di Franco Ricciardiello

Han_han.jpgA differenza del Cinema, che richiede capitali e distribuzione, la scrittura in teoria è accessibile a chiunque. Se questa osservazione fosse vera in senso assoluto, sugli scaffali delle librerie troveremmo una scelta contenuta di autori americani e una grande quantità di internazionali, anche scrittori di paesi emergenti — e questo rispetterebbe l’effettiva proporzione di letteratura prodotta nel mondo.
In realtà non è così, e non per presunti ostacoli linguistici dal momento che in Italia esistono ottimi traduttori da qualsiasi lingua. Tra l’altro, il fenomeno è ancora più accentuato che nel resto d’Europa, basta entrare in qualsiasi libreria francese o tedesca per verificare quanto la narrativa di lingua anglosassone sia ridimensionata rispetto all’Italia.

Ancora una volta si tratta di una questione di colonizzazione culturale, di modelli imposti dall’industria dell’entertainment: lo standard degli autori USA diventa l’unica “forma” che i lettori riescono a apprezzare, e gli autori che se ne discostano rischiano l’oblio. E questo è davvero un peccato, perché a sfogliare la recente produzione dei paesi emergenti si trovano grandi autori in grado di competere con qualsiasi standard occidentale, generi letterari che variano dal recupero della narrativa autoctona e tradizionale fino al post-moderno, e soprattutto una capacità di ‘fabula’ che le letterature dei paesi industriali hanno smarrito dei meandri di un’interpretazione errata della “morte del romanzo” decretata nel XX secolo.
Per fortuna anche in Italia comincia a diffondersi il gusto per una letteratura diversa, una richiesta di narrativa internazionale anche filologicamente corretta, senza ritradurre da altre traduzioni ma direttamente dalla lingua d’origine. La casa editrice Metropoli d’Asia, che vanta per ora un catalogo di oltre 20 pubblicazioni, si concentra sulla letteratura di una parte del continente asiatico: Cina e dintorni, il subcontinente indiano e il sudest. È inevitabile che alcuni paesi siano più avvantaggiati di altri: la classe intellettuale indiana, di solito di tradizione brahmana, è spesso anglofona, di conseguenza sono disponibili più traduttori e l’eventuale pubblicazione negli Usa o in Gran Bretagna può servire da lancio internazionale. La scelta di Metropoli d’Asia è però quella di pubblicare autori che vivono nei paesi d’origine; infatti una parte considerevole delle edizioni occidentali proviene da scrittori espatriati: cinesi emigrati, di solito per ragioni politiche, o indiani che percorrono un iter formativo nelle università inglesi o americane.
Un aspetto estremamente interessante della politica editoriale di Metropoli d’Asia, che la differenzia da qualsiasi altro programma di pubblicazione, è la scelta esplicita di romanzi ambientati in prevalenza nelle aree urbane: “autori legati a un luogo, con il quale hanno una contiguità fisica, materiale, perché ne battono le strade e i quartieri e hanno relazioni dirette con gli abitanti.” Per un continente in vigorosa crescita economica e rapida urbanizzazione, significa seguire da vicino le trasformazioni della modernità. Un’occhiata al catalogo è sufficiente: spicca tra tutti Hán Hán, il fenomeno blogger del web cinese, 450 milioni di contatti l’anno; sono già all’attivo due traduzioni, il romanzo d’esordio “Le tre porte” (2000) che racconta di un giovane in bilico tra cultura tradizionale, esigenze di libertà e rifiuto della società occidentale, letto in questo decennio da milioni di cinesi. La seconda pubblicazione è il recente “Verso nord UnoNoveOttoOtto”, un viaggio di formazione attraverso il continente-nazione, al tempo stesso disilluso e sentimentale. Malgrado un famoso dissidente come Ài Wèiwèi lo abbia criticato per eccessiva timidezza nei confronti del governo; come si legge nella biografia della casa editrice, Hán Hán è oggi “uno degli intellettuali più influenti della Cina contemporanea: un anomalo non-dissidente capace di fustigare l’establishment come nessuno prima di lui.”
L’altra grande letteratura al centro dell’attenzione di Metropoli d’Asia è il subcontinente indiano. L’anglofona Eunice de Souza, influente nel mondo universitario di Bombay, è autrice di “Dangerlok”. Il giornalista Indrajit Hazra pubblica un’interessante incursione nel post-moderno con “Il giardino delle delizie terrene” (2003), un titolo tratto da Hyeronimus Bosch per un’avventura in bilico tra Praga e la tradizione narrativa indiana. La giovane Shazia Omar, del Bangladesh, ha una storia personale che è già un romanzo di per sé, dato che lavorava in una delle torri del WTO distrutte l’11 settembre del 2001 dall’attentato terroristico. Decisa a cambiare vita, dopo un’esperienza di assistenza a tossicodipendenti a Bombay diventa responsabile di una filiale della Banca Mondiale nella sua patria. Il romanzo pubblicato da Metropoli d’Asia si intitola “Come un diamante nel cielo”. Il docente universitario R.Raj Rao, attivista per i diritti civili degli omosessuali, ha due titoli pubblicati presso la casa editrice italiana. Un’altra giovane giornalista che ha collaborato anche con Marie Claire edizione italiana, Annie Zaidi, è presente nel catalogo con un ottimo réportage sui dacoit, i fuorilegge dell’hindustan, condotto sul posto, che dice parecchio anche sulla condizione di sfruttamento politico delle masse negli Stati rurali dell’India federale.
Una vera chicca sono invece gli autori indonesiani, praticamente ignorati in Italia (a memoria, ricordo solo il comunista Pramudya Ananta Tur pubblicato da Il Saggiatore); Metropoli d’Asia traduce due donne. Ayu Utami, che dopo la vittoria a un concorso di bellezza invece di seguire la carriera di modella si dedica al lavoro culturale contro la censura; il suo romanzo si intitola “Le donne di Saman” e racconta di una presa di coscienza femminile nell’Indonesia della dittatura. La seconda autrice è Nukila Amal, nativa delle isole Molucche che vive a Jakarta, con il romanzo “Il drago Cala Ibi” racconta una storia di crescita personale sul contrato tra la religione primitiva dell’Asia e la fede musulmana.
Il catalogo continua con un’interessante selezione di autori provenienti anche da Malesia e Thailandia. Scrive il fondatore di Metropoli d’Asia Andrea Berrini, che trascorre buona parte del suo tempo nel continente oggetto della sua attenzione culturale: “Stiamo anche esplorando possibili forme di cooperazione in loco, lavorando a stretto contatto con gli scrittori, le agenzie, le riviste e i circuiti letterari. Non vogliamo limitarci a raccogliere le proposte dell’industria editoriale globale, ma intendiamo essere attivi nel dibattito culturale, costruendo relazioni dirette con gli autori e le organizzazioni locali e partecipando con nostri eventi ai festival letterari. Per questo stiamo costruendo delle partnership nei paesi asiatici, che ci consentano di fare nostro il punto di vista di chi ci vive.” Last but not least, voglio spendere due righe a proposito delle copertine: moderne, accattivanti, per nulla indulgenti con lo stereotipo di un continente eternamente in via di sviluppo, sono lo specchio esteriore di un impegno e di un amore degli editori che spero sia ricambiato dal pubblico.