di Redazione

sbancor.jpgE’ l’anniversario del ritrovamento del corpo di Sbancor, uno dei collaboratori più amati di Carmilla, uno dei maestri che sentiamo mancarci maggiormente. Il 30 aprile dell’anno scorso, in mattinata, apprendevamo attoniti della morte fisica di una delle menti più potenti del Web e della carta italiani per profondità di analisi, generosità politica e, in primis, spessore umano.
La perdita è risultata di non poco conto. Mancano le anticipazioni – quasi profetiche – in termini di economia globale, geopolitica, futuro che si realizza. Mancano gli interventi di autentica critica letteraria. Manca il sarcasmo ridanciano e l’ironia finissima sulla drammatica pochezza, immediatamente convertita in tragedia sociale, della politica nazionale. Mancano i romanzi e i saggi. Manca proprio lui, Sbancor. Non è rimpiazzabile.
Col tempo, tuttavia, si misura la durata di un’attività culturale: l’anima che si è mossa, se si è mossa davvero, ha mosso, e irreversibilmente. E così ciò che Sbancor ha pubblicato continua a parlare – sociologicamente, ma non soltanto. Poiché c’è da chiedersi se, nella sua analisi assoluta, non ci sia letteratura autentica: un nucleo che preserva il discorso dal trascorrere del tempo, poiché quel discorso implica una continua apertura. Pare che come Sbancor si è impegnato puntigliosamente a vedere la storia fattasi e quella che si sarebbe fatta, così la storia del nostro tempo si sia adoperata con il medesimo puntiglio a verificare le visuali e le visioni di questo che, incontrovertibilmente, si configura come uno degli scrittori dei nostri anni – tale non per motivi stilistici, ma per ragioni più profonde.

Se rilette a posteriori, le sue indagini, effettuate come anatomopatologie sul corpo di una società non morente, bensì già morta, e con tanto di consegna precisa della diagnosi (decesso per virus occidentale), sono più attuali che mai. Questo le configura come emblemi significativi, punti di condensazione del senso, canali di fuoriuscita dallo storico in vista sempre di una possibilità alternativa. Uno strano anatomopatologo, quello che seziona per affermare che esiste vita al di là della patologia che ha decretato lo sfaldarsi di un organismo.
Altrettanto emblematicamente, e per non scadere nell’enfasi (uno dei vizi più fustigati dal moralista Sbancor – ma anche qui: un moralista amorale), riteniamo opportuno proporre un suo intervento che Carmilla pubblicò 21 giorni prima che la sua presenza fisica si sottraesse definitivamente. Si legga attentamente non soltanto la fenomenologia che Sbancor allestisce e che immediatamente ridicolizza tutti i ricettari economici che con spettacolare rassicurazioni vengono propinati da figuri e organi preposti a combattere la crisi oggi. Si legga anche l’implicito: cioè il versus dell’analisi, ovvero l’apparentemente occultata proposta costruttiva, che è ben percepibile, così come in poesia le parole permettono di percepire il silenzio.
Prima di riascoltare la voce e la mente di Sbancor, una segnalazione per noi importante. A Roma, lunedì 4 maggio alle ore 19.30, presso il Nuovo Teatro Colosseo (via Capo D’Africa 29/A – qui la mappa), verrà recitato, danzato e musicato un testo di Sbancor (che appare con il suo nome proprio: Franco Lattanzi): Coreografia di inizio millennio (con Alberto Di Stasio, Raffaella Mattioli, Marta De Ioanna, Elisabetta Minatoli, Aurora Pica, Daniela Persichini ; coreografia e danze di Gloria Pomardi; disegno luci di Jan Lukas; musiche di G. Verdi, H. Wessel, Hijos del Pueblo, P. Seeger, B. Dylan, G. Bregovic, A. Celletti – ingresso con contributo volontario per coprire le spese dell’evento).
Invitiamo di cuore tutti gli amici di Carmilla e i lettori di Sbancor a recarsi allo spettacolo.

VAMPIRISMO GEOECONOMICO
di Sbancor

Duckula.jpgSulla scrivania ho tre schermi. Due sono di Bloomberg, il sindaco di New York. Uno manda in continuazione notizie dal mondo, l’altro disegna grafici su qualsiasi mercato, titolo, obbligazione o maledetta carta straccia “subprime” tu abbia in animo di analizzare e nel caso acquistare. Ma adesso non è proprio il caso.
Tenersi liquidi: questa è la parola d’ordine. Comprare, oggi non compra quasi nessuno.
Tranne i Sovereign Wealth Funds, dove vengono riciclati i petrodollari russi e arabi oppure i surplus commerciali del Far East.
Sull’altro schermo ho Google Earth. Sulla scrivania due libri.
E’ tutto ciò che mi ha accompagnato in questi mesi di depressione.
Qualcuno di voi potrebbe chiedersi cosa c’entrano i computer con i libri e perché stanno tutti sulla mia scrivania. Domanda stupida. Stanno sulla mia scrivania perché fino a un po’ di tempo fa sono stato troppo depresso per spostarli. Ma questa è una risposta stupida quanto la domanda. In realtà libri e computer descrivono la realtà. Ciò che sta succedendo ora, adesso. E le conclusioni che ne traggo non mi tranquillizzano. Anzi.

