di Antonio Nucci
Illustrazioni di Pierangelo Rosati
Qui tutte le puntate del romanzo on line PLAYMAKER

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10.

La prima cosa che Walter notò aprendo gli occhi fu il televisore spento. Poi si girò verso l’altro divano e lo vide vuoto. Cercò di alzarsi ma sentiva le gambe incredibilmente pesanti. Fece uno sforzo per riuscirvi e cercò di trascinarsi verso la porta. Per un attimo pensò di essersi preso l’influenza.
Appena entrato nell’ingresso vide la sagoma di Soldani che, con uno sguardo diabolico, brandiva un’accetta e si scagliava contro di lui.
Che idiota sono stato a fidarmi, è suo complice e io ci sono cascato come un pollo pensò in quell’istante. Arrivatogli ad un metro lo vide vibrare un colpo. Walter disperatamente riuscì a bloccare con una mano l’avambraccio e con l’altra il manico dell’arnese. I due caddero e lottarono a terra per un po’, poi Walter riuscì a trovare la forza per divincolarsi dal suo avversario e catapultarsi in fondo al corridoio. Si alzò girandosi. Fu questione di un secondo, sentì lo scroscio di qualcosa di liquido sulla sua faccia e chiuse d’istinto gli occhi. Quando li riaprì vide Soldani che si manteneva a distanza da lui e cercava di calmarlo.

