raymond6.jpgdi Roberto Sturm

Se Derek Raymond, come afferma Silvia Arzola nell’ottimo intervento apparso nel n. 6 di Carmilla versione cartacea, non è e non diventerà mai un autore di culto, sicuramente rappresenta un punto di riferimento significativo nella letteratura noir contemporanea. Nato da una famiglia benestante, Derek Raymond (all’anagrafe Robin Cook) la lascia ad appena sedici anni per vivere, girando mezza Europa, di espedienti spesso oltre il limite della legalità. Dopo il riciclaggio di auto in Spagna, l’attività di tassita e il traffico di materiale pornografico, tanto per fare alcuni esempi, l’autore inglese si ferma in Francia dove trova degli editori disposti a pubblicare i suoi scritti.
I tipi di Meridiano Zero, dopo aver presentato negli ultimi anni i cinque romanzi della serie della Factory, il cui protagonista è il “sergente senza nome” così amato dagli amanti della letteratura di Raymond, propone il romanzo di esordio (1967) dell’autore.

In tutti i suoi testi, in cui si sente chiaramente l’influenza di Sartre, la psicologia dei personaggi viene descritta dettagliatamente, in maniera quasi maniacale.
La penna di Raymond è, molto più che in altri autori di questo genere, un bisturi che seziona il marcio della società inglese. Il suo stile essenziale ma diretto, le trame delle sue storie scarne ma che oltrepassano sempre il limite della disperazione e della sopportazione umana, i suoi dialoghi crudi e crudeli sono un pugno nello stomaco del lettore.
Così come la descrizione dei particolari più raccapriccianti, che spesso entra direttamente nel macabro, ripetuta più volte come dovesse imprimersi nella memoria dei lettori e dell’autore, la completa (quasi sempre solo un dispositivo di difesa) insensibilità e estremo cinismo dei personaggi, il dualismo tra orrore e pietà, amore e odio, spesso facce della stessa medaglia, non sono altro che strumenti di indagine sociale ed interiore. Probabilmente anche per lo stesso autore.
Atti privati in luoghi pubblici si discosta abbastanza dagli stereotipi della letteratura raymondiana. Scritto alla fine degli anno ’60, nell’imminenza della rivolta studentesca che inciderà tanto pesantemente nei costumi e nelle abitudini della nostra società, Raymond sembra cogliere in anticipo le profonde trasformazioni che stanno per mettersi in moto.
Per tutto il romanzo l’autore racconta lo sgretolarsi progressivo, fino al punto di non ritorno, di una società che non riesce più a reggere la propria recita.
La vicenda è ambientata nello stesso periodo in cui è stata scritta. Viper e Mendip, due cugini con caratteri completamente opposti, figli di una aristocrazia in piena decadenza che deflagherà a fine romanzo, gestiscono una catena di sexy shop. Rigidamente pragmatico il primo, teso a valutare ogni situazione basandosi sui fatti, cercando sempre di valutare con parametri strettamente oggettivi, sognatore e sensibile il secondo, sempre teso a cogliere i motivi dei comportamenti umani, a lui spesso incomprensibili.
Poi ci sono Lydia e Beatrice, due sorelle, cugine di Viper e Mendip, che hanno intrapreso due strade completamente opposte, ma comunque in rotta con la propria famiglia, anche per rivendicare, ognuna a suo modo, un’autonomia e una sete d’amore sempre negategli.
La prima, attrice di film pono e prostituta, vive con apparente cinismo le sue storie con cui deve anche sbarcare il lunario visto che la madre, l’aristocratica Lady Quench, ha deciso da tempo di tagliarle i viveri. Ma non è altro che una disperata ricerca d’aiuto e di amore.
Beatrice invece vive sotto lo stesso tetto della madre, anche se ha scelto di vivere in soffitta e di frequentare solo la servitù della sontuosa villa di proprietà della famiglia. Comunista militante e convinta, assolutamente incomprensibile a una madre che ha fatto dell’avidità e della posizione sociale gli unici scopi della propria vita.
La scena finale, che si svolge proprio nella villa, è un vortice di avvenimenti che poi, come nella migliore tradizione raymondiana, sfocerà nella tragedia, coinvolgendo senza possibilità di redenzione tutti i protagonisti del romanzo.
Un romanzo in cui, al contrario dei testi di Raymond che appariranno successivamente, la metafora è palese e facilmente decifrabile, anche se non sintetizzabile in poche righe. La parabola discendente, l’inevitabile disgregazione di una aristocrazia ormai da tempo sull’orlo (e anche oltre) del baratro. Ma non solo. Parola di Derek Raymond.

Derek Raymond — Atti privati in luoghi pubblici (Public Parts And Private Place) — Trad. di Pier Franccesco Paolini — Meridiano Zero, pp. 224 — euro 13,50