di Daniela Bandini

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Questo libro (Peter Jürgen-Boock, L’autunno tedesco. Schleyer – Mogadiscio – Stammheim, ed. Derive/Approdi, pp. 192, € 13.00) è il racconto di uno dei protagonisti del sequestro e dell’uccisione del presidente della confindustria tedesca Hans-Martin Schleyer (ucciso il 19 ottobre 1977). E’ il racconto di un appartenente al commando della RAF che nell’autunno del 1977 mise in atto un’azione che cambiò il destino dei movimenti di lotta e della stessa lotta armata in Germania e in Europa. L’autore è stato il protagonista del sequestro dell’aereo della compagnia Lufthansa dirittato a Mogadiscio (18 ottobre 1977) e delle vicende legate a esso, ma anche il protagonista allora inconsapevole di un momento storico irripetibile. Momento rappresentato da una generazione post-bellica tedesca che si sentiva soffocare dal proprio passato nazista, così generazionalmente vicino. E’ il libro di un percorso che va conosciuto e ricordato, affinché quegli anni non vengano semplificati genericamente come “anni di piombo”. La RAF, Rote Armee Fraktion, era un esercito, in tutto e per tutto, ansioso di cancellare un evento storico intollerabile come il nazismo, e molto incerto sul proprio futuro, del quale credo non le importasse molto.

Il libro racconta del sequestro dell’aereo, e dei rapporti umani che si intrecciarono tra i componenti del commando e i sequestrati, con tutte le contraddizioni che possono emergere in simili frangenti.
Come sempre saranno i particolari a segnare il corso della narrazione, le tensioni ma anche e soprattutto le determinazioni dei singoli individui. Ciò che colpisce, ribadisco, è la sensazione di “sentirsi in guerra”, persone braccate e disposte a tutto pur di raggiungere l’obiettivo prefissato e colpirlo al massimo grado, non importa a quale prezzo. E disposte a pagare di persona. “Gli slittamenti più evidenti dei nostri rapporti con l’ostaggio (Schleyer) si verificarono nelle discussioni politiche che tentammo di imbastire con lui…. Per noi lui era l’ex leader degli studenti nazisti, un SS incaricato di far funzionare senza intoppi la macchina da guerra nazista nel protettorato di Boemia e Moravia. Il fatto che dopo la guerra fosse tornato in tempi brevissimi, e senza mai essere stato processato, a ricoprire un ruolo chiave nell’economia era per noi la quadratura del cerchio”.
Un po’ di autobiografia, esemplare a suo modo: “Tra i quattordici e i quindici anni, come accadde a molti della mia generazione, ebbe inizio una serie di liti furibonde con i miei genitori. Mio padre era stato soldato di carriera nel Terzo Reich…. Mi trasferirono in un riformatorio di Gluckstadt, famigerato per i suoi metodi brutali… Mi trasferirono in un altro riformatorio nei pressi di Kassel, dove due settimane dopo conobbi Andreas Baader, Gudrun Ensslin che, nell’ambito di una campagna sugli istituti su scala nazionale, stringevano contatti con gli internati… Dopo alcuni incontri con coloro che in seguito fondarono la Raf, riuscii a scappare…e a andare a Francoforte con la ferma intenzione di vivere e lottare a fianco di quelle persone”.
Questo il background. Si ha nettamente la sensazione di un percorso politico, seppur aberrante, nel quale c’è il rifiuto della pacificazione imposta dopo il 1945. E la percezione che il cosiddetto “benessere” , il “boom economico”, non fossero sufficienti per rinnegare gli ideali che erano scaturiti dalla Resistenza europea per aderire alle regole politiche imposte da un capitalismo emergente.
Con l’internazionalismo si mettono le basi di una rivoluzione globale, dove l’oppressore e l’oppresso sono gli stessi in tutto il mondo. Forse banale, ma non in quegli anni. Sulla cronaca del riuscito dirottamento dell’aereo della Lufthansa da parte di un commando palestinese, e rivendicato sia dalla Raf che dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, c’è questo incredibile passaggio. Siamo a Baghdad, dove il protagonista, per motivi logistici, si era trasferito insieme a un altro membro del commando: “… Poi successe qualcosa che fece schizzare il nostro entusiasmo alle stelle. Dalla strada davanti a noi udimmo un persistente suono di clacson, ma non di uno solo, sembrava un’intera orchestra. Corremmo sul davanti della terrazza e vedemmo tre o quattro Pickup, quello di Samy in testa, che suonavano il clacson a tempo e pugni chiusi che uscivano dai finestrini aperti e battevano su tettucci e sportelli. Le macchine non si erano ancora fermate, ma i primi passeggeri si fiondarono dentro casa al grido di ‘Victory!’, facendo il segno della vittoria con le dita e brandendo in aria pistole e Kalashnikov… Di sotto, i nostri e i palestinesi si abbracciavano, si baciavano, ballavano in giardino… Samy cominciò, quasi cantando, a declamare un breve ma solenne discorso in arabo…:’Cari compagni. Questo momento merita di esser festeggiato. Anche se siamo nati in paesi diversi e non parliamo la stessa lingua, oggi siamo diventati una comunità di combattenti. Noi trionferemo!’” Poi, la storia seguirà il suo corso, con la voce della radio :”… un corpo speciale della polizia federale tedesca ha concluso con successo la liberazione di tutti i passeggeri dell’aereo Lufthansa, che ne sono usciti incolumi. Nell’irruzione hanno trovato la morte tutti i dirottatori….” Da lì a poche ore sarà ancora la radio a raccontarci che: “ E’ stato appena comunicato dall’autorità giudiziaria… che nelle prime ore di questa mattina i terroristi della Raf detenuti nel carcere di Stammheim-Stoccarda sono stati trovati morti nelle loro celle..
Un libro che va oltre, decisamente oltre, la tragedia di quegli eventi e dei suoi protagonisti.