“Signor Ghetti, sono io, nessuno la sta aggredendo, si fermi.”
Walter lo guardò e vide che teneva una brocca in mano. Sul suo volto non c’era più traccia di quella malignità che aveva visto prima. Si guardò e si ritrovò coperto di semplice acqua.
“La prego, si calmi. Ha avuto un’allucinazione. Sta cercando di metterci contro, capisce?”
Walter si guardò intorno come risvegliatosi. La lucidità sembrava essergli tornata, anche se in quel momento era tutto un fascio di nervi tremolante.
Soldani gli spiegò che si era alzato per andare al bagno e nel tornare lo aveva visto barcollare all’imbocco dell’ingresso. Aveva cercato di aiutarlo, ma la scomposta reazione di Walter lo aveva fatto desistere. Poi Walter era stato preso da convulsioni e lui non aveva trovato di meglio che prendere la brocca d’acqua che aveva lasciato in cucina e versargliela in faccia per ricondurlo alla realtà.
“Allora ci sta provando anche con me, il maledetto” disse Walter a Soldani rientrando in salotto. Guardò la TV: era ancora accesa anche se a volume bassissimo.
“Sì, è come pensavamo, ora ne abbiamo avuto anche una prova. Ha approfittato dell’unico momento in cui l’ho lasciata solo. Non lo si vede ma sa sempre tutto, Dio sa come ci riesca. Oltre a essere a conoscenza di pratiche terribili è anche maledettamente intelligente.”
Passarono il resto della notte svegli, ad eccezione di qualche breve periodo verso l’alba in cui a Walter crollarono le forze. Invece Soldani rimase scrupolosamente vigile. Fortunatamente non si verificarono altri problemi. Verso le 8.30, dopo una breve colazione, uscirono e trovarono la sorpresa: un Mahanta, il simbolo base che avevano imparato a conoscere e a temere, con la spirale sinistra in alto, disegnato sull’uscio di casa con quella strana sostanza. Era un chiaro messaggio.
“Ha deciso di farci la festa. Dobbiamo sbrigarci, non c’è tempo da perdere” sentenziò Soldani.
Salirono in auto alla volta di Verbania, dove furono abbastanza fortunati nel trovare quasi tutti i prodotti curativi necessari.
Nel primo pomeriggio Walter si sentiva già molto meglio del giorno prima.
“Devo andare al funerale di Kris, non posso mancare.”
“Non credo sia una buona idea. Dovrebbe dar tempo alle cure di fare effetto. Le sue condizioni sono buone, l’attacco di quell’infame non ha fatto in tempo a produrre gli effetti peggiori, ma sarebbe meglio non rischiare.”
“Devo farlo, sarà questione di un’ora.”
“Stia molto attento però, non è ancora fuori pericolo.”
“Non si preoccupi, ho il cellulare con me se serve.”
“Mi spiace ricordarle il fatto, ma alcune sere fa non le è servito a molto.”
“Cercherò di stare sempre in luoghi frequentati” sorrise mestamente Walter “come fanno i bravi bambini. Ci vediamo per cena.”
“Ho bisogno di sapere una cosa. E’ ancora convinto di andare fino in fondo? In caso contrario non la biasimerei, io sono avanti con gli anni e posso rischiare, lei è ancora giovane.”
“Sono un tipo testardo. Spero solo che serva, se no sarà la più grossa cazzata della nostra vita.”
Soldani annuì senza parlare.
Guidò verso Groppiano lentamente e con estrema cautela come Soldani gli aveva consigliato. Al funerale incontrò per primi Aldo e Marione, quest’ultimo non riuscì a dire altro che “Sono giorni strani, proprio strani.” Eva gli si avvicinò e lo ringraziò per essere venuto. Dopo una decina di minuti strazianti (per fortuna la bara era stata tenuta chiusa) uscirono dalla Cappella. C’era anche Sonia. Nel salutarla notò che aveva un’aria piuttosto dimessa e un po’ di borse sotto gli occhi.
“Mi dispiace molto per Kris, tu come stai?”
“Dire bene sarebbe ottimista ma…” alzò le spalle come per dire cosa vuoi farci?
“Certo, immagino.”
In lui si mosse qualcosa e riuscì a dirle ciò che avrebbe voluto dire ad amici, parenti, a tutto il paese, se solo avesse potuto.
“Fossi in te me ne andrei da qui e me ne starei alla larga da questi posti.”
“Lo so, è rischioso, ma non possiamo farci prendere dal panico. Prima o poi finiranno queste…brutte cose.”
La guardò e cerco di essere il più convincente possibile.
“Sonia, guardati attorno. Non ti sei accorta che la gente in questo paese muore in mille modi diversi? C’è qualcosa di più, credimi. Non posso spiegarti ma se tieni a te stessa (avrebbe voluto dire: io tengo a te) stai lontana da S.Clara.”
“Ma tu…sai qualcosa, dunque?”
Walter attese qualche istante.
“Più di quanto tu creda. Può darsi che tutto si risolva a breve o che non si risolva affatto, capisci?”
“Sai qualcosa allora. Ma ti stai mettendo in situazioni pericolose? Perché non vai alla Polizia?”
Walter non le rispose.
“Segnati il mio numero di cellulare. Per qualunque problema chiamami, ok?”
“Ok, ma cosa….”
“Qualunque problema, anche la cosa più banale. Ora devo andare” si fermò quasi subito “non cercarmi a casa mia, non mi troveresti.”
Lei rimase a guardarlo per parecchi secondi mentre si allontanava. Aveva ancora il suo sguardo davanti agli occhi.

11.

