di Danilo Arona

BodySnatcher

Presumo conosciate tutti il preambolo “clinico” de La metà oscura di Stephen King, quando al dodicenne Thad Beaumont, futuro scrittore di successo, viene scoperto e asportato, dal lobo prefrontale, un teratoma fetale contenente le tracce del gemello mai nato. Ossia, quell’orrido Stark che andrà a “rinascere” in una delle più efficaci metafore divenute “materia vivente” della letteratura horror moderna.  Fetus in feto, cannibalismo in utero, vanishing twin o gemello fantasma nonché riassorbito: i tentativi di definizione non difettano, ma come sottolinea il dottor Pritchard nel romanzo, «chiamalo come ti pare, fatto sta che succede abbastanza spesso». E non tutto di quel che capita potrebbe riguardare in esclusiva la medicina ufficiale.

Facciamo un po’ d’ordine. “Teratoma” è terminologia che deriva dal greco “Teras”, che significa “mostro” e “onkoma”, che vuol dire “gonfiore”, ma a dispetto di ciò, esistono casi in cui la sua presenza non è esteriormente ravvisabile. Riferito alla fenomenologia del feto fantasma – per quanto sino a non molto tempo fa si pensasse di muoversi in territori ai confini della razionalità -, il termine fa riferimento ai casi limite in cui il feto non sparisce, ma invece, per capirci, “si nasconde”. Con il termine inglese “vanishing twin“, si tende oggi a classificare la casistica medica in cui durante una normale gravidanza, poco dopo il terzo mese di gestazione, il feto sembra sparire inspiegabilmente, da cui la più ampia definizione di “Fenomeno dei Feti Fantasma”. Tale sparizione sembra essere il più delle volte immediata, prevalentemente nell’arco di una nottata ma anche nel giro di pochi giorni, quanto inconcepibile anche per la stessa medicina. Il Dr. Kurt Benirschke, noto professore di patologia medica e riproduttiva, ha affermato che all’avvento di strumentazioni come l’ecografia, gli ultrasuoni e la risonanza magnetica le prove tangibili riguardanti il fenomeno dei feti fantasma sono diventate un serio argomento scientifico, oltre che materia ben documentata dalla medicina. 

La prima volta che la sindrome venne descritta in letteratura fu nel 1945 da parte di Walter Stoeckel che la illustrò come una “gestazione multifetale in cui si ha successivamente la scomparsa di uno o più feti”, mentre fu solo nel 1989 che Elizabeth Noble coniò il termine “fenomeno dei feti fantasma”. Una definizione cosi particolare venne creata perché questa ricercatrice, dopo alcuni anni spesi nell’analisi di parti gemellari, notò che il 4% delle gravidanze da lei studiate presentavano un feto gemello che misteriosamente moriva o scompariva verso il terzo mese di maternità, senza lasciare traccia all’interno dell’utero. Si evince da tali definizioni come questo fenomeno sia generalmente associato a parti gemellari, almeno da quanto è stato per ora documentato.

In verità è assodato che il problema fosse presente già nel mondo antico. Infatti, qualche tempo fa, una spedizione archeologica ha ritrovato in una necropoli spagnola in Catalogna i resti di una donna romana, morta in giovane età circa 1600 anni fa, che presentava un tumore calcificato al bacino, con un osso e quattro denti deformati incorporati nell’interno. Due dei denti erano ancora attaccati alla parete di quello che agli occhi degli archeologi pareva un tumore, ma per la precisione era un teratoma ovarico di circa 44 millimetri di diametro nel punto più grande, generato da cellule germinali in grado di formare ovuli umani e di creare capelli, denti, ossa e altre strutture. Difficile a dirsi, dato il tipo di reperto,  se questo fosse o meno collegato a un pregresso fenomeno di vanishing twin.

