di Paolo Lago

Henry Ariemma, Un gallone di kerosene, postfazione di Plinio Perilli, Transeuropa, Massa, 2019, pp. 63, € 15,00.

La nuova raccolta di poesie di Henry Ariemma, poeta nato a Los Angeles che da molto tempo vive a Roma, costituisce un vero e proprio inno a un’amicizia che vive e si trascina nella quotidianità, nella vita di tutti i giorni e da essa trae la sua linfa vitale. La parola “amico” cadenza come un rintocco costante la musicalità dei versi e in essi si inerpica, si avvinghia al ritmo di una sintassi che veloce scivola via, come scivola via la quotidianità più scontata. Ma il canto di Ariemma, certo, non è scontato e ‘quotidiano’: esso si presenta come un magico e cristallino incanto che sorvola il lento scorrere delle giornate, di ansie e di silenzi, di incontri e di immagini di tenue malinconia e tenue grazia, piccoli momenti che vengono avvolti dall’incantesimo di versi che corrono veloci come le onde del mare, come lo stesso mare che è così presente all’interno della raccolta.

Nella sezione Amico incontriamo Un gallone di kerosene, componimento che dà il titolo alla silloge. Il viaggio verso il vecchio venditore di kerosene, con «la barba incolta e voce / fumata tra i barili ossidati», si trasforma in una vera e propria «odissea» compiuta contemporaneamente con forza e con stanchezza. La vita vera, senza nessun filtro estetico, emerge in questo spostamento, compiuto da un amico sincero per un amico sincero e essa si srotola in forma di epico viaggio, un’odissea in una quotidianità che diventa universo poetico intriso dei rumori e degli odori di una fisicità presente e corporea: appunto, il vecchio aveva «la barba incolta e voce / fumata tra i barili ossidati» e «travasava / piano a poca schiuma con l’odore acre / dappertutto tra il rumore sordo di lamiere…».

La vita di tutti i giorni, contrassegnata da momenti duri e venati di malinconia, è rischiarata da versi che, come già accennato, assumono un ritmo veloce e narrativo, si inerpicano nei passaggi di tempo e si elevano, esaltando quello stesso tempo quotidiano e rivestendolo di una tenue magia. L’amicizia, rivestita del canto poetico, si trasforma in magia e l’intelaiatura che la avvolge è un levigato e chiaro cristallo, teca dei giorni passati e di quelli a venire, custodia del tempo vissuto insieme all’amico, scrigno di sorrisi. Vale la pena riportare per intero una poesia di questa sezione in cui la presenza dell’amico è un costante conforto nello srotolarsi del tempo fra sensazioni e parole, in un «mondo che gira e non sente»:

Per amico, sei fratello a vederti…
Sorriso e gesto senza parole:
e non ci sono incontri
né momenti al sentire
di quest’anima appartenere…
Sei amico con l’andatura
sicura dei gesti posati
al mondo che gira e non sente,
domato inferno sopra le linee,
dolci colline schiarite orizzonti…
E la tua parola migliore?
questo silenzio dosato esempio,
occhio al lungo guardare
cenno stoico possibile
in nuce del fare.

L’amico, anche se non parla, si riconosce dall’andatura e, forse, la sua parola migliore è proprio il silenzio, in un mondo che, appunto, quasi leopardianamente, gira e non sente, come una Natura matrigna alla quale proprio nulla importa dei piccoli esseri umani. E se il mondo, allora, diventa un «domato inferno sopra le linee», è necessaria la presenza silenziosa e confortevole di un amico al proprio fianco. Ed è un «amico di ogni treno preso / al caso dei giorni…», come leggiamo nella poesia successiva, in cui vi è la presenza di un «salotto triste», di «partenze segnate», fra «pensieri di facce / comuni nel viaggio». Il viaggio, infatti, è un’immagine ricorrente in questa nuova silloge di Ariemma: si tratta sia di un viaggio reale, articolato in una fisicità rivestita di difficoltà e di stanchezze quotidiane, sia di un viaggio poetico e interiore, cadenzato da parole veloci e sinuose che rapide si spostano nella mente e nel cuore del lettore.

La caratteristica più importante di questa nuova raccolta di Ariemma, allora, è la presenza, in essa, della vita reale, quella di tutti i giorni. Con maestria, il poeta la sublima, la rende forse più pura, ma la realtà non appare per niente edulcorata. È la quotidianità anche più trita, anche quella più stancamente ripetitiva, a pulsare nel racconto poetico di Ariemma. Tale realtà quotidiana corre veloce come i versi e si fa canto e parola, narrazione orale e visione: una potenza visiva che emerge per mezzo della giustapposizione di parole, le quali si trasformano in tanti flash repentini. Ad esempio, si può ricordare questo verso di un componimento della stessa sezione Amico: «ori perduti, perù abbagliati / sole al duomo orvieto» in cui i nomi propri di luoghi vengono riportati con l’iniziale minuscola, come se, appunto, quei nomi propri fossero oggettivizzati e inseriti in una macina quotidiana intrisa di realtà. L’oggettivizzazione di un nome proprio si incontra anche in una poesia successiva, appartenente alla sezione Mancati noi, in cui «Pound» diventa «pound» («impastato bene come diceva il pound / inizi le danze ai compratori»).

Gli spazi in cui si srotolano le amicizie narrate da Ariemma sono spogli, malinconici e venati di una quotidianità silenziosa che diviene tenue sussurro nel canto poetico. Pensiamo ai versi iniziali di una poesia della sezione Desinenze: «L’inizio è di terra / ora spazio non lastricato / nelle linee, quadrato / rimasto foglie e radici / come pelle ai vestiti / del vivere cuore che batte / più di amore, amicizia»; e quest’ultima si inerpica in una spazialità dimessa, segnata da una «parete grigia incollata malta casuale, / gettata, mai levigata al pavimento / di uno spazio dove contano profondità / e parole, anzi silenzi e gesti / come ai nove anni legando una calamita».

Eppure, all’interno di questa quotidianità venata di intarsi duri e malinconici si eleva, insieme al canto poetico, una specie di grande «dio terreno» che «incombe masse d’acque / più vicino del buio universo le sue luci». È il mare, che assume la valenza di una fantasmatica e immaginifica divinità arcaica che, col suo movimento perpetuo, sembra accarezzare e addolcire la spenta quotidianità dell’esistenza. Il mare è magico come il canto poetico, è carezza silenziosa per l’amicizia immersa nella macina della realtà: «Il mare parla per ognuno di noi, / bagna la terra dal silenzio marinaio / su queste case stese al colore di barche». Il mare, nel canto poetico di Ariemma, è buio e silenzio ma è anche luce e armonia per lo srotolarsi dell’amicizia e dell’affetto lungo le linee scoscese di un’esistenza intrisa della più profonda e autentica realtà: «La persa armonia dei tanti al dimenticare / perpetuo tutto non è tua amico mio». Come il mare, i versi di questa nuova raccolta del poeta ci abbracciano e ci avvolgono, ci accarezzano e ci cullano in un sinuoso incanto.

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