di Valerio Evangelisti

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Tra i meriti cospicui delle edizioni Stampa Alternativa, figura anche quello di proporre un tipo di romanzo storico inconsueto, in cui alla trama si mescola una profondità di analisi degna di un saggio. Tali sono, per esempio, i romanzi di Adriano Petta consacrati al catarismo e altre eresie. Tale è anche questo Femmina strega (194 pp. € 10,00) di Mario Boffo, un funzionario della carriera diplomatica qui alla sua seconda prova narrativa.
Il tema del romanzo, e dell’ampio saggio che lo introduce, è quello del “principio femminile”, cioè di quell’elemento cosmologico femminino che, ben presente nel paganesimo, il Cristianesimo si sforzò poi di cancellare. Anzi, più che del solo cristianesimo dovremmo parlare delle grandi religioni monoteiste, con una variante un po’ più moderata nell’Ebraismo e una più estrema nell’Islam (il grado di ostilità varia, come si vede, col variare dell’età della religione considerata).

Va detto che, a parte il radicalismo musulmano, le religioni più diffuse videro riaffiorare il “principio femminile” nel proprio seno o, per meglio dire, in quello delle loro correnti eretiche o eterodosse: lo gnosticismo in ambito cristiano (matrice vera del catarismo, dei Fratelli del Libro Spirito e di tante altre eresie) e della Cabala in ambito ebraico. E non a caso, in età medioevale, residui gnostici e temi cabalistici, uniti al recupero di rituali pagani, andarono a comporre il complesso fenomeno chiamato “magia”.
Fu proprio contro la magia che il Cristianesimo combatté la sua ultima, sanguinosissima crociata e, avendo intuito che le donne erano al centro di questo paganesimo risorto finì, dopo qualche esitazione su un possibile ritorno del culto di Diana, per legarle a Satana quali sue ideali succubi o sacerdotesse. Nacque dunque la figura immaginaria della “strega” — immaginaria come ricostruzione, se si considera che la mascolinità di Satana è indubbia e che i grimoires, esattamente come i manuali dell’Inquisizione (dal ‘400 in poi), erano per lo più redatti da anziani sacerdoti che vi riversavano tutte le loro turbe.
E’ appena il caso di ricordare che se le “streghe” costituivano una categoria peculiare, in realtà tutte le donne erano sospettate di potere divenire tali. Come ha ben dimostrato Guy Bechtel (La sorcière et l’Occident, Plon, Parigi, 1997; Le quattro donne di Dio, ed. Pratiche, 2001), il disprezzo ecclesiastico colpiva anzitutto la peculiare funzione femminile, e cioè la maternità; al punto che sia alla donna incinta che alla donna semplicemente mestruata era interdetto partecipare alle funzioni religiose. La Chiesa quale principale paladina del “diritto alla vita” è una novità recentissima, ultimo sviluppo disperato del tentativo di disciplinare comunque la donna imponendole regole ferree. Anche a costo di cadere nel paradosso di agitare il modello della Donna Vergine senza accorgersi che anch’esso — come ci hanno spiegato con abbondanza di prove Erich Neumann e in genere i pensatori post-junghiani — ricalcava e ricalca miti coltivati dal paganesimo.
Servivano comunque le streghe, individuate nelle cosiddette vetulae – adepte non già di Satana bensì di ciò che oggi chiameremmo medicina naturale — per impartire alle donne meno sottomesse una lezione esemplare, sotto forma di massacro protratto per alcuni secoli. Tanto che anche i “revisionisti” della storia dell’Inquisizione (oggi una folla), devono arretrare di fronte alle cifre di questo spaventoso delitto, e ancora di più di fronte alla rivelazione dell’identità e dell’umanità di chi ne rimase vittima (cfr. AA.VV., Mujeres en la Inquisición, a cura di Mary E. Giles, Mrtinez Roca, Barcellona, 2000).
Della vicenda di una di queste streghe, e dello scontro tra “natura e cultura” che lo sottende, dà conto Mario Boffo nel suo romanzo (come già fece Mino Guerrini in un romanzo che non raccolse a suo tempo l’attenzione dovuta: Strega, ed. Interno Giallo, 1991). Siamo nel XV secolo, tra Abruzzo e Campania, e una donna viene trascinata al rogo. Gli antecedenti e il processo davanti all’Inquisizione sono ricostruiti con assoluto scrupolo documentario, fatta volutamente eccezione per un dettaglio: la formula magica ripetuta in tutto il libro è quella, un po’ improbabile, per scacciare Lilith, la “madre terribile” della Cabala. Ma ciò serve per spostare il discorso su una dimensione filosofica di respiro cosmico.
Insomma, se non lo si è ancora capito, è un romanzo da leggere assolutamente, e magari da meditare.