Per quanto riguarda l’eziologia della sindrome sono state infatti avanzate diverse ipotesi che in qualche modo tendono ragionevolmente a chiarire come tale sparizione possa verificarsi. Prevalentemente si tende a parlare di “riassorbimento del feto”  sia da parte dell’altro embrione sia da parte dell’utero stesso, come anche della formazione di un “fetus papyraceus” ovvero della “mummificazione” del feto a livello uterino.  Secondo altre  teorie più recenti gli embrioni potrebbero essere anche assimilati dalla membrana della placenta, risolvendo così al mistero della mancanza di un “corpo del reato”. Tale spiegazione non sembra però così esaustiva  soprattutto se si considera che in diversi casi presenti in letteratura i feti scompaiono in maniera talmente repentina da non poter assolutamente giustificare un assorbimento così rapido.

Il termine vanishing twin (alla lettera “gemello evanescente”, ma noi diremmo meglio “fantasma”) è stato proposto e coniato durante il 3° congresso internazionale di gemellologia svoltosi a Gerusalemme nel 1980 e va riferito a gravidanze in cui all’inizio viene trovata una sacca gemellare o un’altra inequivocabile prova di gravidanza gemellare, ma in seguito qualsiasi traccia di uno dei gemelli scompare. Questo accade quando uno dei gemelli muore prima dei tre mesi di gravidanza. Ecco perché molti ginecologi avvertono le donne alle quali è stata diagnosticata una gravidanza gemellare che i gemelli potrebbero non superare il primo trimestre. Il diffondersi dell’ecografia in epoca precoce ha permesso di accertare che quasi il 50% delle gravidanze gemellari possono spontaneamente tramutarsi in singole a seguito del riassorbimento di un embrione da parte della placenta o dell’altro co-gemello. Uno degli esempi più strani del gemello che svanisce  è il cannibalismo gemellare nel quale il gemello che sopravvive letteralmente ingerisce o assorbe i resti del co-gemello morto nell’utero. Ed è il caso dell’immaginario Thad Beaumont, nel cui lobo prefrontale giace il teratoma, composto di frammenti di capelli o denti e persino un occhio, che svela  la presenza del gemello scomparso. Sono anche stati rilevati casi di “feto nel feto”: Lawrence Wrigth –  in Gemelli edito dalla Garzanti – cita una vicenda del 1949, riguardante una neonata di Filadelfia dal cui cervello furono estratti ben cinque feti.

Un recente studio inglese, condotto da Peter Pharoah dell’Università di Liverpool, ha analizzato il numero delle nascite registrate in una regione del Nord dell’Inghilterra tra il 1998 e il 2004. Questo studio risulta essere il più completo di tutti quelli effettuati in passato perché ha utilizzato protocolli per il monitoraggio delle gravidanze già a partire da poche settimane. Inoltre, sono stati registrati più dati gestazionali e il battito cardiaco come i possibili sintomi di una gravidanza multipla. Questo studio è importante al di là dell’aneddotica perché dimostrerebbe che i bambini che hanno condiviso il grembo materno con un “fratello fantasma” hanno un rischio quadruplicato di soffrire di un’anomalia, una malattia o una malformazione congenita. Dei 138 bambini che avevano un “gemello fantasma” nelle prime settimane di gravidanza, 11 hanno sofferto in seguito di qualche malformazione. In passato era già noto che la perdita di uno dei due bambini alla sedicesima settimana di gravidanza può  nuocere alla salute del bambino sopravvissuto: un aumento del rischio di paralisi cerebrale o di altre disabilità e addirittura un aumento di morte prematura. Lo studio di Pharoah ha compiuto un ulteriore passo in avanti e ha dimostrato che, quando uno dei due gemelli scompare durante le prime settimane di gravidanza, anche prima di essere identificato, i rischi per la salute del bambino nato vivo sono alti. Rispetto ai figli che si sono sviluppati da soli nel grembo materno, il tasso di malformazioni tra i gemelli è maggiore di 1,6 volte. Il tasso di malformazione è invece di 2,4 volte superiore nei bambini che hanno condiviso il grembo materno con un “gemello scomparso”. Secondo i ricercatori, quando la perdita si verifica in fase embrionale, l’impatto è maggiore a causa dell’immaturità dell’embrione. In generale, la maggior parte delle malformazioni si generano tra gemelli identici, cioè monozigoti dove l’ovulo fecondato si divide a metà con due embrioni.

