di Gioacchino Toni

red_pill_blue_pillcopy1“You take the blue pill, the story ends. You wake up in your bed and believe whatever you want to believe” (Morpheus, Matrix, 1999)

Digitando su di un motore di ricerca immagini il nome di personaggi come Jean-Claude Juncker, Mario Draghi, Christine Lagarde, Angela Merkel, Barack Obama, David Cameron, Mariano Rajoy Brey, Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Vladimir Putin, Nicolas Sarkozy, Francois Hollande, Marine Le Pen ecc., si nota che, indipendentemente dal “colore politico”, il blu predomina ampiamente sia nell’abbigliamento che nei fondali dei convegni e degli studi televisivi. Il medesimo risultato si ottiene anche inserendo i nominativi di vecchie glorie vicine, come Tony Blair e George Bush (junior o senior), e lontane, come Margaret Thatcher e François Mitterrand. Anche digitando i nomi dei più influenti organismi economici o politici, ammesso siano distinguibili, come International Monetary Fund, World Bank, Goldman Sachs, European Union, United Nations, European Central Bank ecc., nuovamente trionfa il blu, in tutte le sue tonalità.

Il blu è rassicurante e viene percepito come colore poco connotato politicamente, è il colore del “buon senso”, che non spaventa, che lascia andare a letto tranquilli sapendo che per adeguarsi a quel colore non ci si deve esporre troppo. Nel mondo occidentale il blu, nelle sue varianti, pare essere di gran lunga il colore preferito da buona parte della popolazione, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza. L’abbigliamento, che è forse l’indicatore più efficace, se indagato sul lungo periodo, testimonia tale preferenza, indipendentemente dalle mode effimere che durano una stagione. Anche quando nei sondaggi il blu non viene indicato come colore preferito, facilmente risulta citato tra quelli “meno sgraditi”, ciò risulta importante perché la mancata ostilità è una carta decisiva in mano a chi intende esercitare il potere.
Matteo Renzi ospite a ''Porta a Porta''Il blu predomina anche negli studi televisivi di trasmissioni come Porta a porta e Domenica in, oppure risulta una presenza importante in Che tempo che fa e Servizio Pubblico. Domina in notiziari come Tg1, Tg3, Tg5, Studio Aperto, CNN Breaking News, Fox News, o coabita con il rosso od il verde in telegiornali come SkyTg24 o Tg La7. Se è pur vero che, in alcuni casi, come negli studi di BBC News e del Tg2, tende a lasciare la scena ad una gamma cromatica orientata al rosso, in generale si può comunque dire che il blu è il colore dominante dell’infotainment televisivo.

Michel Pastoureau, tra i massimi studiosi di storia dei colori, sostiene che, ai nostri giorni, “questo gusto pronunciato per il blu non è l’espressione di pulsioni o di motivazioni simboliche particolarmente forti. Si ha persino l’impressione che sia perché è simbolicamente meno ‘connotato’ di tanti altri colori (…) che il blu ottiene il consenso generale”. Che il successo del blu sembri derivare anche dalla sua scarsa connotazione simbolica è emblematico di come la società contemporanea risulti apatica, sempre più omologata, e di come anche quel residuo di volontà dell’individuo che mira ad essere riconosciuto come tale necessiti di una diffusa rassicurazione. Servono tante, rassicuranti, amicizie nei social network e quando si usufruisce dei dieci minuti di celebrità, le regole del gioco impongono la ricerca del consenso diffuso. Si tratta di un gioco perverso in cui l’individualità si cerca nell’omologazione. I creatori/venditori di moda conoscono bene i propri clienti, sanno perfettamente quanto questi siano sostanzialmente timorosi ed equilibristi, dunque ricorrono spesso a “veltronismi”: i “ma anche”. Per la donna elegante ma anche, al tempo stesso, sportiva… o viceversa, come preferite. Il frasario d’ordinanza è composto, probabilmente, da non più di dieci termini shakerati come nemmeno al vecchio Cabaret Voltaire zurighese…

m1Il blu, non è sempre stato fruito allo stesso modo, Pastoureau, nel suo Blu. Storia di un colore*, uscito in Francia nel 2002, ripercorre la sua storia in occidente dall’antichità fino ai giorni nostri, indicando come questo ha mutato più volte significato e modalità di percezione. “Considerato un fatto sociale, il blu e le sue alterne fortune rappresentano pertanto il ritratto in continuo divenire di una società, quella umana, costantemente impegnata a fissare e ridefinire la propria scala di valori”.

