di Danilo Arona

Natasha.jpgIl volto della bella ragazza che commenta graficamente la “luce oscura” n° 5 non è più. Lei si chiamava Natasha Randall ed è stata fra le ultime vittime del patto suicida di Bridgend.
Per i molti studiosi che seguono l’avvinarsi del Punto Zero Apocalittico, sono già presenti da anni in tutto il mondo i “segni” che profetizzano la fine. A livello di percezione quotidiana, non c’è che da scegliere: virus, nuove malattie, pandemie, catastrofi naturali in aumento esponenziale, fenomeni cosmici e inteplanetari, prodigi, falsi profeti, complotti, manipolazioni subliminali e immigrazioni di massa. Che ci crediate o meno, tutto è già stato scritto e tutto fa parte, ogni giorno, della cronaca giornalistica.
Ma, sul piano dei mondi sottili, esistono altri segni. Tra i tanti: i sogni e gli incubi condivisi, le “chiamate”, le interconnessioni telepatiche e i suicidi di gruppo. Forse, a ben pensarci, con il cervello più sgombro possibile da qualsiasi pregiudizio, si tratta sempre di un unico elemento, quello che in fisica quantistica chiamasi “reame immaginale”.

Partiamo, come spesso ci capita, da un fatto di cronaca. Di quelli “forti” che fanno discutere e scatenano “crociate”. In questo paese del Galles, che si chiama Bridgend, dall’inizio del 2007 siamo arrivati a quota 17 suicidi: tutti ragazzi, giovani, mediamente belli, accomunati dalla stessa, mortale tecnica autolesiva (impiccagione) e dall’assidua frequentazione della rete. Dove tutti infatti hanno lasciato un messaggio prima di darsi la morte. Nello specifico, nel sito del social network Bebo. Peraltro si conoscevano tutti e alcuni erano persino reciproci parenti.
Giornali e TV, com’è giusto che sia, hanno detto le loro. La gioventù che in Galles come ovunque non trova più stimoli né valori; il meccanismo virale e contagioso dell’emulazione suicida, soprattutto se amplificata dalla rete; il progetto delirante di costruire online una sorta di muro della memoria, in cui potere essere “famosi per sempre”.
Argomenti interessanti, niente da dire, con un unico limite: esprimono il punto di vista di chi resta e di chi ha ancora l’uso della parola. E siamo già transitati nel regno dell’ossimoro, a meno che non fossimo magicamente dotati del potere di far parlare i morti.
Ma un tentativo, bislacco, bisognerebbe compierlo. A Bassavilla storie del genere le timbravamo come “maledizioni” (ad esempio, quella inspiegabile e raggelante di Borore, Sardegna), ma con questo nuovo corso non possiamo cavarcela così a buon mercato. Dovremmo, in qualche modo, sforzarci per far nostro il “loro” punto di vista.
Perché la realtà cambia a seconda del modo in cui uno sceglie di osservarla, principio base della fisica quantistica. E a questo punto faccio mie le parole di Fred Alan Wolf, scrittore di fama internazionale pubblicato in Italia da Macroedizioni e autore di Taking the Quantum Leap:

“Quando la fisica quantistica fu pienamente formulata, divenne chiaro che la ragione, per la quale la natura aveva creato tutte le cose discontinue, riguardava più l’osservazione della natura stessa che non una sua oggettiva qualità intrinseca. Quindi, la coscienza iniziò ad assumere un ruolo, tuttavia, quale sia questo ruolo e come lo svolga è ancora fonte di dibattito scientifico. Ciò che apparve chiaro era che doveva esserci una realtà soggiacente a quella oggettiva di ogni giorno e che questa rimaneva nascosta alla vista. Tale tipo di realtà era accessibile ai fisici tramite i rapporti matematici ma continuava ad essere non osservabile, sebbene avesse conseguenze osservabili. L’espressione campo quantico significa il campo invisibile di questa realtà. E con universo quantico s’intende la comprensione corrente della realtà, incluso questo campo invisibile, e le fluttuazioni quantistiche significano l’effetto di tale campo sulle cose che osserviamo. La fisica dei quanti ci dice continuamente che esiste qualcosa prima dello spazio, del tempo e della materia. Io lo chiamo Sub-Spaziotempo. Altri lo hanno chiamato reame immaginale, un luogo che nella moderna scienza quantistica é descritto come uno spazio a infinite dimensioni. I processi quantistici sono vitali in questo reame, e quella che noi chiamiamo consapevolezza gioca un ruolo fondamentale persino nella materia prima che consiste in atomi e particelle subatomiche.”

Non è qui sede per approfondire, o per richiamare altre considerazioni di Wolf. Piuttosto di integrarle con le “crepe della percezione” di Deepak Chopra (Flaws of Perceptions, www.resurgence.org):

