d04jail22.jpgDurissime proteste per l’iniziativa del ministero della Giustizia. Psichiatria democratica: «Sconvolgente». I ds: un gruppo di parlamentari entri subito nella struttura.
di Roberto Monteforte

Minorenni con difficoltà psichiche rinchiusi in un Ospedale psichiatrico giudiziario a Castiglione delle Stiviere (Mantova): la «sperimentazione» del ministero della Giustizia interesserebbe una decina di giovani condannati e segnalati dai centri di giustizia minorile.
Tutto deciso in gran silenzio. Visto che la legge proibisce espressamente che minori possano essere rinchiusi in manicomi giudiziari. Sono stati gli operatori a lanciare l’allarme al Forum per la salute mentale, rilanciato dalla parlamentare di Rifondazione, Tiziana Valpiana, che ha chiesto immediatamente spiegazioni al ministero della Salute, visto la gestione del centro è affidata dal ministero di Grazia e Giustizia in concessione alla Asl di Mantova.

Il governo, per bocca del sottosegretario Stefano Cursi, ha assicurato che il reparto per i minori è collocato in un’ala separata, «garantendo così la non commistione con gli adulti per tutte le fasi del processo terapeutico». Contatti, però, con gli adulti vengono ammessi. Si parla di «circolazione negli spazi comuni» e di «partecipazione alle attività». La replica della Valpiana è stata secca: «Si tratta di una soluzione inaccettabile e indegna di un paese civile, che non può rinchiudere minori in un ospedale psichiatrico giudiziario. È una collocazione assolutamente inadatta ai minori e tale da precludere ogni speranza di recupero e reinserimento sociale, considerato che i minori, anche quando sono autori di reato e di difficile gestione, hanno bisogno di essere sostenuti all’interno di strutture adeguate».
Ci vuole vedere chiaro anche il Parlamento. La presidente del comitato sulla Giustizia minorile della commissione Giustizia, Marcella Lucidi (Ds), ha chiesto di mettere all’ordine del giorno una visita immediata all’ospedale giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Troppe le cose, leggi alla mano, che non quadrano. Domani si saprà se e quando la visita si terrà. Quello che è certa è la condanna per questa «sperimentazione» del mondo scientifico e degli operatori.
«È una decisione assolutamente sconvolgente» stigmatizza il presidente nazionale di Psichiatria democratica, Rocco Canosa. «Si è fatto tutto in grande silenzio» commenta. «Si pensa a strutture speciali per minori degli ospedali psichiatrici collocati addirittura all’interno di un “manicomio criminale”. Il governo parla di spazi separati, ma – spiega Canosa – sappiamo bene che questo aumenta enormemente il pregiudizio da parte dell’opinione pubblica nei confronti di questi ragazzi che sono in difficoltà, che devono essere aiutati a superare la loro condizione e non essere segregati». Invece si sceglie la via repressiva: «Quando di peggio si possa immaginare: ospedale psichiatrico e carcere insieme». Vi è anche una critica «tecnica». «Le situazioni di minori con diagnosi psichiatrica o antisociale – spiega Canosa – non vanno ghettizzate in strutture specifiche, bensì in comunità che abbiano il più possibile una situazione di accoglienza e che non siano esclusivamente rivolte a ragazzi con problemi psichiatrici». Diffida delle comunità iperspecialistiche: «Sono contro ogni idea di emancipazione e di recupero educativo del giovane. Si vogliono raggruppare insieme tutti i cosiddetti “matti”, minori antisociali o tossicodipendenti: è ciò che di peggio si possa pensare». E poi, ricorda, si può parlare di personalità antisociale per un adulto, ma per un minore è sbagliato. «Quella del minore è una situazione di evoluzione psicologica. Non possiamo ingessarlo in una diagnosi. Le difficoltà dei ragazzi non vanno etichettate, ma capite». La sua conclusione? «La diagnosi psichiatrica viene enfatizzata per legittimare la segregazione in un ospedale psichiatrico giudiziario». «Si sono rilanciati i luoghi della segregazione per chi può dare fastidio, per il diverso o l’immigrato. Questo è il dato culturale e politico inquietante: trovare un posto dove segregare le persone che possono dare fastidio. È indegno per uno Stato civile».
Il presidente della Consulta penitenziaria e del Piano carceri per il comune di Roma, Lillo Di Mauro, assicura che gli «ospiti» a Castiglione delle Stiviere sono minori «messi alla prova» dai giudici e non reclusi. Sarebbero dovuti essere affidati alle comunità esterne al carcere e inseriti in progetti per il loro recupero e inserimento. E invece sono finiti in un manicomio criminale. «Qualcosa non funziona nel rapporto di questo governo con i giovani. Il ministro Castelli si è accanito contro la giustizia minorile del nostro paese, una delle più innovative in Europa. Vuole sbattere in galera anche i minori. Taglia i finanziamenti necessari alla giustizia minorile». Cita la situazione di Roma dove il Centro per la giustizia minorile è riuscito a pagare sino al marzo 2004 gli stipendi degli operatori delle comunità di accoglienza e di recupero alternative al carcere. «Ora rischiano tutte di chiudere e i minori di finire in galera – commenta Di Mauro -. Così nei fatti Castelli impone il suo modello che il Parlamento gli ha bloccato».
«Quella che manca è l’idea di una salute mentale di comunità» commenta lo psichiatra Emilio Lupo, segretario di Psichiatria democratica. Emerge un modello repressivo. «Il problema è quello di uno sviluppo di una salute mentale e non quello di “contenere” le persone. Più che togliere problemi agli altri il compito è quello di farsi carico del disagio in tutte le sue forme con il concorrere di saperi e conoscenze diverse».

[da l’Unità, 15.2.05]