milingomoon.jpgNuovo colpo di coda dello zio Tom in zucchetta vescovile. Quest’uomo, se è un uomo e non un fotoromanzo, sorprende chiunque: molla la sede di Zagarolo (e chi non lo farebbe?) e fugge in Corea dalla massaia che aveva sposato in un rito collettivo consumato sotto l’egida del diabolico Reverendo Moon.
Dal sito ufficiale di Monsignor Milingo, anni fa, recuperammo la storia di una vocazione: quella all’esorcismo, che Milingo ha appreso nello Zambia e ha esportato l’arte della guarigione spirituale nell’hinterland milanese. Prima di darsi a un autoesorcismo: quello con cui ha espulso da sé e dalla propria anima lo spirito curiale targato Ratzinger. Ecco il testo che dipingeva il romanzo di formazione di Milingo. Prima, però, un’adeguata presentazione di chi è questo esorciccio africano che fa parlare di sé, della Chiesa e del Reverendo Moon da anni…

L’ESORCISTA RAP
milingo.jpgPuzzo di zolfo e odore di Big Babol non hanno mai smesso di aureolare intorno alla figura contraddittoria e contraddetta di Monsignor Milingo. Uno che in cinque anni ne ha combinate più del Diavolo, che combatte perfino tramite esorcismi a telefono. Già erano sospetti in San Pietro gli allucinanti raduni nell’hinterland milanese dove, sotto un tendone approssimativo e bianco come quelli dei raduni di Pontida, Milingo imponeva le mani a una folla di indemoniati, psicotici, ipocondriaci e vari soggetti patologici che se ne sentivano autenticamente miracolati.
Così era cresciuta intorno a lui una fama popolare superstiziosa e sospetta, che non faceva tanto leva sulla figura del Cristo quanto sui riti e gli esorcismi di origine africana con cui Milingo terapeutizzava le masse. Le polemiche col Vaticano andarono incendiandosi. Anziché acqua, sul fuoco delle polemiche Milingo gettò un cd: un bell’album in cui il Monsignore si esibiva in un improbabile rap e che Vasco Rossi fu ben lieto di sponsorizzare e produrre, portando Milingo davanti alle telecamere di RaiUno, in quel di Domenica In, concedendo alla Nazione il privilegio di ammirare questo ingessato santone e vicario vaticano, abbigliato di tutto punto con i paramenti sacri, imitare Ice T al rallentatore, in un imbarazzante playback.
Infine, il colpo di grazia alla sua permanenza in Concistoro. Milingo decise di aderire al rito nuziale del Reverendo Moon, pontefice dell’ex Chiesa Unionista, una sorta di incubo religioso per gli americani: il Monsignore si unisce in nozze con un’anonima coreana quarantenne, che lui non conosce personalmente come lei non sa che marito sta per prendersi in casa, il tutto secondo la ritualità sospetta e pericolosa dell’ottantenne Moon. Tra Vaticano e Milingo, non finì. Il rientro a capochino in Vaticano, giusto il tempo di essere perdonato dalla mano tremula di giovanni Paolo II, che non era ancora santo subito, e via verso un’anonima località per un controindottrinamento. Fino a riapparire a Zagarolo, pentito e ripulito, nel paesino set del memorabile Tango cinematografico.
Ma chi è davvero questo bizzarro e bizzoso religioso, che fa parlare di sé l’Italia da una decina d’anni? E’ nato il 13 giugno 1930 Nasce a Mnukwa, distretto di Chipata (Zambia). Il 31 agosto 1958 è stato ordinato sacerdote. Nel 1966 consegue la specializzazione in Radiocomunicazione, in Kenia. Seguono molti anni di apostolato radiofonico. Nello stesso anno fonda Zambia Helpers Society (ZHS) per l’assistenza sanitaria nei villaggi attraverso le cliniche mobili. L’1 agosto 1969 Papa Paolo VI, a Kampala (Uganda), lo consacra Vescovo per l’arcidiocesi di Lusaka, capitale dello Zambia. In pieni anni di Piombo, il 3 aprile 1973, scopre, quasi per caso, il carisma di guarigione. Iniziano gli esorcismi. Nel 1982 viene richiamato a Roma. Seguono isolamento coatto, interrogatori e processo. L’anno successivo, Papa Giovanni Paolo II, come scrive l’Osservatore Romano del 6 agosto ’83: “accetta le dimissioni dell’Arcivescovo di Lusaka”. Monsignor Milingo viene contemporaneamente nominato dal Papa suo “Delegato speciale” per le migrazioni ed il turismo, e gli vengono assegnati un ufficio ed una abitazione del Vaticano.