Non è improprio domandarsi se le anomalie che toccherebbero al “sopravvissuto” possano essere non solo di carattere fisico, ma possano riguardare anche altre sfere e dimensioni. Discipline come la psicanalisi o la parapsicologia, laddove, fantasma privato o esogeno, si possa giungere a ipotizzare che l’ombra del fratello abortito continui in qualche modo a esercitare la sua influenza su quello vivente, come un invisibile parassita. Il già citato King ha elaborato a suo modo il concetto, ma anche un grandissimo autore come Philip K. Dick in Cronache del dopobomba ha raccontato il caso di una bambina  colpita all’apparenza dalla sindrome dell’amico immaginario. Si scoprirà invece che essa, mutante a causa di radiazioni subite, ospita invece all’interno del proprio corpo il fratello, tra l’altro in lentissima ma inesorabile crescita. Senza dimenticare il gemello “allucinato” nell’indimenticabile Chi è l’altro?, di Thomas Tryon, che ha dato vita a uno splendida riduzione filmica di Robert Mulligan. Una materia che ha coinvolto pure qualche altro film poco noto come Vanishing Twin del coreano Tae-yeong Yun del 2000 e H2odio di Alex Infascelli del 2006.

Ma l’ipotesi della “Metà Oscura” è in grado di travalicare nel reale. Lo psicologo Alfred R. Austermann nel suo libro La sindrome del gemello scomparso (Amrita, 2010), sostiene che la psicologia prenatale ha scoperto che il feto, persino allo stato embrionale, soffre enormemente per questo lutto così precoce, che, per milioni di persone, sarà per tutta la vita la causa di struggimento, di  malessere profondo, talvolta di grande aggressività e irrequietezza, o addirittura di un senso di colpa per essere al mondo e di un desiderio di morte. Dalla sindrome si può guarire solo se prima la si riconosce. Ma Austermann ne è convinto:  una persona su dieci potrebbe essere un gemello sopravvissuto all’oscuro di esserlo e non sapere per questo da dove proviene il suo male di vivere.

Negli archivi della psicologia analitica francese è ancora famoso il caso del giovane Alexander che, fra incubi e allucinazioni, sosteneva che un gemello, un Altro Speculare tal identico a lui, gli appariva quasi sempre tra il sonno e la veglia per presagirgli fatti che gli sarebbero accaduti in futuro,

non disdegnando suggerimenti sui comportamenti da tenere nelle varie eventualità. Quell’altro si presentava come “Pier” e Alexander, ovviamente, ne usciva più terrorizzato che rassicurato. Solo poco prima della prematura morte della madre, Alexander scoprì di essere un gemello e che il suo fratellino era morto nel ventre della donna, senza che lei potesse rendersene conto sino al momento del parto. Il dato incredibile è che la donna avrebbe voluto chiamare il figlio “Pier” invece che “Alexander”, nome che s’impose per le insistenze del marito. Quando Alexander superò l’età puberale, le apparizioni dell’Altro cessarono. Ancora: in America, per la precisione, a Cincinnati una donna di 22 anni, Kiera Echols, manifestò nel 2010 una serie di sintomi giudicati “psicotici” che provocavano svenimenti e allucinazioni. La descrizione di queste ultime è quanto mai interessante: Kiera sosteneva che nella sua camera da letto entravano e uscivano dei bambini spaventosi, quindi diceva di essere in travaglio pre-parto; a un certo punto, chiese l’intervento di un esorcista perché sentiva che dentro di lei c’era un demone; e infine si scatenava in episodi di violenza nei confronti dei suoi famigliari. Un’accurata analisi clinica stabilì che Kiera aveva sviluppato un’encefalite, una sorta di reazione immunitaria alla presenza di un teratoma che stava crescendo nell’ovaia sinistra. In pratica, come dichiararono i medici, “l’organismo di Kiera riconobbe il teratoma come un invasore e sviluppò anticorpi contro di lui, proprio come avrebbe sviluppato anticorpi contro il virus del raffreddore, anticorpi che attaccarono sostanze neurochimiche nel cervello, provocando l’encefalite e le allucinazioni.”

