add.jpg[Anti Digital Divide dice la sua sulle nuove violazione delle norme in materia di concorrenza e privacy, poste in essere da Telecom Italia. Anti Digital Divide propone lo scorporo della rete di Telecom Italia come soluzione necessaria a far cessare gli abusi dell’incumbent]

Le illecite intercettazioni di dati attuate da Telecom Italia ai danni di Fastweb e di migliaia di utenti rappresentano solo la punta dell’ iceberg di un avvincente thriller che vede come protagonista Telecom Italia e il gruppo del patron Marco Tronchetti Provera.
A tenerci informati sulla storia ci pensa la Repubblica con l’ottimo Giuseppe D’Avanzo, che snocciola dati e contenuti davvero interessanti.
Si va dalla questione spionaggio contro Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini, passando per l’Inter, in anticipo di circa 3 anni sullo scandalo calciopoli e sul “metodo Moggi” venuto alla luce solo nelle ultime settimane, dalla scalata del 1999 alla Telecom compresi i politici e i finanziere che guardarono con interesse a quella operazione, al caso Bpi — Antonveneta e Unipol — Bnl, per arrivare più o meno ai nomi dell’intera classe dirigente – politico, economica, finanziaria – del Paese.

tc.gifSi parla di un numero elevatissimo di intercettazione che potrebbe arrivare addirittura a 100.000 fascicoli.
“Gli spioni privati, ingaggiati e pagati da Pirelli e dalla sua controllata Telecom Italia, hanno raccolto migliaia di “fascicoli” sul conto di politici, uomini di finanza, banchieri e finanche su arbitri e manager di calcio.”
L’intero archivio è ora a disposizione e al vaglio della procura di Milano grazie alla collaborazione di Emanuele Cipriani, uno dei principali indagati, che ha fornito l’ultima password per entrare in un file presente su un computer e superare un sistema di difesa con dieci livelli di protezione.
Emanuele Cipriani, è a capo di un’importante agenzia d’investigazione, la Polis d’Istinto, da alcuni anni al centro di un network d’intelligence messo su da Giuliano Tavaroli, già responsabile della sicurezza di Telecom Italia.
“Entrambi sono accusati di “associazione per delinquere finalizzata alla rivelazione del segreto istruttorio” (da una costola di quest’inchiesta sono già saltate fuori le manovre storte contro Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini).”
“”Decine e decine di migliaia di fascicoli” (“centomila”?) svelano un lavoro accuratissimo portato avanti con la collaborazione di pubblici funzionari infedeli capaci di violare le banche dati del Viminale, della Banca d’Italia, degli uffici della pubblica amministrazione.
Le schede hanno un loro preciso canone. Si interrogano le conservatorie dei registri immobiliari, gli archivi notarili, il pubblico registro automobilistico, il registro navale, l’anagrafe tributaria. Si scava negli istituti di credito, nei fondi di investimento, nelle società finanziarie. Si annotano i soggiorni all’estero, la presenza abituale in luoghi di villeggiatura. Quasi sempre, gli accertamenti sono estesi al coniuge o ai figli, alle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi, associazioni del cui patrimonio il poveretto “schedato” risulta poter disporre “in tutto o in parte, direttamente o indirettamente”. I file si arricchiscono dei tabulati telefonici del maggiore gestore italiano di telefonia – sono documenti che permettono di ricostruire l’intera mappa dei contatti del “soggetto di interesse” – in qualche caso, delle intercettazioni della magistratura perché Giuliano Tavaroli ha controllato, fino a qualche tempo fa, il Centro nazionale autorità giudiziaria (Cnag) dove transitano tutte le richieste d’intercettazione dell’autorità giudiziaria.”
Ora i punti da chiarire sono, perché si sono effettuate tali intercettazioni chi le ha “commissionate” che uso ne è stato fatto e/o se ne voleva fare.
“Emanuele Cipriani sostiene che il suo lavoro è stato regolarmente commissionato, attraverso Giuliano Tavaroli, dal presidente Marco Tronchetti Provera. Ma è vero? O è vero che, confidando nel loro incarico ufficiale, Cipriani e Tavaroli si sono messi, con il tempo, in proprio schedando obiettivi (“soggetti di interesse”) selezionati di volta in volta da altri misteriosi “clienti” o così fragili da poter essere ricattati e “condizionati”?”