Sugli schermi vedo innanzitutto la crisi economica. Non sarà la prima e molto probabilmente neanche l’ultima. Eppure guardiamo le Borse mondiali. Dall’inizio dell’anno Shanghai ha perso il 31,96, Francoforte il 18,99 Tokyo il 18,18, Milano il 18%, Honk Kong il 17,85, Parigi il 16,16, Zurigo il 14,85. New York il 14,07, Madrid il 12,60, Londra l’11,69.

Si dice che la crisi è finanziaria e americana, che sono i “subprime” ad avvelenare il sistema. Ma allora perché Shanghai è al — 31,96%? E’ vero, Shanghai era sopravvalutata, lo sapevano tutti. Tranne i risparmiatori cinesi! Se cade la domanda americana, cadranno anche le esportazioni cinesi, e se i cinesi tenteranno di sostituirle con la domanda interna, crescerà l’inflazione, come sta già accadendo. Nessuno è immune dal contagio. Alcuni “catastrofisti storici” pensano che i cinesi incominceranno a sbarazzarsi dei dollari e dei titoli americani denominati in dollari. Per far cosa? Per comprare euro registrando una perdita di valore di circa 1/3 per ogni dollaro venduto ora? Certo un riequilibrio delle riserve valutarie è possibile. Gradualmente. Intanto lo yuan è legato al dollaro e gode di una svalutazione competitiva che agevola l’export. Invertire questa tendenza sarebbe folle. Bretton Woods II funziona ancora. Male, ma funziona.

Eppure…

Osserviamo ciò che è accaduto con la fredda lucidità dell’economia — the dismail science diceva Carlyle.
Un settore periferico del mercato dei titoli americano, il più grande del mondo, va in crisi (vedi qui).
La crisi tramite le “cartolarizzazioni”, cioè la trasformazione dei debiti in titoli, si allarga, prima agli Asset Backed Securities (ABS), poi ai Collateral Debt Obligations (CDO’s). A questo punto la crisi diventa una valanga. Tutti i titoli in cui si suppone la presenza di mutui subprime perdono di valore. Le Agenzie di Rating, i Soloni del pensiero unico economico, vengono prese alla sprovvista. Loro sono abituate a valutare la solvibilità di un debito, cioè la capacità di un creditore a restituirlo, non la volatilità di un titolo, cioè il suo cambiamento di valore sul mercato. Reagiscono ad agosto con l’improntitudine di chi si è fatto cogliere in fallo. Effettuano un downrating di migliaia di titoli. Le banche che li possiedono non reggono il colpo. Qualcuna fallisce, come la Northern Rock in Inghilterra, prontamente nazionalizzata. Altre vengono salvate odal banche pubbliche in Germania, altre ancora messe sotto tutela, come Societé Générale in Francia.
In America saltano almeno cinque banche specializzate in mutui casa.

Ma non è che l’inizio. Sempre ad agosto l’interbancario inizia a bloccarsi. Che vuol dire? Semplicemente che le banche non si fidano delle altre banche e chiudono i normali canali di finanziamento all’interno del sistema creditizio. Crisi di fiducia che si trasforma immediatamente in crisi di liquidità. Intervengono le Banche Centrali Europee, Americane, Giapponesi e Australiane per fornire liquidità al sistema. E’ un fiume di denaro che si riversa sulle banche. Centinaia di miliardi di dollari ed euro. Non basta. La crisi si ripete a ottobre, a dicembre, adesso. Le Banche centrali, la FED in testa, incominciano ad accettare titoli “illiquidi” in garanzia. Lo fa anche la BCE, ma non vuole che lo si dica. Sarebbe a dire che le banche prendono denaro a prestito dando in garanzia alle banche centrali carta straccia. Non Basta. La Bear Stearns, una delle più antiche banche d’investimento americane, è sull’orlo del fallimento. La FED interviene, anche se non potrebbe, in quanto i suoi interventi di salvataggio dovrebbero essere limitati alle banche commerciali. Ma Bernanke ha capito che se fallisce Bear Sterns non potrà evitare l’”effetto domino”. Salterà Leheman Brothers e forse qualcun altro.