Tra i casi più recenti e curiosi degli ultimi anni è impossibile non annotare quello del ciclista statunitense Tyler Hamilton, accusato di doping dopo che un prelievo ha rilevato nel suo sangue tracce del sangue di un’altra persona, e che ha dato la colpa di tutto ciò al suo gemello scomparso. La giuria sportiva sostenne che Hamilton intendeva darla a bere, ma alcuni scienziati gli diedero ragione. All’incredibile vicenda, che risale al 2005, diede molto risalto il New York Times. Hamilton, sospettato di ricorrere a trasfusioni di sangue per aumentare l’apporto di ossigeno fornito dal suo sangue e migliorare così le  performance, si prese  una squalifica di due anni, che l’avrebbe poi portato alla fine piuttosto ingloriosa della sua carriera. Il ciclista sostenne che non si trattava di doping, ma delle tracce ematiche lasciate dal fratello gemello morto in utero, tracce attive in vita e responsabili della produzione di sangue apparentemente non appartenente all’organismo di Hamilton. La giuria sportiva incaricata di decidere sul caso non diede credito a questa tesi difensiva e squalificò il ciclista , sostenendo che l’evidenza scientifica era contro Hamilton. In realtà esiste un fenomeno detto chimerismo che consiste in effetti nella coesistenza di cellule di due individui diversi in un unico paziente, e una delle possibili cause è proprio la scomparsa di un gemello in utero. Helain Landy della Georgetown University intervenne, ricordando che il 20-30 per cento delle gravidanze che iniziano come gemellari finiscono come singole, e uno dei due feti gemelli viene riassorbito dalla madre durante le prime settimane di gestazione. Altre ricerche nel campo hanno dimostrato che prima che questi feti vengano riassorbiti, alcune cellule migrano nel feto sopravvissuto e rimangono al suo interno per tutta la vita. Alcune di queste cellule possono essere cellule staminali del midollo osseo, capaci di generare cellule ematiche. Un altro possibile percorso del chimerismo risiede nello scambio ematico tra madre e feto. Ann Reed, reumatologa della Mayo Clinic, utilizzando un test del DNA, ha scoperto che una percentuale tra il 50 ed il 70 per cento della popolazione sana presenta chimerismo: più gli scienziati affinano i metodi di ricerca, più i risultati sembrano confermare la grande diffusione del fenomeno. «Se cerchi abbastanza a lungo puoi trovare chimerismo in chiunque», afferma la Reed.

E ancora risale 2003, il caso del bambino di 7 anni, Alamjan Nematilaev, in Kazakistan, nel cui ventre – un po’ come nel romanzo di King, anche se in circostanze e zone fisiche diverse – iniziò a crescere in modo anormale un feto parassita, ovvero il suo gemello morto e “nascosto” dentro di lui per tutti quegli anni. All’improvviso al ragazzino iniziò a crescere smisuratamente la pancia e i medici interpellati non poterono far altro che constatare lo “stato interessante” del piccolo, con il feto che aveva cominciato a “ricrescere” forse a causa dell’alto livello radioattivo della zona.

Casi del genere si stanno moltiplicando. Arrivano sempre più spesso notizie simili dalla Cina,dal Nepal e dall’America Latina e da altre zone del mondo. E quel che più riguarda il Reame della Luce Oscura dovrebbe essere la ricaduta parassitaria del Teratoma sulla capacità percettiva del portatore. Il caso di Kiera Echols si propone come un laboratorio esemplare, perché tra i sintomi annotiamo allucinazioni demoniache e la sensazione di “sentirsi posseduta”. Chiamiamola pure “reazione del sistema immunitario psichico”, ma non possiamo escludere che un teratoma, parassita del corpo fisico, non coinvolga anche nei suoi effetti difficilmente interpretabili anche il corrispettivo “corpo sottile”. Una rara patologia medica può così arrivare a sconfinare nel leggendario.