forse un certo appetito che mi increspa i succhi gastrici. Più che di amaro avrei bisogno di una bella rosetta imbottita.

Tiriamo fuori il rosettone con la mortazza e le melanzanine marinate. Basta con il debug, è ora di pranzo. Fra un morso e l’altro butto un occhio a Indymedia per vedere che cosa succede nel mondo. “Techno per i diritti”: questa è una manifestazione degli amici vetero-pre-postfordisti di Lucia, quest’altro pezzo è sulle luride piccinerie politiche italiane (quanto è buona la mortadella con le melanzanine!), questo riguarda i wargame Usa, quest’altro è sui processi agli attivisti noglobal ciociari… Ma insomma, un po’ di calcio non ce lo vogliamo mettere? Va bene con il mediattivismo, ma anche calcio-attivismo vuole la sua parte. Vaffanculo! “C’è qualcuno che c’ha il Corriere dello Sport?” Intellettualoidi di massa e soprattutto di merda che non siete altri! Almeno non rispondete con quello sguardo altezzoso. Non avete ancora capito che… un momento, come continua ‘sta storia dei wargame? “… ma a chi è stata affidata l’estensione a Taranto del sistema di FX3? Alla RTK, un’azienda che ha sede ad Arlington in Virginia. Coincidenza vuole che Arlington (un sobborgo di Washington) sia anche la sede del Pentagono, ossia il Dipartimento statunitense della Difesa. Si potrebbe dire che la RTK è quasi di casa al Pentagono. Essa, infatti, stando ad alcune indiscrezioni pubblicate sul New York Times starebbe elaborando POMFRIZ, un software militare basato su 850 mila linee di codice. La RTK progetta e installa sistemi ingegneristici complessi basati su piattaforme computerizzate in grado di gestire simulazioni di scenari e wargame (attraverso il DIS, Distribuited Interactive Simulation) in cui Taranto svolge la funzione di ‘nodo’ in una rete che ha il suo centro nel Pentagono. La RTK, inoltre, sarebbe specializzata in sistemi di pianificazione e preparazione delle missioni. Taranto sarà quindi un porto dove testare le funzioni di interoperabilità remota della Marina Militare Usa. Tecnicamente la RTK avrebbe quindi il compito di estendere l’interoperabilità mediante un comune linguaggio elettronico denominato US Message Text Format (USMTF) che è alla base del sistema di comunicazione della flotta americana.” E no! Ma che siamo matti! Ci deve essere una spiegazione, altrimenti sarebbe l’assurdo cosmico, la più inutile delle perversioni: mettere la nostra forza creativa, il nostro lavoro intellettuale al servizio del parassita dei parassiti, il cieco mostro militarista che ingabbia con la violenza e la minaccia la gioiosa ricchezza delle moltitudini mondiali. Altro che controllo dei mutamenti climatici! Se è vero che la RTK di cui parla l’articolo di Indymedia è la stessa RTK alla quale stiamo cercando di offrire i nostri software, i nostri software sono programmi militari. Su questo sillogismo non ci possono essere dubbi. Aristotele mica era un imbecille, lui. Io, invece, che faccio adesso? Non ostile va bene, coglione no. Vado a cercare Enrico. Esigo delle spiegazioni. Tempo al tempo. Prima finisco la rosetta. A stomaco pieno la ricerca della verità riesce meglio.

Gesù Cristo, che darei per una bella rosetta con la mortazza e le melanzanine marinate! Ma adesso vediamo che ha tirato fuori Google: “Michael Hunt, autore insieme a Antonio Monti del best seller Imperium, era in Italia per una serie di convegni. Ieri notte, uscito dall’abitazione del suo collega italiano, è rimasto ferito in un incidente stradale. Le sue condizioni sono critiche e la prognosi è ancora riservata. Da una prima ricostruzione dell’incidente, sembra che l’automobile su cui viaggiava Hunt avesse i freni in avaria. Il ricercatore statunitense aveva lasciato la casa del collega italiano verso le quattro del mattino dopo una lunga conversazione dedicata alle prossime iniziative politiche e promozionali legate ad Imperium. Secondo alcuni vicini, l’incontro tra Hunt e Monti sarebbe degenerato in lite. I vicini non hanno saputo riferire l’argomento dell’alterco limitandosi a sostenere che i due avrebbero discusso in lingua inglese.”