di Edoardo Todaro

Gianluca Ferraris, Perdenti. Piemme, 2021, pp. 320, € 19,00.

Da Michele Navarra a Valerio Varesi; da Gianrico Carofiglio a Claudio Rea; il legal thriller, effetto collaterale del noir che mostra il degrado umano, sociale, culturale di una società allo sbando, si impatta con Gianluca Ferraris e l’avvocato Ligas. Intanto a chi si ispira Ferraris? Domanda retorica, con risposta, per certi versi scontata: a Scerbanenco ed a Milano, una grande metropoli che sta affondando. Milano con la sua periferia composta da bar frequentati da tossici da slot,  da case costruite da palazzinari senza scrupoli cioè immobiliari arricchiti che abusano di lampade abbronzanti, con pensionati dall’aria sconfitta e muratori nordafricani a fine turno, la Milano da bere fatta di papponi obesi che si accompagnano con modelle d’oltrecortina .Una Milano divisa tra un oggi “ disperato “ ed un passato che non deve tornare, una Milano stanca in una società stanca, una società attraversata dalla rabbia di chi non ha più nulla da dare e non ha nulla da perdere, perché  “ … la povertà è come la tosse che non puoi nasconderla a lungo”.  Un avvocato a cui francamente risulta difficile affidarsi, visto il suo stile di vita sempre ai margini, un avvocato, anzi un ubriacone penalista, un “azzeccagarbugli“ da cui stare alla larga.

L’avv Ligas che condivide il suo studio con un fiscalista, Michele, un civilista, Paolo. Un avvocato separato, alcolista e per questo alla continua ricerca della possibilità di riabilitarsi, sull’orlo dell’abisso professionale e familiare, che vive tra bar e tribunali, che non sopporta i social, che si pone ideologicamente contro il carcere in quanto luogo non rieducante, incompatibile alla società in cui vive visto che questa, disprezzando  la libertà, non può portare niente di buono, ripudiato e messo fuori gioco dai suoi collaboratori, che proprio per la sua professione deve frugare la psiche altrui e incontra, per incarichi di lavoro, il nuovo fenomeno del pop italiano: Giacomo alias Jack Zero, un cocainomane dimenticato da tutto e tutti, in parabola discendente dopo aver toccato il punto più alto e finito in un guaio più grosso di lui. Una sua discesa che lo fa coincidere con un poliziotto assassinato. Un fenomeno abbandonato da qualsiasi alibi ed a cui rimane solo il movente.

Un poliziotto assassinato? Il colpevole subito ! Trovare un colpevole, non il colpevole. E che fare di fronte ad una società che si sta avvelenando di un veleno difficilmente estirpabile, come il risentimento e l’astio. Comunque Ligas ragiona e si domanda come rapportarsi di fronte ad una normale quotidianità che porta a gesti estremi, che deve correre a salvare quanto sta facendo prima che tutto deragli, ed avere come priorità il tenere testa a rimpianti e rimorsi. Perplessità che portano l’avvocato Ligas a far suo  1) il “ ragionevole dubbio “ di statunitense provenienza, “se le domande non sono mai sbagliate …. lo sono le risposte”, un approccio dubitativo rispetto alla realtà, con troppi se, troppi forse, troppi magari;  2) rapportarsi con le statistiche ufficiali che dicono che poco più dell’80% degli omicidi è effettuato da qualcuno che la vittima conosce bene : dai partners ai parenti.  La sua filosofia di riferimento? “ Non condannare un reato ma punire un reo, visto che per un reato si può scontare una pena mentre si è rei per sempre“. Direi che il titolo “ PERDENTI “ è l’elemento di riferimento, perdenti che con la loro determinazione si riscattano da eventi non solo contrari, ma che sicuramente fanno retrocedere chiunque sulla fantomatica scala sociale. I perdenti di cui l’avvocato Ligas è soggetto di riferimento ci attendono a nuove avvincenti storie e noi siamo pronti a leggerle