– SONO TUTTE STUPIDAGGINI! – urlo snervata.
– Shhhh, non fare così, ci metterai nei guai. – Sandro mi lancia un’occhiata raggelante e poi si gira verso Tony: – Non dovevi portarla qui se sapevi che era così stupida.
– Ma io…
– Tu sei il solito cretino. – sbotto io. – Ti fai tirare dentro queste bambinate. Ed io ancora più cretina che ti seguo. Ragazzi, non mi interessa, io rompo la catena.


– No, sei pazza! – lo dicono quasi in coro, poi Sandro aggiunge: – Sabbithul ci ha appena avvertiti che è pericoloso.
– Ma vi rendete conto? Siete tutti qui che credete ad un bicchiere che si sposta su delle lettere tracciate da voi. Stiamo morendo di caldo… e poi… questo Sabbithul! mai sentito un nome più idiota!
– Va bene, non ci credi. Ma, scusa, almeno per scaramanzia, aspettiamo che ci dica lui quando rompere la catena. è importante. Sono successe già altre cose…
– No, Tony, io sono stanca, fa caldo e qui dentro puzza. Mi sembrate veramente degli idioti, io vado a dormire.- Con uno scatto levo le mani dal tavolino interrompendo il contatto con Tony e Sandro e mi alzo. La candela fa tremare le nostre figure giganti proiettate sui muri abbandonati. Vedo per un attimo volti bloccati, pallidi e contratti allo schiaffo caldo della luce sulla pelle. Poi il buio. Rimango in piedi immobile. Presa di sorpresa anch’io. Certo, a pensarci, non è una bella situazione. Un demone ci ha appena avvertito di non spezzare la catena o ne passeremo delle belle. Anzi, parole sue: – leccherete le pustole scoppiettanti sul vostro corpo in rovina. – Stronzate! Sì, ma qui al buio…
Silenzio.
Che fanno?
– Ragazzi…
Una voce dal nero della stanza: – Tania, sei proprio una stronza.
– Ragazzi, non fate scherzi.
– Ci hai messo in un bel guaio.
– Accendete la candela!
Silenzio.
Qualche fruscio.
Sono in quattro, tra loro c’è il mio ragazzo.
– Dovremmo fartela pagare.- è proprio lui che parla.
– Tony, per favore. Io qui non ci volevo venire. Non ci credo… e poi… perché in questo posto abbandonato, in rovina, pieno di topi. Accendete la luce, accidenti!
Silenzio.
Solo silenzio.
Tony, per favore…
Non riesco a vedere nulla. Ho il buio appiccicato alla camicia.
Un lampo di scintille illumina improvvisamente il volto di Tony. Sta cercando di accendere lo zippo. Il bagliore scatta più volte proiettandogli le ombre sul viso, una scultura di carne e luce mi appare nella sua deformità di ombre.
– Voglio andare a casa.
Finalmente lo zippo si accende.
– Ci vai a casa. – dice Sandro – A piedi.
– Ma va…- Mi trattengo, non vorrei tirare troppo la corda. Rimango immobile e all’erta.
Tony si avvicina alla candela e la accende. Rivedo i loro volti imbronciati. Non dicono nulla.
– Tony, andiamo via. – insisto.
– No, non ti rendi conto. Questo non è uno scherzo, Tania. Non sai a cosa puoi aver dato inizio. Ci sono capitate altre cose…. ma che ne puoi capire, tu. è meglio che te ne vai. Noi dobbiamo rimediare…
– Ma rimediare a che? Siete tutti fuori di testa!
– Guardate! – Sandro indica la tabella con le lettere. Sono tutte sbavate. L’inchiostro nero è leggermente espanso sul cartone.
– Ma che scherzi idioti… siete stati voi, dai! Tony! Portami a casa! – Non ne posso più. Infantili.
Sandro scatta in piedi e mi prende le braccia stringendomi forte. – Non capisci proprio niente! Te ne devi andare! Non capisci in che casino ci hai messo?
Sento lo stomaco ballarmi dentro il corpo e mi viene la nausea. – Lasciami, lasciami! – urlo.
Mi lascia andare. Guardo Tony e mi sale una rabbia densa e nera dalle viscere.
– Vattene. – Mi ferisce secco.
– Siete pazzi, pazzi, portami a casa! – ormai sto urlando a squarciagola.
Tony si alza da terra e mi raggiunge con una mano aperta in pieno viso. Il dolore è violento. Non mi aveva mai picchiato prima. Poi sibila tra i denti come una scheggia che si infila nella carne. – Adesso te ne vai. – I suoi occhi mi violentano. Sono scuri, cattivi. E non è un gioco di ombre.
– Questa me la paghi. – Mi allontano verso la porta della cascina abbandonata tremando di rabbia. Li intravedo con la coda dell’occhio che si risiedono in terra con le mani sul tavolino. Cominciano a recitare una litania.
Esco al fresco della notte. Idioti bastardi. Non li avevo mai visti così. Io li denuncio. Prendo il telefonino dalla borsetta e compongo il numero di mio padre. Lo trovo sicuramente in redazione al giornale. A quest’ora…
– Tutte le linee sono occupate, la preghiamo di attendere. Appena libero, un operatore si preoccuperà di risponderle.- una voce registrata mi cantilena questa frase al di sopra di una musica classica che non riesco a riconoscere. Mio padre saprà cosa fare. Almeno mi faccio venire a riprendere. Siamo in aperta campagna qui.
– Pronto?
– Buonasera. Può passarmi Luca Relli?
– Sì, chi devo dire?
– Sono la figlia.
– Attenda in linea per cortesia.
Dalla cornetta arriva un’altra musica. è strana, di rapide note che si susseguono lentamente. Alzo lo sguardo e vedo la luna. Un cerchio perfetto che si gode il suo alone lattiginoso in un manto nero e profondo. Una nuvola soffia strappata in lembi di chiarore. Tira un leggero venticello caldo. Probabilmente domani pioverà.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato – una voce femminile mi avverte che dovrò attendere un po’.
Lascio scivolare lo sguardo sul nero della notte. Le note si sollevano e si perdono tra i rami del bosco vicino. Fitto e scuro. Ripetitive. è sempre la stessa musica. Bella però. Sinuosa.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato.
Si aggiungono degli strumenti, corde di violino, soffi di fiato. I miei occhi rotolano lungo la linea dell’orizzonte. I monti sono macchie scure lontane oltre la campagna.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato.
È tutta una sfumatura di nero, ombre, silenzi. La luna adesso è coperta. Ma la vista si è abituata. Una percezione più scura ma rilassante. Mi sento meglio. Il venticello caldo mi formicola sulla schiena. Questa notte è veramente calda.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato.
Seguo la musica serpeggiare attorno al mio corpo. Mi avvolge sfiorandomi il collo, la pelle sotto i vestiti. Si insinua tra il reggiseno e la camicia. Un rivolo di sudore mi cola lungo la schiena.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato.
Lo scirocco è insopportabile. La sincerità di questa musica mi sconcerta. Ha un colore potente. Caloroso. Eccitante. La goccia scende lungo la schiena e si allarga sull’elastico degli slip.
– Siete in attesa di essere collegati con l’interno desiderato.
Sento un leggero solletico sul collo sotto l’orecchio. Caldo. Sto proprio sudando. Fa caldo. Porto istintivamente la mano sul rivolo. è denso, appiccicoso. Mi gira la testa.
– Siete in attesa di essere collegati con L’INFERNO desiderato.
Con uno scatto guardo le dita bagnate. Una macchia rossa scola sul palmo della mano.
Calda.
Illuminata da una fiammella alle mie spalle.