Aveva scelto di rientrare dalla via più trafficata, una specie di piccola tangenziale che aggirava il paese nella zona alta. A quell’ora però – mancava un quarto alle cinque – il flusso di auto era ancora piuttosto ridotto. Il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia. Notò il triangolo catarifrangente poco prima del tornante dove quell’auto bianca si era parzialmente affossata. Accese le luci di emergenza appena fermo. L’uomo all’interno della Punto fece un breve gesto di aiuto.
Walter lo riconobbe al volo nonostante gli anni trascorsi. Qualche chilo in più visibile sul volto, qualche capello grigio mescolato a quelli biondi, ma tutto sommato ben riconoscibile.
“Ci conosciamo, pare” disse Walter senza l’ombra di un sorriso. Il tizio non rispose. Si limitò a un leggero movimento del capo e a un austero sorriso nel quale non si intravedeva la strafottenza di quando si erano, per così dire, incontrati quell’estate. Un flashback di una manciata di secondi sfilò davanti agli occhi di Walter. La spinta di uno di loro, il primo pugno sferrato a Lucio, la loro reazione scoordinata e istintiva, puramente rabbiosa, dopodiché il loro rapido crollare sotto i pugni di quel gruppetto di provocatori. Il tutto con la scusa, il pretesto, di avere come trofeo una piccola catenina d’oro. Erano passati vent’anni, ora erano persone adulte. Era stata solo una scazzottata in gioventù, d’accordo, ciononostante i pugni di Walter si strinsero istintivamente in una morsa di furore tale che, se qualcuno avesse avuto il collo fra le sue mani in quel momento, non avrebbe vissuto a lungo.
“Ho un piede incastrato fra i pedali, si sono piegati nell’urto. Credo sia rotto.”
“E’ meglio che non ti muovi. Hai chiamato qualcuno?” disse Walter controllandosi.
“Purtroppo no, il cellulare deve essersi rotto per la botta.”
Qualcosa in Walter gli diceva che quella persona avrebbe meritato di essere lasciata lì per quella vecchia carognata, ma il buonsenso prevalse. Si disse che ciò sarebbe stato come abbassarsi al livello di un individuo squallido e vigliacco. Senza dire altro estrasse il suo telefonino e formò il 118. Dopo avere fornito tutte le istruzioni, tornò a parlare con lui in tono ben poco pietoso,.
“Com’è successo?”
“E’ incredibile a dirsi, ma un colpo di vento improvviso mi ha investito. Oltre ad aver deviato la traiettoria dell’auto, mi è arrivato forte in faccia dal finestrino aperto, tanto da farmi chiudere gli occhi per qualche istante. Stavo quasi per finire di sotto quando ho sterzato completamente col volante e sono finito nel fosso. Sono stato fortunato.”
“Già, parecchio” disse Walter, sempre mantenendo quel tono gelido.
“Be’, spero che tu non ce l’abbia ancora con me per quella vecchia storia, è passato tanto tempo.”
Walter attese qualche istante.
“Come si diventa buoni quando si ha bisogno, eh?”
L’altro non rispose e abbassò lo sguardo.
“L’ambulanza sta arrivando” disse Walter, poi girò intorno all’auto per notare se vi erano segni particolari. Nulla, tranne i segni della frenata sull’asfalto.
Di nuovo quel vento, non si può più parlare di coincidenze. Dobbiamo fare qualcosa.
Il suono della sirena incominciò a udirsi e Walter si avviò verso l’ambulanza. Alzò un braccio per farsi notare.
“Be’, allora grazie” disse l’uomo tendendogli la mano, mentre gli infermieri scendevano con la barella.
Walter rimase immobile e rispose “Non c’è di che. Buona fortuna.” Quel rifiuto di stringergli la mano nella sua mente significava era un dovere, l’avrei fatto per chiunque.
Mentre risaliva in auto ricevette la telefonata di Soldani.
“Tutto bene? Qualche problema? Ho visto che tardava e…”
“Per me sì, ma il nostro amico ci ha provato ancora. La vittima si è salvata per un pelo.”
“Che cosa?”
“Le spiego tutto quando arrivo. Cinque minuti e sono lì.”
Nel ripartire osservò dallo specchietto retrovisore gli infermieri che estraevano l’uomo dall’auto. Aveva fatto la cosa giusta.
“Se non interveniamo ci farà fuori tutti a uno a uno” disse Soldani poco dopo, scuotendo la testa.
“Già, ma come?”
“Qualche mezzo lo abbiamo, basta studiare bene le pratiche rituali opposte per contrastarlo.”
“Contrastarlo, lei dice? Non so quante conoscenze sull’argomento lei abbia messo insieme ma…noi abbiamo capito adesso di cosa si tratta, lui invece ha un’esperienza di vent’anni. Siamo come principianti di fronte a un maestro.”
“E’ vero, ma proprio per questo non saremo mai veramente pronti ad affrontarlo. Ciononostante non possiamo aspettare oltre.”
“Non c’è nessuno a cui chiedere aiuto, qualche esperto in materia? Quel professore di Lione?”
“Mi ha detto che invierà uno studioso molto esperto con il suo aiutante. Però attualmente sono impegnati in Sudamerica. Potrebbero metterci molto ad arrivare qui a S.Clara. E intanto la spirale di morte di quel pazzo non si arresta, anzi.”
Walter rifletteva con il viso tra i pugni serrati.
“Potremmo andare da Ennio e cercare di metterlo con le spalle al muro. Da quello che ho sentito quella sera non va molto fiero di ciò che fa il fratello, nonostante lo copra.”
“Crede che ci aiuterebbe? Probabilmente ha molta paura anche lui.”
“Possiamo sempre tentare. In fondo non rischiamo nulla di più. Se non funziona, il fratello sa già che noi sappiamo. Non renderemmo la situazione più grave di quanto non sia ora.”
“D’accordo. Andiamo subito, allora. A quest’ora lo troveremo solo, dopo cena invece…”