Il salvatore, come nel 1907, è la J.P. Morgan — Chase. Nel 1907 John Pierpoint Morgan detto “the Magnificent” sventò la crisi e fece piazza pulita dei brokers e dei banchieri che non si sottomettevano al suo potere. Nel 1929 non ci riuscì. E fu la Grande Depressione. Oggi J.P..Morgan-Chase pretende un prezzo assurdo per Bear Stearns: due dollari ad azione. Meno di quanto valgono le proprietà immobiliari e il grattacielo di Bear, in Vanderbilt Avenue. Gli azionisti insorgono. J.P.Morgan senza fare una piega dice che è pronta a pagare cinque volte di più. Il prezzo è giusto. Quale? Bernanke approva entrambi i prezzi. Ne esce con le ossa rotte.
I mercati perdono fiducia anche nella FED.

Nuove iniezioni di liquidità. Iniezioni: già, come se fosse coca o eroina.
I drogati aumentano sui mercati. E bisogna evitare le crisi di astinenza da dollari o da euro. Le Banche Centrali ormai accettano di tutto in garanzia: CDO’s, ABS, carta straccia. In cambio concedono presiti al tasso di riferimento o a quello di sconto.

L’ago entra nelle vene finanziarie del sistema dolcemente, quasi senza sprigionare sangue. Quello è riservato ai contribuenti, che dovranno pagare i vizi, assai costosi, dell’aristocrazia venale che governa il mondo e oggi è in crisi anemica..

Ecco le svalutazioni bancarie dell’ultimo trimestre, in miliardi di euro: UBS 12,12, Citigroup 18,10, Merril Lynch 7,34, Morgan Stanley 2,30, Goldman Sachs 1,91, Credit Suisse 1,82, Deutsche Bank 2,50, Bear Stearns 1,75. Fortis 1,50, Creditagricole 1,15, Società Generale 1,52, Bank of China 0,83.

Perdite di sangue. Emorragie di denaro. Sintomi gravi, ma, temo, non terminali. I vampiri cercano sangue. E prima o poi lo trovano. Gli americani riscoprono J.M. Keynes.

Gli Stati Uniti, primo paese a dover affrontare la recessione, hanno finora deciso per un Economic Stimulus Package su cui il 24 gennaio scorso hanno trovato l’accordo il Partito Democratico e quello Repubblicano. Il piano ha un valore complessivo di 146 miliardi di dollari, pari a circa l’1% del PIL U.S.A.
Il piano ovviamente si accompagna agli interventi della FED ,che in cinque mesi ha ribassato di cinque volte il tasso d’interesse sui Fed Funds con un ribasso di 225 punti base e collocandolo quindi al 3%. Ulteriori tagli, forse addirittura per 75 b.p., sono previsti entro circa un mese.

Il piano americano anti-crisi dovrebbe riguardare circa 117 milioni di famiglie Sostanzialmente si basa su:

– Un sussidio fiscale minimo di 300 dollari e massimo di 600 per individui, e fino a 1.200 per le famiglie, con redditi inferiori a 75.000 dollari l’anno per gli individui e 150.000 dollari per le famiglie. La stima dell’amministrazione è che questo programma costerà circa 100 miliardi di dollari.
– Sgravi alle piccole imprese attraverso la deduzione del 50% del valore dei costi sostenuti per nuovi impianti e attrezzature. Le imprese beneficiarie saranno quelle con un reddito inferiore a 800.000 dollari. Il costo di questa parte del piano è pari a 50 miliardi di dollari.
– Innalzamento dei limiti all’acquisto di mutui da parte delle agenzie governative Fannie Mae e Freddie Mac, si tratta di agenzie che operano sul mercato secondario acquistando mutui e rifornendo quindi di liquidità il mercato primario del credito immobiliare.

In Italia neppure Turigliatto avrebbe il coraggio di proporlo. Eppure… E’ una goccia d’olio nel mare in tempesta della crisi.

Ma il vero keynesismo americano resta ancora quello militare. Tremila miliardi di dollari: questa è la cifra stimata da Joseph Stiglitz per le avventure belliche americane. Lui, da buon economista, dice che si tratta di costi. Ma se si trattasse invece di un investimento?

“Ogni crisi è crisi da sovrapproduzione”, diceva un vecchio economista tedesco (K. Marx). Alla sovrapproduzione si può reagire sul breve periodo iniettando denaro, disse un economista inglese (J.M. Keynes). Questo può avvenire tramite la spesa pubblica, civile o militare. I modelli econometrici dicono che la seconda è più efficace della prima. Ma che avverrà nel “lungo periodo”?
Nel lungo periodo “saremo tutti morti”, secondo Lord Keynes.

