jospinchirac.jpgmonde.jpg“La mia posizione sul caso Battisti? La si desume dai miei atti di primo ministro. Ho inteso sempre proteggere i rifugiati italiani, secondo le promesse che avevamo fatto. Si parla di dottrina Mitterrand, ma anche io, e altri premier prima di me, l’abbiamo sottoscritta”. Parla Lionel Jospin (nell’immagine a sinistra, a colloquio con Chirac), e rivendica allo Stato francese nella sua totalità l’applicazione pluriventennale del protocollo di protezione attuato a favore dei rifugiati a Parigi. La gauche francese, che quasi nella sua integralità ha preso posizione in questi mesi contro l’estradizione in Italia di Cesare Battisti, si spiega su Le Monde. Il quotidiano intervista i principali leader socialisti, e pubblica per esteso le due distinte e controverse dichiarazioni del defunto presidente Francois Mitterrand, dalle quali discenderebbe l’omonima “dottrina”.
“Battisti – afferma Laurent Fabius, primo ministro nel 1985 – venne da noi dicendosi: ‘ho la parola della Francia’. Se si lascia venire qualcuno, e’ molto difficile in un secondo tempo rimettere la cosa in discussione, tanto piu’ che Battisti non sarebbe nuovamente giudicato in Italia”.

Fabius ricorda che, proprio seguendo le indicazioni di Mitterrand che escludevano dalla concessione di asili i “reati di sangue”, concesse da primo ministro l’estradizione ad alcuni detenuti baschi spagnoli. La differenza, secondo lui, e’ che “il terrorismo era un capitolo chiuso in Italia, non in Spagna”.
Pierre Mauroy era primo ministro proprio mentre Mitterrand pronunciava le sue affermazioni che hanno fatto “dottrina”: “Si’ – ammette oggi – Mitterrand parlo’ di reati di sangue, ma la sua dichiarazione era divisa in due parti. Davanti a Craxi, ha invocato una dottrina generale, ma c’era il principio e la pratica. Accanto al terrorismo che minava la democrazia italiana, c’erano quelli che avevano rotto in modo evidente ed erano venuti in Francia. La filosofia era quella di uscire dal terrorismo”. Mauroy ricorda le schede degli attivisti che piovevano sulla sua scrivania: “avevamo la volonta’ di non estradarli, dal momento che avevano rinunciato a ogni attivita’ e non erano troppo appariscenti. Il governo italiano non aveva troppa fretta di cercarli, ne’ i francesi di consegnarli. Si era stabilito una specie di modus vivendi e Battisti fa parte di questa storia”.
Con Le Monde parla anche il magistrato Louis Joinet, che fu consigliere giuridico di tutti i primi ministri socialisti fra il 1981 e il 1991: “non bisogna dimenticare – avverte – che Mitterrand era avvocato. La frase chiave del suo intervento (quello davanti a Craxi, ndr) e’ il riferimento al ‘dossier seriamente sostenuto. Le domande che ci pervenivano dall’Italia erano la maggior parte delle volte mal riempite”.
Anche Henri Emmanuelli, che nel 1985 era sottosegretario al Bilancio, ricorda: “per quelli che erano al governo in quegli anni non c’era ambiguita’ possibile. La pratica lo ha dimostrato. Se Chirac era in disaccordo con il suo predecessore, avrebbe dovuto rimettere in discussione la dottrina fin dal suo arrivo al potere”.
Nell’intero arco socialista, schierato a difesa della “parola data” dalla Francia, si distingue il solo Manuel Valls, ex consigliere di Jospin, per il quale la sinistra “ha sbagliato battaglia”.