12.

Era chiaro che Ennio non si aspettava una loro visita perché aprì in modo piuttosto deciso. Probabilmente appena gli erano apparsi Walter e Soldani si era subito pentito di non aver guardato prima dallo spioncino.
“Salve Ennio, avremmo bisogno di parlarti” disse Soldani con un tono particolarmente fermo, tale da sorprendere lo stesso Walter. “Possiamo entrare?”
“Veramente non ho molto tempo, stavo preparandomi ad uscire.”
“Ah, e dove vai di bello, per caso alla vecchia palestra?”
Ennio sbiancò a quella domanda.
“Non so di cosa stia parlando” disse con voce malferma, poi attese un’istante. “Se dovete chiedermi qualcosa vi prego di farlo, in caso contrario…”
“D’accordo” replicò Soldani. “Puoi dirci chi ucciderà tuo fratello stanotte, chi è la sua prossima vittima?”
Ennio cercò di chiudere la porta ma Walter fu lesto a impedirglielo. Soldani lo seguì e si ritrovarono tutti e tre nel soggiorno.
“Non potete entrare in casa mia, è violazione di domicilio!”
“Bene, chiama la Polizia allora, così facciamo quattro chiacchiere anche con loro” rispose Walter.
“E che cosa gli raccontereste, di grazia?”
“Che sospettiamo di te e che ti abbiamo visto aggirarti intorno alla casa di qualche vittima. Le nostre due versioni coincideranno. Basterà per aprire una indagine e per metterti sotto controllo” disse Soldani, incredibilmente agguerrito.
“Ho qui il numero del Sostituto Procuratore che indaga sui fatti” aggiunse Walter. “Vuoi controllare?”
Ennio restò senza parole, con un’espressione di rabbia sul volto. Poi abbassò la testa e scagliò un pugno sopra il mobiletto alla sua destra, facendo sobbalzare i soprammobili.
“Voi siete pazzi, non avete idea di cosa state facendo. State giocando con qualcosa di enormemente più grande di voi” disse poi a voce bassa. In pratica stava ammettendo il suo coinvolgimento nella vicenda.
“Lo sappiamo, ma siamo decisi ad andare avanti e tu ci aiuterai” disse Soldani con sicurezza.
“Io?” Ennio sorrise istericamente. “E come? Io so solo di avere un fratello che è come un demonio, l’ho sempre saputo e ora ne ho la completa certezza. Vi conviene andarvene da qui, voi che avete capito, e portarvi dietro più gente che potete. Almeno salverete la pelle. Non c’è altro da fare. Credete che se avessi potuto fare qualcosa non lo avrei fatto? Non so niente su pratiche di magia nera, probabilmente ne sapete di più voi due.”
“Quando è tornato Guido?”
“Alla fine di luglio. Una sera me lo sono trovato qui in casa, per poco non mi viene un colpo. Quando mi disse ciò che voleva fare tentai di dissuaderlo, ma capii che era inutile cercare di parlare con un … essere totalmente invaso dal male. Non sapete di cos’è capace né di cosa sarà capace in futuro. Potete anche chiamare la polizia e circondare questa casa o la palestra, non servirà. Lo capirebbe prima ancora di vedere arrivare qualcuno. Anzi, forse sa già che siete qui. Andatevene. Io proverò per l’ennesima volta a convincerlo di fermarsi, ma so che non servirà.”
Poco dopo Ennio guardò dalla finestra i due uomini avviarsi lungo la strada. Era in forte stato di agitazione. Le sue mani si raccolsero intorno alla testa.