“Per gli ultimi 300 anni si è creduto che la consapevolezza fosse un epifenomeno della materia fisica. Secondo questa visione ‘riduzionista’, una volta che le molecole raggiungono un certo livello di complessità di comportamento, in qualche modo emerge la consapevolezza. Questa visione può essere spiegata in maniera biologica: il pancreas produce succo pancreatico, la cistifellea bile, lo stomaco secerne acido cloridrico, la mente consapevolezza. Quindi la mente produce consapevolezza allo stesso modo in cui lo stomaco produce acido cloridrico o il pancreas succo pancreatico. Questo modello riduzionista, usato in medicina, è incompleto. È una mappa imperfetta della realtà.
Ci sono tre metodi per comprendere la realtà. Il primo è tramite i sensi: udito, tatto, gusto, vista e olfatto. In questo caso si fa esperienza della realtà attraverso gli strumenti dell’osservazione: gli ‘occhi della carne’.
Il secondo strumento è quello che chiamiamo la mente: gli ‘occhi della mente’, parlando metaforicamente. Se si prendono in esame le ultime rivoluzioni dell’ultimo secolo, la fisica e la meccanica quantistica, e si studia la storia dell’affermazione di questa scienza, si scopre che questa rivoluzione è avvenuta prima nella mente delle persone. Le osservazioni sono venute molto dopo.
Questa rivoluzione ha dato luogo a una nuova tecnologia. Io possiedo un gadget sorprendente: un telefono con e-mail e accesso Internet. Posso registrare una conferenza, fare fotografie o video e inviare queste informazioni in qualunque parte del mondo. L’informazione passerà muri, alberi, rimbalzerà su un satellite nello spazio, supererà auto bloccate in qualche ingorgo, corpi umani e infine raggiungerà qualcuno in qualche parte del mondo, in Cina o in India.
Questa tecnologia è basata su un’importante premessa scientifica: la natura essenziale del mondo non è materiale. Se non fosse così, tutta questa tecnologia non esisterebbe. Siamo in grado di navigare in Internet perché quello che chiamiamo mondo materiale non è veramente materiale. Questa tecnologia è il risultato di quello che chiamiamo rivoluzione quantica. Questo è il secondo modo di esaminare la realtà.
C’è poi un terzo modo di analizzare la realtà che va ancora più in profondità. Gli organi di senso offrono un approccio molto superficiale: questa è una sedia, quello è un fiore, quello è un essere umano; il livello quantico ci fa connettere in maniera più profonda con la ‘mente della natura’, rendendo il mondo molto più straordinario. Il terzo modo di comprendere la realtà è attraverso gli occhi dell’anima che ci porta molto, molto più in profondità nella natura dell’esistenza. Nel corso degli ultimi 300 anni la stessa scienza si è basata sulla percezione dei sensi; ma i nostri sensi sono la prova meno attendibile di quella che chiamiamo realtà. I sensi mi suggeriscono che la terra su cui poggio i piedi è ferma, eppure sappiamo che sta girando su se stessa a una velocità vertiginosa, lanciata nello spazio a migliaia di chilometri all’ora. I miei sensi mi dicono che la terra è piatta. Una cosa cui nessuno crede più.”

Energie vibrazionali, griglie, snodi e condotti che attraversano il pianeta, tanto quello fisico che quello immateriale. Se c’è una Cosa che dimostra che il mondo non è solido, ma che appare semplicemente come tale, è proprio Internet. Esiste, ma non è visibile. È quantificabile in una o in miliardi di vibrazioni. Energia vibrante e interconnessa al suo interno da vasi e condotti che trasportano informazioni. E le conseguenze di tutto ciò sono pesanti: io e l’universo siamo multidimensionali. L’illusione/realtà che ci circonda è una prigione vibrazionale.
Cosa ci dimostrano (forse) Wolf e Chopra? Che la Rete è uno spazio quantico. Forse il vero “reame immaginale”. Dove ci si può interconnettere in gruppo, fondersi, dopo avere abbandonato i corpi fisici: questo potrebbe essere il punto di vista, non necessariamente consapevole, dei giovani suicidi di Bridgend, che tra l’altro ricorderebbe non poco le motivazioni dei suicidi rituali dell’Heaven’s Gate. Se poi consideriamo anche che uno degli esperimenti su cui si basa la dimostrazione della multidimensionalità del reale è il cosiddetto “suicidio quantico”, le cui paradossali implicazioni filosofiche implicano che ci si può suicidare senza provare l’esperienza della morte e ritrovarsi “viventi” in uno dei tanti mondi dimensionali, forse – ma sottolineiamo sempre la parola – ci troviamo di fronte a una spiegazione alternativa di cui non siamo oggettivamente in grado di cogliere l’interezza. Perché, ripetendoci, questo sarebbe il punto di vista di chi ha raggiunto lo spazio quantico. Forse non proprio quello che ci si proponeva di raggiungere.
Le implicazioni, che sono addirittura troppe, le lascio a chi legge. Ma occorre ricordare che i suicidi di gruppo via web non sono affatto una novità. Dal Giappone agli Stati Uniti d’America (Boston, 1997), negli ultimi anni le “catene mortali” fra giovani frequentatori dei networkings risultano essere molte di più di quelle assurte a notorietà planetaria. E tutti coloro che hanno commentato le rare, “ultime parole” dei morituri, hanno constatato che nessuno di loro citava mai la parola “suicidio”: significativo, a dir poco. Intanto il virtuale muro dell’immortalità online è stato chiuso. Collegandoci, abbiamo letto delle motivazioni che val la pena di riportare:

Gone Too Soon – A memorial website that celebrate the life of a loved one who has passed away.

We are sorry but all pages dedicated to the apparent Bridgend suicide victims have been temporarily suspended. As you may be aware it has been suggested that memorials to the Bridgend youngsters may be encouraging other young people to consider taking their own lives. Gonetoosoon believes if there is the slightest possibility that this is the case we have no choice and must act responsibility. For that reason we have stopped taking dedications and have taken down their details of the 17 for the foreseeable future. We have also decided not to include details of any future apparent suicides within the Bridgend area for the time being. We apologize for the inconvenience but hope you will understand our position. Thank you. The team from www.gonetoosoon.co.uk.

Una semplificata descrizione dell’esperimento di “suicidio quantico” è reperibile sul sito di Arianna Editrice, all’interno dell’articolo di James Higgo La teoria dei molti mondi della fisica quantistica implica l’immortalità?. Leggetelo alla luce (oscura) di quanto sta accadendo a Bridgend.