“Emanuele Cipriani rintuzza i dubbi mostrando le fatture regolarmente emesse da Pirelli-Telecom, anche se per prestazioni definite negli archivi delle società in modo molto generico. Più o meno quattordici milioni di euro, anche se Cipriani preferisce farsi pagare in sterline e a Londra. Da dove curiosamente il denaro comincia a muoversi come in un vortice. Montecarlo. Svizzera. Infine, l’approdo in un conto della Deutsche Bank del Lussemburgo, intestato alla Plus venture management, società off shore con base nel paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche. Che necessità c’è di far fare a quel denaro, compenso di regolare contratto di consulenza/collaborazione, il giro del mondo? Per quel che se ne sa, non è la sola domanda che non trova ancora una risposta. Ce n’è un’altra, forse più importante. Se è Marco Tronchetti Provera a commissionare quei dossier, perché alcuni fascicoli riguardano lo stesso Tronchetti e gli affari di sua moglie Afef? Anche loro, i “padroni” della Telecom, potevano essere sottoposti a pressioni? In questo caso, chi davvero muoveva la mano degli spioni. Soltanto l’avidità personale o altri “clienti” desiderosi di indirizzare le mosse del presidente di Pirelli/Telecom? La storia del grande archivio spionistico e illegale della Seconda Repubblica è ancora tutta da scrivere.”
Volendo attenerci ad un tipica trama di un film thriller, potrebbe essere possibile che quei documenti magari siano proprio una valvola di sicurezza per Tronchetti Provera, che così può impostare un autodifesa molto convincente, del tipo, se ero io il mandante perché ci sono delle intercettazioni a mio carico? Quindi sarebbe da valutare il “valore” delle intercettazioni riguardanti Tronchetti Provera e confrontarle con le altre.
Ma questa è solo una digressione teorica, puramente cinematografica, toccherà ai magistrati fare luce su quanto veramente accaduto.

In un altro articolo la Repubblica mette in luce l’operazione di distorsione della realtà attuata da Telecom Italia, che tende a negare e minimizzare fatti evidenti e di elevata gravità.
Poi pone l’accento sullo scarso risalto che i media e la politica hanno dato alle questioni intercettazioni, nonostante la gravità di quanto successo. Infine sprona i politici a reagire a quanto accaduto, augurandosi che non si faccia finta di niente.
“L’ordinanza della magistratura ci dice che se ne è abusato per fini commerciali. Domanda ragionevole: se ne può abusare e se ne abusa per altri fini? Come è chiaro, sono questioni di interesse vitale per libertà, diritti e democrazia, ma Telecom Italia non sembra darsene per inteso. Quando il 16 maggio diffonde una nota per dar conto delle severe conclusioni del giudice, nega l’evidenza e scrive: “Sulle strategie applicate da Telecom Italia, la società precisa che non sono mai stati utilizzati i dati di ex-clienti…”. E’ l’esatto contrario di quanto si legge nell’ordinanza del giudice milanese. E’, diciamo, una variazione falsaria.
Dunque, si deve concludere che conviene diffidare delle prese di posizione di Telecom (ieri sono state necessarie quasi dieci ore per avere nessuna risposta a qualche domandina di routine). La società controllata dalla Pirelli pare mettere insieme i difetti dell’impresa pubblica e le debolezze dell’impresa privata. Della prima conserva l’arroganza del monopolista che non deve rendere conto di quel che fa. Della seconda, l’autoreferenzialità del proprio interesse.”
Telecom non ha digerito molto gli articoli apparsi su Repubblica, e ha annunciato azioni civili e penali, inoltre il patron Marco Tronchetti Provera ha scritto, per la prima volta, una lettera ai dipendenti Telecom Italia, per rassicurarli sull’estraneità dell’azienda sulla questione intercettazioni. Non è la prima volta che Telecom mette in atto questo comportamento per difendere la propria immagine da quelle che, secondo l’incumbent, sono illazioni tutte da confermare.