13.

“Ora, signor Ghetti, dobbiamo proprio metterci al lavoro.”
“Al lavoro? Cosa intende?”
Chiusa la porta dello studio per evitare che la signora Laura sentisse i loro discorsi, l’anziano insegnante si spiegò meglio.
“Se lei passerà indenne questa notte potrà considerarsi del tutto fuori pericolo e potremo finalmente sferrare un’attacco a colui che stiamo combattendo.”
“Un…un attacco? Adesso?”
“Non possiamo fare altrimenti. Più tempo passa e più gli diamo la possibilità di metterci in difficoltà. Dobbiamo attaccarlo. Per questo le ho chiesto se se la sentiva di continuare. Se ha dei dubbi lo dica ora, ma se non li ha tiri fuori tutta la convinzione che può perché non possiamo commettere sbagli: lui non ce li perdonerebbe. E’ importante che lei sia convinto, che creda veramente in ciò che faremo. Le pratiche di cui la metterò al corrente necessitano di molta precisione dal punto di vista mentale oltre che da quello materiale. Pensi bene a tutto ciò che sa e che le è successo. Ci crede?”
Fino a quel momento Walter si era mantenuto in una posizione a metà fra il credo e il non credo, ovvero fra accettazione del fatto e curiosità in attesa di verifica. Adesso, dopo le parole di Ennio, non poteva avere dubbi, doveva crederci. Si chiese se ne valesse la pena: perché avrebbe dovuto rischiare la sua vita? Perché proprio lui? Decise di non rispondersi perché in caso contrario la logica gli avrebbe imposto di mollare tutto.
Alzò gli occhi e rispose.
“Ok, vada avanti!”
Con le istruzioni del professor Lacombe alla mano cominciarono a leggere formule e ad acquistare dimestichezza con simboli e preparati di erbe. Studiarono tutte le soluzioni, tutti i rituali che si riteneva fossero idonei a contrastare le eventuali reazioni del nemico al loro attacco.
Poco dopo la signora Laura bussò.
“Signor Soldani, mi scusi, ho sentito bussare alla porta poco fa e aprendo non ho visto nessuno. C’era però questa sulla soglia” disse, porgendogli una busta da lettera.
“Grazie, l’apro io, non si preoccupi.”
Attese che la donna uscisse ed estrasse il biglietto contenuto nell’involucro. Lesse il contenuto.

Credo di aver capito che intendete andare avanti con la vostra battaglia. Come dicevo non posso aiutarvi con notizie riguardanti le pratiche magiche di mio fratello, ma una cosa posso dirvi: se intendete affrontarlo dovete farlo al tramonto poco prima che lui inizi il rituale e nello stesso luogo dove lo celebra, la palestra. Quello è il momento in cui il suo potere è al minimo. Il rituale serve proprio come ricarica. Una volta di fronte a lui cercate di non farvi ipnotizzare in nessun modo e impeditegli di distogliere la vostra attenzione dal rito che intendete opporgli. E’ tutto ciò che posso fare per voi. Sono in partenza, mi sono esposto troppo e temo che per questo mio fratello potrebbe decidere di eliminare anche me. Ricordatevi che più vite umane sacrifica, più grande diventa la sua potenza. Spero che riusciate a compiere quest’impresa. Troppa gente è già morta e tant’altra morirà se ciò che fate non avrà successo. Buona fortuna.
Ennio Tirelli

