di As Chianese

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Strano paese l’Italia. Se ne devono essere resi conto in migliaia quando, di fronte all’immane catastrofe che ha semidistrutto il sud-est asiatico, il giornalista televisivo di turno ha annunciato, con un tono talmente serioso da sfiorare i limiti del grottesco, che non c’erano stati problemi per il ritorno in patria dei nostri VIP. Emilio Fede gode di ottima salute, credendo che la sua fortuna, oramai, abbia a che vedere più col culto del nume tutelare d’Arcore che con le statistiche del caso. Gigi D’Alessio ha salvato ugola e famiglia ma non le valige, e se ne rammarica in diretta davanti a un confuso Giorgino. Filippo Inzaghi è il primo a tornare, manifesta un po’ di panico all’aeroporto ma non troppo, sta gia pensando al campionato e al suo atteso ritorno sul campo.

Intanto, orribilmente, 130.000 e più anime davano l’addio a questo mondo tra i marosi. Quasi tutti dei poveracci, che pagano il fio di un diluvio universale che spazza via senza differenze ricchi e reietti, in un crescendo di vittime e di conti che si vanno ad ammassare tutti sulla coscienza dei tour operator, degli appaltatori abusivi e di chi ha permesso per anni impuniti sfruttamenti ambientali. La famigerata onda anomala, tsunami, ha fatto precipitare una situazione altamente a rischio, un sistema perverso che sarebbe prima o poi esploso anche senza l’intervento apocalittico di madre natura.
Ma la tv italiana, il grande mezzo mediatico che obnubila le coscienze, questa volta si è trovata alle prese con un evento di grande portata giornalistica, che ha coinvolto a reti unificate bene o male tutti. La grande catastrofe ha posto l’accento sui mali del mondo, non facendoci vedere l’oramai classica diretta tv del giorno di Natale dei nostri soldati in Iraq, sostituendo malauguratamente la tragedia alla più meschina oleografia. Eppure, riflettendoci amaramente, si è dovuta presentare proprio la micidiale onda per ramazzare un po’ di spazzatura dai nostri teleschermi. La messa in onda delle informative su questo disastro ha coinciso con l’incredibile declino di certi “casi” prettamente televisivi legati ad una mostruosa carenza di share.
Primo fra tutti il tedioso “fenomeno Lecciso” che ha infervorato gli animi degli italiani prima della catastrofe. Fenomeno di natura incredibilmente falso – antropologica: riflessione attonita sui modi leciti e non di approdare nel nostrano star system, considerazione rassegnata sul ruolo di madre, donna e regina del focolare con tanto di interviste ai paesani e gran finale con dubbio di hemingwayana memoria sull’Avere e non avere. Ma soprattutto: una grande bufala, montata ancora una volta sul gossip e sulle prosperose forme della aspirante signora Carrisi.
La tsunami ha rimandato, ahinoi, la disquisizione sul trash che aveva coinvolto addirittura il professor Zecchi docente di estetica in quel di Milano, ricordando che oramai si tende a fare un uso e abuso della parola “trash”, dall’inglese letteralmente “pattume”, termine incredibilmente usato da certa spocchiosa critica davanti a quel capolavoro di stile che è il film Vestito per uccidere (1980) di Brian De Palma. E’ lecito cercare di capire perché, davanti alle due sorelle Lecciso palesemente inappropriate ad apparire in video e incoraggiate in termini di share dalla diatriba familiare montata con Al Bano, gli italiani non si fossero posti ben altri dubbi in termini professionali, anziché cimentarsi nell’ingrato compito di trovare “un qualcosa” che queste due sappiano pur fare. E mentre il loro chachet lievitava vistosamente tanto da far tirare le somme a un giornale di economia, nessuno si è domandato perché in Italia sul video in prima serata ci fossero due incompetenti che sulla RAI prendevano soldi da denaro pubblico, di gente che paga il fottuto canone, e non ci fosse spazio per persone come Michele Santoro, Enzo Biagi, Sabina Guzzanti e Daniele Luttazzi.
Per le Lecciso non c’è nessun diktat, addirittura se le contendono a suon di ricchi contratti e di prestigiose presenze a Porta a Porta e nello show domenicale. Tutto ciò è davvero inaudito, tutto ciò ci fa capire ancora una volta come noi, amanti e dipendenti dei talk show e dei reality, siamo in una vera e propria Pornocrazia (e Cahterine Breillat mi passi l’omaggio) dove non conta più l’informazione o l’intelligenza dei format, ma valgono i personaggi da copertina che bucano lo schermo e saziano istinti primari grazie ad un continuo ammiccamento al porno-soft, in una veloce escalation che va dal calendario all’intervista con Marzullo.
Loredana Lecciso e sorella sono l’equivalente di Costantino Vitaliano ed altri mostri mediatici costanziani moltiplicati per mille. Sono l’emblema del paese delle veline dove il best seller di turno è un libro pornografico di pessima fattura (Melissa P.), il luogo comune della raccomandazione fatta persona e sdoppiata, quanto di più criminoso nei confronti del buonsenso televisivo ci possa essere. Si, perché le due in questione fanno un uso criminoso della tv, fomentando un falso femminismo in nome di false prese di posizione ed egocentrici vezzi. Le Lecciso vogliono essere il simbolo di una nuova femminilità e di un nuovo modo di essere donna e mamma, ma fin quando faranno parlare di loro, più che per l’intelligenza, per le grazie mostrate da esorbitanti scollature, saranno relegate sempre e solo alle pratiche basse di una tv in rovina.

Strano paese l’Italia. Capace di essere generosissima e di mobilitarsi per le grandi cause ma incapace di scrollarsi da dosso la merda, il trash, in cui versa da parecchio. E mentre continuano ancora adesso le tavole rotonde sull’emergenza Asia, c’è già qualcuno che pensa all’intrattenimento e al ritorno delle terribili gemelle in tv. Si vive di controsensi, si adorano personaggi straricchi anche se si campa con uno stipendio da fame e le voci fuori dal coro vengono impunemente zittite.
Benvenuti a Leccisopoli, benvenuti in piena Pornocrazia. Amaramente da lontano si sentono le musiche degli improbabili stacchetti per Striscia, quando impresso negli occhi c’è ancora il mare che vomita i cadaveri di tanti poveri innocenti. Adesso che quei paradisi si sono trasformati in inferi, ora che quelle acque azzurre sono simili a un’immensa cloaca, c’è un po’ di tempo per riflettere e per intristirsi prima del ritorno alla normalità e all’effimera Pornocrazia. Ora che l’oceano indiano appare più che mai calmo, piatto ma con l’odore della morte intorno, così: come un’immensa conca piena di lacrime.