di Walter Catalano

Parimenti di alto valore letterario è un altro dei più feroci noir di Héléna, scritto in collaborazione con una giovane amica – Simone Sauvage – e originato dalla sceneggiatura per un film del 1955, che ovviamente non venne mai realizzato: Permesso di soggiorno (Interdit de séjour), in cui viene descritta la distruzione morale e materiale di un uomo, Simon, che per amore di una prostituta viene – del tutto innocente – implicato in una rapina e incarcerato. Il conseguente divieto di soggiorno che gli impedisce la residenza a Parigi lo metterà alla mercé della polizia, e lo costringerà ad abbassarsi al rango di informatore. Senza essere cattivo Simon, prigioniero degli eventi, diventerà un delatore e andrà consapevolmente incontro alla fine che meritano i traditori. Il destino, la tragedia, il cieco concatenarsi di cause ed effetti, l’ennesimo meccanismo kafkiano di una legge ingiusta che sempre stritola il debole, precipitano passo dopo passo, la vittima nell’inevitabile abisso.

Decisamente non a questo stesso livello ma segnato ugualmente dal peso greve della ruota di Ananke è Il bacio della Vedova (Le Baiser à la veuve) del 1953. “Baciare la vedova”, nel gergo della mala, significa mettere il collo sulla ghigliottina: la parte forse più suggestiva del libro è infatti proprio la descrizione iniziale dei preliminari dell’esecuzione. Il libro comincia dall’epilogo della vicenda: l’esecuzione di Maxence, il protagonista; in flashback seguiamo poi la tortuosa traiettoria che conduce la vittima designata a incontrare la Vedova. Il fato ineluttabile, una serie di circostanze imprevedibili, una catena di azioni e reazioni, spinge tutti i personaggi verso il compimento del loro destino: anche i passi del povero Maxence, sono segnati, e uno dopo l’altro, lo conducono senza via di scampo in una sola direzione: verso il bacio della Vedova.

Altro bell’esempio dei noir esistenziali/sociologici di Héléna è Il ricettatore (Le Fourgue) del 1953, questa volta nella sua ampia galleria di personaggi della mala – ora sordidi, ora disperati, vittime e carnefici insieme – fa ingresso la figura di un ricettatore; Monsieur Bernard, un ricettatore sui generis – apparentemente uomo banale e insospettabile – che non esita però a trasformarsi in assassino e a dimostrare un’astuzia e un sangue freddo insolito per la sua grigia categoria criminale. Anche il personaggio più negativo trova, come sempre nel migliore Héléna, se non giustificazioni ai suoi delitti, almeno una qualche comprensione: Bernard si chiama in realtà Cohen, scopriremo nel concitato finale, perfino una creatura tanto squallida ha qualche remota ragione in mezzo a tanti terribili torti.

Gli efficaci scenari spagnoli, ben poco folkloristici, sono un’altra caratteristica tipica di Hèléna, la ritroviamo in Viva la muerte ! (J’aurai la peau de Salvador) del 1949, dove probabilmente lo scrittore attinge anche a ricordi personali: una storia ambientata subito dopo la fine della Guerra Civile e la vittoria di Franco,  in cui un giovane malvivente si unisce ai guerriglieri repubblicani e anarchici che sulle montagne asturiane o sul confine basco non hanno deposto le armi e continuano la lotta antifascista. Più che i motivi ideologici, come di consueto in Héléna, sono i motivi personali che spingono, almeno all’inizio, il protagonista a schierarsi: l’odio mortale per un ex complice – Salvador – che gli ha sottratto sia il malloppo di una rapina che la donna amata, e che è divenuto un caporione dei falangisti.

Simile è l’ambientazione di Massacro all’anisette (Massacres à l’anisette) del 1955, duello all’ultimo sangue tra due bande criminali che si contendono una partita di cocaina fra i vicoli del Barrio Chino di Barcellona, e analogo antieroe è il protagonista di Vita dura per le canaglie (Les Héros s’en foutent) e del suo seguito, Il festival dei cadaveri (Le Festival des macchabées) del 1951, più romanzi picareschi che noir, un susseguirsi di inseguimenti, sparatorie, fughe rocambolesche attraverso la Francia occupata dai nazisti. Il classico protagonista di Hélena – un piccolo delinquente che le circostanze avverse hanno trasformato in assassino – dopo essersi messo contro la Gestapo per un delitto passionale (ha ucciso per gelosia la fidanzata, che lo ha tradito con un tedesco, insieme all’amante e ad un altro tedesco sopraggiunto in aiuto del camerata) è costretto a nascondersi e fuggire dai nazisti come dalla polizia francese, a diventare un sicario per conto della Resistenza e, infine, a trasformarsi in un disincantato ma sincero patriota (non certo per nazionalismo, ma per avversione contro la prepotenza e la sopraffazione). Il secondo romanzo è il seguito delle avventure di Maurice Debar, un po’ delinquente, un po’ patriota, perennemente in fuga dalla Gestapo e dalla Milizia fascista francese. Ancora missioni da brivido ed evasioni funamboliche,  insieme all’amico catalano Bams dalla navaja facile. Questa volta lo seguiremo fino ad un inquieto, torbido e assai poco rassicurante dopoguerra.

Stesso scenario di desolante dopoguerra in  La Vittima (La Victime) del 1953: ancora scontri fra bande di malavitosi, traffici illeciti, partite d’oppio, un commissario corrotto e spietato, e come sempre, la vittima designata: Edgar, un ladruncolo da due soldi, un perdente e un perfetto capro espiatorio. Fra i romanzi tradotti in italiano resta da ricordare ancora Le Demi-sel,  da noi Un uomo qualunque, del 1952, quintessenza del noir, disperato e catastrofico nella trama segnata dal caos, dal caso, dall’ineluttabile destino di tragedia che avvolge tutto; nella scrittura secca e cattiva, piena di parolacce e di argot del milieu; nei personaggi: ladri, assassini, magnaccia, poliziotti violenti, puttane o ragazze traviate; persone sole, rose dall’angoscia e dall’alcol, burattini mossi dagli istinti più oscuri; sparatorie a ogni capitolo, tonnellate di morti ammazzati, sesso facile e sordido; finale, nel segno del più cupo non senso, senza alcun riscatto o redenzione per nessuno.

Solo una citazione in chiusura invece per l’ultimo volume rimasto della bibliografia italiana: I viaggiatori del venerdì (Le Voyageur du vendredi) del 1958, che è invece un mystery d’indagine divertente ma piuttosto leggerino, e che pertanto esula dal nostro percorso. Resta ancora molto da scoprire nella sconfinata produzione del Prince noir, e non solo nell’ambito del noir: speriamo che altri editori, come ha pionieristicamente tentato, purtroppo senza fortuna, Aisara, se ne facciano carico.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE CONSULTATA:

 

    Il gusto del sangue, Aìsara (2008)

I viaggiatori del venerdì, Aìsara (2008)

Un uomo qualunque, Fanucci (2008)

I clienti del Central Hotel, Aìsara (2009)

Il buon Dio se ne frega, Aìsara (2009)

La vittima, Fanucci (2009)

Il ricettatore, Aìsara (2009)

Gli sbirri hanno sempre ragione, Aìsara (2009)

Divieto di soggiorno, (con Simone Sauvage), Aìsara (2010)

Vita dura per le canaglie, Aìsara (2010)

Il festival dei cadaveri, Aìsara (2011)

    Il bacio della Vedova, Aìsara (2011)

Massacro all’anisette, Aìsara (2011)

    Viva la muerte!, Aìsara (2012)