Le parole di Ennio confermavano, se ce ne fosse stato bisogno, l’urgenza di agire per il bene di tutti. Evidentemente la sua coscienza si era ribellata a quella sorta di complicità dovuta al terrore che provava nei confronti del fratello indemoniato.
Walter e Soldani non poterono far altro che rimettersi al lavoro per cercare di arricchire in fretta la loro conoscenza in vista dello scontro. Dovevano sfruttare nel miglior modo possibile quella notte.
Purtroppo la buona azione era costata cara al povero Ennio. Nemmeno un’ora dopo che la lettera era stata letta da Walter e Soldani, il suo corpo era disteso senza vita lungo il pavimento di casa sua, senza nessun segno apparente di aggressione. Sulla soglia era una valigia pronta per essere portata dentro un’auto. Un’ombra richiuse il portello posteriore e spinse la valigia all’interno della casa, poi spense le luci e diventò tutt’uno con il buio. Poco prima quell’ombra aveva pronunciato queste:
Sei stato fortunato fratellino, con te ho usato la mano di velluto. Pensa a quello che è capitato a quelli che sono venuti prima di te…Hai fatto male a tradirmi, molto male!

14.

Verso l’una decisero di fermarsi, erano a buon punto con l’apprendimento. Walter non riuscì comunque a dormire granché,ma in ogni caso più della sera precedente,mentre Soldani rimase sveglio tutta la notte per precauzione. Non vi furono problemi, nessuna allucinazione, il chinino e le altre erbe avevano fatto effetto. Al mattino presto Walter telefonò in negozio per dare istruzioni a Fabio e dirgli che si assentava ancora. Non sapeva quando sarebbe tornato (in realtà, SE sarebbe tornato).
All’arrivo della signora Laura, verso le 10.30 circa, decisero di appisolarsi su un paio di sedie a sdraio in giardino. La fatica per la nottata insonne si faceva sentire.
Intorno alle 12.00 stavano dormendo entrambi, anche se non molto profondamente, quando trillò il cellulare di Walter.
“Walter, sono Sonia.”
Sentendo quel nome si riprese in fretta dal sonno. “Dimmi.”
“Mi avevi detto di chiamarti se notavo qualcosa di strano. C’è un odore fortissimo in casa, non riesco a capire cosa sia e tirano strane folate di vento dalle finestre.”
Walter ci mise meno di un secondo a realizzare. “Esci subito di casa! Capito? Scappa immediatamente. Esci di corsa, sei in pericolo. Non perdere tempo. Cerca compagnia da qualcuno e poi richiamami.”
“Ok, ma…?”
“FAI PRESTO!!!”
A quell’urlo anche Soldani si svegliò. Sonia aveva riattaccato male il telefono e Walter poté udire il suono del vento proveniente dall’altro capo del telefono. Pochi secondi dopo qualcuno riattaccò.
“Quel bastardo sta cercando di uccidere Sonia.” Attese che lei richiamasse per secondi che gli sembrarono anni. Non riusciva a stare fermo.
“Devo andare a vedere, potrebbe averla inseguita.”
“Aspetti, vengo con lei” disse Soldani.
In quell’istante il telefono trillò di nuovo.
“Sonia?!?”
“Sì, sono io. Sono davanti a un negozio, ho fatto come mi avevi detto.”
“Non ti muovere da lì, spiegami dov’è.”
“Tutto bene?” chiese poco dopo Soldani con apprensione.
“Sì, vado a raggiungerla. Non importa che venga anche lei, si riposi.”
“Si fa per dire.”
Poco dopo si incontrarono in via Pascoli.
“Come mai eri sola in casa? Ti avevo detto di venire a S.Clara il meno possibile.”
“Lo so. Avevo bisogno di prendere alcune cose da casa. Erano solo dieci minuti che ero entrata.”
“Potevano bastare per lasciarci la pelle. Non devi più tornare a casa, non lì.”
“Ma io non ho visto nessuno. Cosa significa tutto questo, cosa sono quell’odore e quel vento? Credi che sia in pericolo anch’io? Se sai qualcosa dimmelo.”
“Senti, questa notte io e una persona cercheremo di risolvere il problema una volta per tutte. E’ difficile spiegarti tutto. Tu nel frattempo faresti bene a restare in città solo quando devi lavorare. Non hai la possibilità di stare da qualcuno fuori città?”
“Ho le chiavi della casa di Claudio a Montemarino. Lui non c’è, è ad un corso di aggiornamento a Milano per tutta la settimana.”
“Sarebbe meglio che rimanessi sempre in compagnia di qualcuno. C’è un assassino in città che è molto abile ad approfittare dei momenti di solitudine delle sue vittime.”
“Potrei andare dagli zii a Verbania. Mi crea qualche problema con gli spostamenti, ma…”
“Ecco, questa è una buona idea. Al lavoro hai molti colleghi?”
“E’ uno studio legale, c’è sempre un via vai…”
“Bene, mi raccomando, se noti di nuovo qualcosa di simile alle folate di vento fai come ti ho detto, cerca di non rimanere mai sola. Ora vado, ho un po’ di cose da fare.”
“E’ una cosa pericolosa quella che devi fare stanotte?”
Walter attese qualche istante.
“Non ci pensare e stai attenta, andrà tutto bene.” Non ci credeva troppo nemmeno lui ma non poteva dire altro. Lei lo abbracciò poi lo guardò. “Grazie” disse, poi gli diede un bacio quasi sulle labbra.