Oppure nasceranno nuovi mercati: il ciclo della riproduzione allargata farà un nuovo giro di valzer. La danza diverrà, però, sempre più spettrale, perché se la domanda ancora esiste, (in Cina, in India, in Africa, nella stessa ex URSS…) e si tratta di renderla “aggregata”, cioè pagante, le risorse naturali e la capacità del pianeta di continuare a reggere non lo sono. Con questo modello di sviluppo sono ormai in via di esaurimento.
Ne Marx, ne Keynes lo avevano previsto.
Non solo. Al mondo non si è mai vista una nuova egemonia economica che non fosse anche egemonia politica e militare. Questo vuol dire che, se vi sarà un “decoupling”, se cioè le economie dei paesi emergenti traineranno l’economia mondiale, dovrà esserci anche un “decoupling” politico e militare. Gli USA non hanno nessuna voglia di accettare questa ipotesi. Rinforzano la Nato: sono pronti ad allargarla fino a Georgia e Ucraina. Gli europei, che vedono con terrore i gasdotti che passano sotto la terra ucraina a rischio, se Putin chiude innervosito il rubinetto di Gazprom, lo impediscono.
Particolare significativo: la riunione si teneva nel Castello di Ceausescu a Bucarest. I Vampiri prediligono alcuni luoghi, piuttosto di altri…

***

Guardo Google Earth. Il mappamondo galleggia e poi scende, vertiginoso nelle zoomate.
Intravedo la prima linea del fronte di guerra: costeggia i confini della Grande Madre Russia: Bielorussia, Georgia, Ucraina, Armenia, Azerbaijan.
Rivoluzioni Arancioni contro il nazional-bolscevismo di Putin. Qui la NATO vuole creare le sue basi avanzate. Qui passano le pipelines che portano energia all’Europa.

Più a Sud l’Iraq.
Se ne è scritto troppo e troppo poco. Mi limiterò a un conto economico: prima delle guerre e dell’embargo, nel 1989, l’Iraq produceva 3 milioni di barili di petrolio al giorno. Oggi ne produce 2 milioni. La Cina consuma 7, 62 milioni di barili al giorno. Un anno fa ne consumava 7,24. Se il milione di barili in meno di produzione irachena fosse disponibile sul mercato, non vi sarebbe ancora squilibrio tra domanda e offerta. Nonostante Cina e India. Quesito: a chi giova la guerra in Iraq: ai rialzisti sul prezzo del greggio o ai ribassisti? Se non sapete rispondere compratevi una calcolatrice. O girate la domanda a un dirigente Exxon o Chevron o Shell, dopo esservi assicurati che abbia fatto il pieno di whisky.

La linea riprende: Iran, Afganistan, Pakistan, Belucistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Khirghisistan. Qui la partita è più dura e più complessa: a fronteggiare la Nato non c’è solo la Russia ma l’intero Gruppo di Shanghai.
E in prospettiva, dunque, la Cina.

Ancora più a Sud il Corno d’Africa e il Congo. Heart of Darkness, fra capi tribali ex socialisti o integralisti musulmani, lottano fra loro per ricchezze che non possiederanno mai, perché già ipotecate dalle grandi compagnie multinazionali. Miniere di diamanti, pozzi di petrolio, coltan, materie prime. Inglesi, francesi, americani, olandesi succhiano l’anima nera dell’Africa.
Vampiri. Ancora Vampiri.

Neanche l’Europa è immune. Non solo a Est, ma anche a Sud. Una linea di guerra passa dal Kossovo, alla Turchia, alla Siria, al Libano, alla Palestina. Ma sembriamo non accorgercene. La stupidità non è un scusa: è un’aggravante.

Mentre a Lisbona il Trattato che costituirà la “Nuova Costituzione Europea”, peraltro non sottoposta a nessun referendum, ci lega sempre di più alle scelte della NATO. Nessuno ha il coraggio di dire che la NATO, dopo la caduta del muro di Berlino, è un “ente inutile”. Continuiamo così.
Vampiri.

L’ultima frontiera si sta creando in America Latina, fra la Colombia e il resto del continente sudamericano. Mentre il muro che separa il Messico dagli Stati Uniti è la smentita del NAFTA: i capitali e le merci possono circolare liberamente. Gli uomini no.

***

Guardo i libri. Parlano entrambi del male. Quel male che proviene dal non essere. Buco nero che attrae e distrugge in virtù non della sua forza, ma della sua stupidità e capacità di omologare a se stesso i comportamenti. Lo stesso male che Joseph Conrad (Kurtz) aveva intravisto risalendo il fiume Congo.
C’è da chiedersi fino a che punto l’insensienza possa diventare stupidità. Forse, come temo, i due termini sono sinonimi.