di Cesare Battisti

“Domani mattina dormirete un’ora in meno”. Viene l’estate e l’ora legale. Come se al chiuso di una cella avessimo vacche da mungere e ce ne fregasse qualcosa dei loro muggiti. Qui, dove ogni ora dell’anno è sempre in più, mi sembra che l’avvenimento meriti un pensiero.

Che sia rimasta solo l’Italia ad applicare ancora l’ora legale? Oppure è tutta l’Europa? Non lo so più. Avevo già smesso con i telegiornali per sovraddose di Covid.  Adesso, con la guerra d’Ucraina e la spassosa propaganda filo occidentale, ho smesso anche di leggere il giornale. Siamo agli sgaccioli.

Mentre nei poesi considerati “autarchici” c’è chi si fa imprigionare o anche eliminare nella lotta contro la censura, da noi la s’invoca a piene voce. Ce l’applichiamo da soli mentre si dà la caccia a chi osa prendere le distanze dalla guerra; guai a chi invoca la pace! Osare una parola non in linea vuol dire farsi massacrare dai media o dalla faglia da essi avvelenata. Sono depresso.

Se qualche volta ho dubitato della forza della Politica, del mio impegno sociale, oggi so che questi dubbi erano dovuti a una sorta di difesa preventiva, considerarmi fuori dall’orrore che sarebbe venuto. Ho perso la speranza.

Possiamo anche continuare a illuderci oppure fare del cinismo una brutta commedia, ma a vedere l’umanità sprofondare nell abismo dell’inconscienza, nessuno può veramente credere di farla franca. Ci si sente smarriti, privati anche dell’estrema eroica soddisfazione di Sansone che cade com tutti i Filistei.

Come continuare e pensare, a credere che si possa ancora amare, tenere in caldo il cuore e gli occhi aperti, mentre “destre” e “sinistre”, nostrane o esotiche, banchettano facendo affari sulle pelle di un popolo preso in ostaggio dalla follia di padroni universali. Non sogno più.

Non sono gli orsachiotti di peluche che i reporter al fronte mettono in mano ai bambini prima di girare, che mi minano il sonno. Ma le grido soffocate, l’odore di sangue e di escrementi, lo sfacelo fuori campo, l’agoniq esclusa dallo show pornografico delle TV riunite, a togliere il respiro. Tutto questo lo possiamo immaginare mentre il sonno, in barba all’ora legale, ci castiga  da lassú, appeso al bianco sporco di un soffito di prigione. L’immaginazione uccide, la guerra vende.