La sfida

1.

Era la signora Laura quella che, con le mani davanti al viso, singhiozzava davanti a casa Soldani, mentre altre due persone cercavano di calmarla. Nel vedere Walter cercò di parlare, ma l’emozione fece uscire dalle sue labbra solo pezzi di frasi sconnesse del tipo: “sono entrata… era lì… per terra… non è possibile…”
Walter entrò nonostante i consigli dei due soccorritori. Il corpo di Soldani era disteso per terra nel suo studio, una pozza di sangue all’altezza del cranio coperto da un avambraccio, come in un gesto di disperata difesa.
“Mi raccomando, non tocchi niente, abbiamo già chiamato la Polizia. Passavamo di qui, abbiamo sentito le urla della signora e…” spiegò il più giovane dei due entrati con lui.
Lo aveva ucciso! E questa volta senza servirsi di alcun mezzo esoterico. Evidentemente, sentendo il rischio di un attacco e non potendo eliminarli per l’immunità acquisita con le cure, il Tirelli aveva deciso di agire in maniera puramente fisica contro l’anziano professore e di sbarazzarsi di lui definitivamente.
Poco dopo una brutta sorpresa gettò Walter nello sconforto: cercò di salvare prima dell’arrivo della polizia i dati utili dal computer ma non vi riuscì. Tutte le cartelle riguardanti il caso erano state cancellate. La scatola di floppy-disk era sparita.
All’arrivo degli agenti spense il computer. La signora Laura stava dando spiegazioni a uno di essi. Aveva bisogno di un paio di limoni ed era uscita un momento per andare a farseli dare da un’amica. Vedendo il professore che dormiva profondamente aveva preferito non disturbarlo, era cosa di pochi minuti. Al suo rientro lo aveva trovato morto.
Avremmo dovuto metterla al corrente e io, stupido, potevo inventarmi qualcosa per dirle di non perderlo di vista pensava Walter in preda a un misto di rabbia e angoscia. In realtà la rapidità con cui si susseguivano gli eventi non lasciava spazio per un briciolo di lungimiranza.
Poco dopo giunse anche il dottor Giacomino. Alla vista di Walter non si trattenne dal fare un commento.
“Signor Ghetti, anche questa volta la trovo sulla scena di un delitto. Se non sbaglio è già la terza volta.”
Walter si sentì un poco irritato da quella considerazione sarcastica, ma mantenne la calma e pensò bene a cosa rispondere.
“Veramente è la seconda. La signora Righi l’ho vista prima che fosse uccisa.”
“Già, ma ha ritrovato lei il cadavere, no?”
“Un cadavere la cui morte risaliva a parecchi giorni prima, se non sbaglio.”
Giacomino sorrise. “Non sbaglia. Posso chiederle come mai passava di qui?”
“Ero amico del signor Soldani. Avevamo una passione comune per le scienze naturali. Avremmo dovuto pranzare insieme, la signora stava iniziando a cucinare.”
“Capisco. Lei dov’era nel frattempo?”
“Mi sono assentato per incontrarmi con un’amica. Le interessa sapere il suo nome?”
“Non importa per ora, grazie. Non era un interrogatorio ufficiale. Se sarà necessario la riconvocherò nel mio ufficio.”