Questo recita la biografia ufficiale di Milingo. I guai erano già iniziati. Successivamente, non hanno fatto altro che peggiorare…

IL ROMANZO DI FORMAZIONE DI MILINGO
“Mi spenderò per Dio ed il mio prossimo”, è il motto episcopale di Mons. Emmanuel Milingo. Tre sono i principali compiti e carismi ai quali si sente chiamato: evangelizzare, esorcizzare, guarire gli ammalati. Ama presentarsi prima di tutto come evangelizzatore. E’ la Parola di Dio che, più di ogni altra cosa, gli sta a cuore e che diffonde in ogni circostanza, in ogni modo, con ogni mezzo: la Liturgia, le omelie, gli esercizi spirituali, i libri (più di cinquanta) da lui scritti, le conferenze, gli interventi sui mass-media e gli infiniti incontri pubblici e privati. La sua Parola è molto ricercata, in Italia, in Africa così come in altri continenti. E’ stato in quasi tutti i paesi del mondo. Tutti gli riconoscono grandi doti di comunicatore: con la parola, la musica ed il canto, con la mimica, con la gestualità e la danza.
I personaggi biblici che ama di più sono il profeta Elia e l’apostolo Paolo. E’ a questi due evangelizzatori che vorrebbe assomigliare.
Mons. Milingo ha preso sul serio ed alla lettera Marco 6, 12-13 e paralleli, che accanto alla predicazione, assegnano all’apostolo di tutti i tempi anche il compito di scacciare i demoni e quello di guarire gli infermi. Tantissime persone “disturbate” si rivolgono a lui per essere liberate: spesso sono degli esorcisti, o anche dei medici, che gli indirizzano o gli accompagnano questo genere di “pazienti”. Sono innumerevoli le persone pronte a testimoniare di essere state da lui illuminate a discernere tra reali disturbi fisici, psichici, spirituali e presunte ossessioni, o possessioni e di avere trovato la pace. Altrettanto innumerevoli sono quelle che, grazie al suo carisma di esorcista, sono state per sempre liberate dall’ossessione o dalla possessione.
“A confronto con Mons. Milingo esorcista – dice un noto esorcista della diocesi di Roma – io sono solamente un pigmeo!”.
E’ evidente la sua preferenza per le persone ammalate.
Nell’aprile del 1973 scoprì, grazie ad una donna zambiana sofferente e disperata che gli si era rivolta, la potenza della preghiera di guarigione. Da allora ha sempre esercitato questo carisma di guarigione in privato ed in pubblico, ottenendo da Dio molte guarigioni, nel corpo, nella psiche, nello spirito.
“Dio, che ha creato l’uomo, sa che talvolta la scienza medica non coglie nel segno – ha scritto -. Nel ricorrere a Lui, noi riconosciamo che Dio è l’autore del corpo umano e che la nostra vita è nelle Sue mani: quindi Gli chiediamo di eliminare il disordine sopravvenuto in esso a causa della malattia. Domandiamo a Dio, che è ordine e bellezza, di restaurare l’ordine e la bellezza nella persona malata”.
Mons. Milingo si serve spesso di cose semplici e significative, come acqua, olio, sale, indumenti e fotografie di persone ammalate o bisognose e non si stanca di ripetere all’infinito gesti semplici, come il segno di croce, l’imposizione delle mani, la stretta di mano, la benedizione, ecc. E, del resto, Gesù non ha utilizzato piccole cose, come fango, e piccoli gesti per compiere grandi miracoli? Non ha elogiato davanti a tutti la donna, che soffriva di emorragie da dodici anni, la cui fede l’aveva spinta a fare di tutto per potergli toccare almeno la veste?