Forse Telecom dovrebbe pensare più spesso alla propria immagine, non solo quando ci sono di mezzo procedimenti penali, ma anche per temi, come trasparenza, etica , rapporti con gli utenti che vanno sempre più deteriorandosi. Telecom vuole difendere la propria immagine, forse è un po’ in ritardo, perché il pensiero che gli italiani hanno sulla Telecom, lo si può intuire guardando alcune punteta delle trasmissioni che si sono occupate dell’incumbent, come Mi Manda Rai Tre oppure Le Iene o Striscia la Notizia e non si discosta molto da questo.
Quello che è chiaro è che siamo di fronte a questioni gravissime, sia per quanto riguarda l’aspetto della violazioni delle norme sulla concorrenza sia per le questioni delle intercettazioni.
Pare quindi evidente che le politiche fin ora attuate per garantire un mercato delle Telecomunicazioni che rispetti i principi di correttezza, concorrenza e trasparenza siano state errate o comunque non sufficientemente idonee.
La decisione di una mera divisione contabile della società Telecom Italia, al fine di garantire il rispetto della concorrenza, si è rivelata del tutto inadatta ed anche le procedure sanzionatorie non sono servite a far cessare le condotte scorrette dell’incumbent.
Tattiche di concorrenza scorretta che Telecom ha perpetrato con costanza per anni tanto che è stato possibile schematizzarle, ( sarebbe sufficiente leggere il documento e tener conto delle soluzioni ma Agcom non lo fa).
Una delle tattiche scorrette è costituita dall’esclusione dei concorrenti da un nuovo mercato, l’ultimo esempio, è di pochi giorni fa con la violazione della delibera 34/06 e il tentativo di non far accedere alla nuova rete IP di Telecom i suoi competitor.
E’ chiaro quindi che si debbano assumere seri provvedimenti affinché il mercato venga finalmente liberalizzato e venga garantita una reale concorrenza. Condizione necessaria perché questo avvenga è lo scorporo della rete di Telecom Italia, chiesto in passato da Mario Monti ex presidente dell’Antitrust europea, da Giuseppe Tesauro ex presidente dell’antitrust italiana, da illustri economisti, dalla corte dei conti e addirittura nel 2001 da Gasparri, ma “stranamente” mai posto in essere.
Deve quindi essere attuata la divisione di Telecom Italia in due società distinte, sul modello inglese, una che si occupi della rete e della vendita all’ingrosso, con tariffe uguali per tutti gli operatori, l’altra della vendita dei servizi al dettaglio, servizi che acquisterebbe alle stesse condizioni dei competitor, dalla prima società.
Infatti nonostante la quota di mercato di British Telecom nei collegamenti a larga banda fosse pari al 25%, contro il 73% in Italia dell’operatore dominante, Telecom Italia, (Dati: COCOM 2005 , Communications Committee, e ERG 2005, European Regulators Group), British Telecom è stata obbligata dall’autorità delle comunicazioni inglesi (OFCOM) a garantire ai concorrenti la “market equivalence”: parità di trattamento tecnico e commerciale nella fornitura all’ingrosso rispetto a BT Retail attiva sul mercato della clientela finale. BT Retail è il maggior cliente di BT Wholesale, la struttura che fornisce all’ingrosso anche i concorrenti.
L’autorità ha stabilito che questa azienda avrà il solo compito di rivendere all’ingrosso l’accesso alla rete di BT e sarà governata da un consiglio di amministrazione composto da una maggioranza di amministratori indipendenti. Indipendenti non come gli amministratori di Telecom che da una parta hanno dichiarato che il modello inglese avrebbe ricalcato quello italiano e dell’altra che lo scorporo della rete non esiste in nessuna nazione, questo sempre per la correttezza e trasparenza delle informazioni.
