di Wu Ming 2
Da “L’Unità” del 16 marzo 2007

ariete.jpg“Datemi una storia e vi racconterò il mondo”: se fosse lecito liofilizzare in una frase l’intento di un intero romanzo, un motto archimedico potrebbe descrivere bene La strategia dell’Ariete, uscito in questi giorni per Mondadori Strade Blu e firmato dall’ensemble narrativo Kai Zen.
Una trama carsica, che tra risorgive e inghiottitoi, scorre impetuosa dall’Egitto di Cheope fino ai nostri giorni, passando per la Cina degli Anni Venti, il buen retiro nazista in Sudamerica, gli Stati Uniti del presidente Eisenhower.
La fonte che alimenta il fiume sono le vicissitudini di una società tanto segreta quanto ambigua, che nel corso dei secoli ha tramandato e sottratto all’estinzione la più potente arma batteriologica che l’uomo abbia mai padroneggiato. Una rete talmente estesa da risultare invisibile, una compagnia di burattinai che da sempre, con alterne fortune, muove i fili del mondo.
A chi si addentrerà nelle Grotte dell’Ariete, consiglio di non fissare lo sguardo sui flutti. L’intreccio del romanzo è fatto apposta per essere trasparente, per consentire alla scialuppa del lettore di avventurarsi senza sforzo tra stalattiti e concrezioni. La magia è tutt’intorno, non in basso. La storia è la leva di Archimede: fa emergere la Storia e permette di esplorarla.

Del resto, non c’è forse da stupirsi se un quartetto di narratori disseminato tra Messina, Bologna, Sesto San Giovanni e Bolzano riesce a gestire una trama complessa, a muovere con maestria decine di personaggi, a tenere insieme periodi storici tanto lontani. Accorciare le distanze, “tenere insieme”, dev’essere per loro una specie di deformazione professionale. Un attrezzo del mestiere.
Paragonare un romanzo a un gioco potrà sembrare poco lusinghiero, ma diversi aspetti de La strategia rendono la similitudine efficace e tutt’altro che offensiva. Pensate a quei videogame dove il piacere e l’intrattenimento non nascono da spari, botte, salti e corse, ma più che altro dalla possibilità di perlustrare, aggirarsi, scoprire man mano regole e obiettivi. La sensazione di viaggiare dentro una storia che genera un mondo, magari alternando la visione d’insieme, a volo d’uccello, con quella nel dettaglio, al massimo dello zoom.
In due parole, ecco un primo elemento che distingue questo romanzo da un classico thriller: quel che spinge a voltare pagina è il piacere della lettura, il desiderio di andare avanti per lasciarsi avvolgere dalla narrazione piuttosto che per “vedere come va a finire”.
Il secondo aspetto sono i diversi accessi offerti al visitatore. Si può entrare dall’ingresso principale, rotolare nella dolina delle prime pagine e ritrovarsi in un attimo tra Shanghai, 1920 e Nueva Germania, 1944, in un’architettura narrativa che ricorda quelle di Paco Taibo II, a metà strada tra Il rimedio universale di Daniel Chavarrìa e Argento Vivo di Neil Stephenson. In alternativa, si può scorrere il glossario in fondo al volume come se fosse un antipasto, e farsi venire fame leggendo le definizioni di Guerra del Chaco, Germanenorden, Singapore Sling, Akhet e Mao Tse-tung. Si può scendere negli abissi della Rete e visitare il sito www.lastrategiadellariete.com. Qui ogni pagina, ogni file da scaricare è un invito al viaggio, un preparativo in vista della partenza. Elenco dei personaggi, capitoli abortiti, scarti di produzione. Mappe d’epoca, immagini satellitari, fotografie. A differenza dei contenuti extra di un DVD, che di solito si guardano dopo aver visto il film, il consiglio è di utilizzare prima questi materiali, così come si studia una guida prima di saltare sull’aereo per un paese lontano. Chi preferisce comunque l’immersione a sorpresa, totale e immediata, non ha che da aprire il libro. Visitare il sito non è affatto indispensabile e non c’è un momento giusto per farlo. Solo dopo la lettura, ad esempio, si può raccogliere la sfida lanciata dagli autori con i Sentieri di Seth, uno degli aspetti più intriganti del romanzo. Si tratta di brevi capitoli sganciati dalle ambientazioni principali: luoghi diversi, periodi storici diversi ma sempre soggetti all’influsso dell’Ariete. Piccoli giochi di prestigio grazie ai quali avvenimenti più o meno reali vengono reinterpretati, e introdotti in maniera verosimile nel mondo del romanzo, nell’ipotesi narrativa di partenza: la società segreta e l’arma batteriologica dall’immane potere. Chiunque lo desideri, può scrivere e spedire a Kai Zen un nuovo Sentiero di Seth: chi può dire che il più grande suicidio collettivo della Storia, a Jonestown, Guyana, nel novembre 1978 non sia riconducibile alla Strategia dell’Ariete? E come non pensare alla scomparsa “misteriosa e unica” di Ettore Majorana?
Terza caratteristica importante che contraddistingue il romanzo sono i personaggi sulla scena. In una storia di respiro così largo, è naturale che alcune figure rimangano più abbozzate, legate per lo più alla loro funzione narrativa (alcune fanno ridere – e in questo caso la coppia di poliziotti scalcagnati soprannominata “i Bikini” ci riesce molto bene, altre impongono torsioni alla trama, altre incarnano la malvagità e così via). Molti autori si accontentano di questo: non sempre un racconto ha bisogno di protagonisti a tutto tondo. 1984 di George Orwell non è certo memorabile grazie a Winston Smith. Comunque sia, Kai Zen non si accontenta ed è difficile ripensare al romanzo senza interrogarsi sulle mille contraddizioni di Shanfeng o sul rapporto tra Heinrich T. Hofstadter e suo figlio Dietrich.
Infine, La strategia dell’Ariete ha un’ultima particolarità che dovrebbe farlo brillare tra gli scaffali affollati delle librerie. E’ il suo inevitabile contenuto politico, per non dire filosofico. Armarsi di un’ipotesi, per quanto fantastica, e mettere in prospettiva millenni di Storia, fino alle soglie dell’oggi, significa proporre una lettura del presente, un punto di vista per guardare il mondo. E’ una bella responsabilità, e Kai Zen non si sottrae. Tra le citazioni che aprono il romanzo, una riguarda la vittoria di Ahriman su Ormuzd. Saltando a pie’ pari pagine e pagine di esegesi, potremmo tradurre i due nomi persiani con Male e Bene. Tuttavia, non credo che gli autori volessero alludere all’eterna lotta tra i due principi. Per come l’ho capito io, il romanzo non parla di questo, ma piuttosto del rapporto tra Inferno e Paradiso e di come le buone intenzioni possano lastricare le strade dell’uno e dell’altro, in ossequio a equilibri sottili, spesso insondabili. Alchimie delicate, come quella di Al-Hàrith, il respiro di Seth, l’arma segreta. Talmente delicate che grandi poteri e pesanti responsabilità non possono che scompaginarle, confonderle, mescolarne gli ingredienti fino a renderli drammaticamente indistinguibili.
In fondo è proprio questa, forse, la strategia dell’Ariete.


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