equosolidale.jpgIl commercio equo e solidale è in buona salute: 12 milioni di italiani lo conoscono, quattro in più dell’anno precedente, grazie anche alle bandiere della pace vendute nelle ‘botteghe del mondo’ italiane.
Il commercio equo però cresce anche in termini di vendite, non solo di visibilità: quasi 7 milioni di italiani hanno comprato prodotti equi nel 2003 (erano 3,7 un anno prima). Tra questi, una fetta consistente pari al 15% (1 milione di persone) li compra abitualmente, il 50% più volte l’anno (3,4 milioni) e il 35% una o due volte (2,4 milioni). I fatturati degli importatori nel complesso superano i 60 milioni di euro.

“In questi dieci anni” racconta Andrea Renia, presidente delle botteghe del Mondo “la nostra qualità è cresciuta moltissimo. Siamo più appetibili, più attraenti, sia per la grande distribuzione che per il pubblico più accorto. La nostra filosofia è sempre quella: un giusto prezzo per un giusto lavoro e l’assenza di intermediari tra chi produce e chi vende”.
Una ricerca della Gpf & Associati traccia l’identikit del consumatore solidale. Chi compra prodotti del commercio equo è interessato ai temi politici, dichiara di essere prevalentemente di sinistra (29%) o di centro-sinistra (25,1%), ma un abbondante 20% dichiara invece affinità politica con il centro o il centro-destra.
Il 66% degli acquirenti abita nel Nord Italia ed è principalmente uno studente (17,3%), un impiegato (15,6%), una casalinga (13,8%) o un operaio (13,7%). In fondo alla lista gli imprenditori e i liberi professionisti, i lavoratori autonomi, gli agricoltori e, curiosamente, insegnanti e intellettuali (con il 4,2%). Anche se rappresenta appena lo 0,01 del commercio internazionale, Commercio Equo e Solidale esiste ormai da oltre 30 anni in Europa e attualmente coinvolge circa un milione di famiglie in 45 Paesi del Sud del mondo, fattura circa 500 milioni di euro in Europa, ed è presente in oltre 18 Paesi dell’Unione con oltre 3000 Botteghe del Mondo.