“A sua disposizione” replicò Walter. Questa volta era suo il sarcasmo. “Posso andarmene?”
“Lei può andare dove vuole. Arrivederci.”
Sì, all’inferno se le cose continuano così. D’altronde non se la sentiva di biasimare il Sostituto Procuratore per il semplice fatto di essere sospettoso nei suoi confronti. Probabilmente l’uomo era ben lontano dall’immaginare cosa potesse esserci dietro a tutta quella serie di delitti e morti apparentemente accidentali. Forse Walter avrebbe potuto cercare di metterlo sulla pista buona con una lettera o una telefonata anonime. Magari semplicemente indirizzando i sospetti sul riapparso Guido Tirelli nascosto nella vecchia palestra e omettendo i particolari riguardanti le pratiche occulte. Le parole di Ennio riecheggiarono nella sua mente.
…potete anche chiamare la Polizia e circondare questa casa o la palestra, non servirà. Lo capirebbe prima ancora di veder arrivare qualcuno…
No, sarebbe stato inutile. Bisognava combattere il potere del mostro con le armi giuste, e questo al momento non era possibile. Cominciò a vagare per il paese senza una meta, sentendosi completamente perduto. Mentre guardava le persone si chiedeva quale sarebbe stato il loro destino. La signora con il bambino, l’uomo che faceva jogging, chiunque incontrasse.
Verso le tre del pomeriggio si ritrovò in un piccolo bar di Groppiano dove non conosceva nessuno, per meditare un po’ in solitudine. Tutto sembrava perduto. Senza le formule rituali gli estratti non avevano potere e lui non aveva modo di metterne insieme una copia. Era davvero finita? Quel bastardo avrebbe continuato a seminare morte indisturbato? Si sarebbe placato o avrebbe continuato? E fino a quando? Forse poteva cercare di rintracciare il professor Lacombe. Non aveva detto Soldani che sarebbero dovuti arrivare due esperti mandati dal suo corrispondente francese? Cosa aspettavano ad arrivare?
Appoggiando il cellulare sul tavolo si accorse della chiamata persa. Era Fabio dal negozio. Selezionò il numero.
”…e poi è arrivata questa strana e-mail, non ha nessun riferimento commerciale. L’intestatario è un certo Soldani. C’è scritto solo per Walter Ghetti. E’ allegato un documento, molto lungo, sembra un trattato storico.”
Walter sentì un fremito.
“Non cancellarla, mi raccomando, anzi, salvane una copia. Ti richiamo dopo e ti dico a quale indirizzo inoltrarla.”
Digitò il numero di Sonia in meno di due secondi.
“E’ molto importante. Avrei bisogno anche che me lo stampassi, senza farlo vedere a nessuno, assolutamente a nessuno.”
“Sono molte pagine hai detto? Lo salvo su un dischetto e poi lo stampiamo a casa di Claudio sul suo computer. Puoi aspettare fino alle sei, quando esco?”
“Benissimo, alle sei sono lì. Grazie davvero Sonny, non sai quanto sia importante.”
Lei attese un secondo prima di salutarlo. Non la chiamava così da quando… da quando stavano insieme.

(CONTINUA)