Altro provvedimento fondamentale consiste nel far tornare ultimo miglio e centrali telefoniche di proprietà statale. Si porrebbe così finalmente rimedio all’errore fatto dal governo D’Alema nella privatizzazione della Sip. Si parla solo di doppini e centrali telefoniche, quindi la rete di trasporto rimarrebbe di Telecom, così come tutti gli apparati montati in centrale e le nuove reti costruite dall’incumbent, anche tutti i clienti attuali rimarrebbero di Telecom, passerebbero invece alla stato le centrali, il doppino e l’obbligo del servizio universale. Telecom ha effettuato pochissimi investimenti per l’ammodernamento delle centrali , che sono rimaste, nella maggior parte dei casi, come erano al tempo della Sip. Così come per i doppini, Telecom si è limitata a collegare quelli già disponibili, e solo raramente ha effettuato scavi/lavori per portare doppini nuovi agli utenti e comunque in questi casi i costi sostenuti dagli utenti erano molto elevati inoltre questi erano ampiamente coperti dagli introiti derivanti dal canone Telefonico, che Telecom richiede proprio per la manutenzione e ammodernamento delle linee.
Oltre al canone Telefonico di 15 euro mensili per 26.000.000 di linee, Telecom chiede in Italia tariffe salatissime per l’adsl, nonostante questo, circa 10 milioni di italiani non possono usufruire della banda larga. Infatti i canoni e le tariffe spropositate non servono per manutenere e ammodernare la rete, ma per la maggior parte finiscono per essere utilizzate per ripagare i debiti derivati dalla finanza creativa del dottor Tronchetti Provera.
Tutti gli operatori, alle stesse condizioni, riscatterebbero all’ingrosso il canone telefonico dallo stato, che dovrà fissarne l’entità calcolandolo con il metodo cost plus cioè basandosi sui costi effettivi sostenuti per fornire il servizio di accesso. In questo modo si premierebbero gli operatori che hanno investito nella costruzione di una rete di accesso proprietaria e si incentiverebbero tutti gli operatori a investire in una propria infrastruttura, questo porterebbe ampi benefici agli utenti, che avrebbero maggiori possibilità di scelta, con tariffe minori e qualità dei servizi più elevata, grazie all’aumento della concorrenza.
Naturalmente Telecom continuerebbe a dover essere notificato come operatore dominante almeno finché la sua quota di mercato non risulti inferiore al 50%.
In seguito alla sentenza con cui la Corte d’Appello Civile di Milano ha condannato il principale operatore di telecomunicazioni in Italia per “trattamento illecito di dati riservati”, il garante della privaci ha avviato una procedura d’urgenza per far luce sull’accaduto.

Anche l’AGCOM sta indagando sull’accaduto:
“Della vicenda si occuperà quanto prima anche l’Authority per le Comunicazioni che già ieri ha fatto sapere di aver acquisiti i primi elementi del caso e che nelle prossime riunioni valuterà il risultato degli accertamenti in corso. Non solo: Agcom ha tenuto a precisare come Telecom – già nei mesi scorsi – sia stata diffidata a non attivare azioni unilaterali di rientro di utenti di altri operatori senza rispettare le procedure condivise con altri gestori e con la stessa Autorità. Inoltre, Agcom ha ricordato come tutti i principali operatori – proprio per indagare su possibili violazioni a danno degli utenti e per accertare eventuali comportamenti abusivi – siano stati ispezionati nelle scorse settimane da funzionari dell’Autorità, dalla polizia postale e dalla Guardia di Finanza.”

Si comincia a parlare anche di un’indagine politica con l’istituzione di una commissione parlamentare.
Intanto il responsabile della sicurezza di Telecom Italia e di quella personale del suo presidente Marco Tronchetti Provera, ha rassegnato le proprie dimissioni.
ADD da tempo si batte perché ci sia lo scorporo della rete, in seguito agli ultimi avvenimenti che coinvolgono Telecom Italia e palesano l’inadeguatezza degli interventi fin ora attuati dalle autorità garanti, ritiene che questa decisione non sia più rimandabile.
Diffide, multe, divisione contabile di Telecom Italia, non sono servite a far rispettare le norme per una corretta concorrenza, per Telecom regna l’anarchia, anche l’ultima delibera la 34/06 che doveva portare ad una maggiore concorrenza nel mercato adsl è stata palesemente violata, Anti Digital Divide ha scritto per questo all’AGCOM da cui però non è arrivata risposta quindi l’associazione di provider AIIP ha presentato ricorso al TAR perché venga fatta rispettare tale delibera
Nei prossimi giorni scriveremo alle autorità garanti ed al nuovo ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, proprio per chiedere di attuare questo provvedimento.

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