In ambito greco-romano il blu viene considerato un colore negativo, associato ai “barbari”. Il blu conosce una sorta di oblio per diversi secoli e, secondo lo studioso, diviene un colore di primo piano in Europa soltanto attorno al XII-XIII secolo associato, in ambito religioso, al mantello della Madonna, sino ad allora di colore scuro, grigio o nero. Da questo momento, per diversi secoli, blu e rosso rappresentano una vera e propria coppia di contrari (femminile/maschile; morale/festante ecc.). A partire dal Settecento le cose cambiano drasticamente, il regresso del colore rosso lascia spazio al definitivo trionfo del blu che si impone come colore preferito a livello europeo. In parte, il successo è determinato da questioni “pratiche” che hanno a che fare, a livello materiale, con i coloranti utilizzati nella tintura delle stoffe (dal naturale indaco all’artificiale blu di Prussia) ed, a livello simbolico, con l’associare il blu al progresso, all’illuminismo. Se un ruolo prioritario per il successo del blu si deve alle rivoluzioni americana e francese, non di meno vale il contributo dato sia dalla letteratura illuminista che da quella del primo romanticismo. In ambito romantico, ad esempio, il colore blu viene celebrato tanto dall’abito del protagonista del romanzo di Goethe, I dolori del giovane Werther, quanto dal fiorellino blu al centro dell’opera incompiuta di Novalis, Enrico di Ofterdingen. Il blu, già colore di moda nell’abbigliamento tedesco nella seconda metà del Settecento, viene ulteriormente rafforzato proprio dall’abito del protagonista del romanzo di Goethe, tanto che determina il diffondersi della moda dell’abito blu “alla Werther”. Il “blu romantico e malinconico” viene così “aureolato di tutte le virtù poetiche”.

Flag of european unionÈ in ambito francese, sottolinea Pastoureau, che il blu diviene il “blu nazionale, militare e politico”. Il blu, in Francia, appare negli stemmi reali già tra il XII-XIII sec. ma, alla vigilia della Rivoluzione, il colore della monarchia è il bianco. È con la Rivoluzione che il blu diviene il colore della Nazione. Il blu si trasforma, via via, da colore dei difensori della Repubblica, a colore dei repubblicani moderati fino a divenire emblema dei liberali o dei conservatori. Nella storia militare francese il blu viene già utilizzato dalle Guardie francesi, corpo di élite nato verso la metà del XVI sec., che fraternizza con gli insorti nel luglio del 1789, tanto che molti suoi uomini passano poi tra le fila della Guardia nazionale parigina mantenendo le vecchie uniformi ed aprendo la strada alla proclamazione del blu come colore nazionale in contrapposizione al bianco monarchico ed al nero clericale e della casa d’Austria. Con le guerre in Vandea il blu dei soldati della Repubblica assume una “dimensione ideologica”: blu repubblicano vs. bianco cattolico e reale. Successivamente al blu repubblicano si affianca il rosso dei socialisti. Dalla rivolta del ’48 il blu perde ogni connotazione rivoluzionaria fino a divenire il colore dei repubblicani moderati, poi dei centristi e, con la Terza Repubblica, della destra repubblicana.
In generale, buona parte dell’Europa, tra Otto e Novecento, finisce con l’adottare una simbologia cromatica analoga: il blu diviene prima emblema dei partiti repubblicani progressisti, poi moderati, infine conservatori. Alla sua sinistra spetta il rosso, alla sua destra il nero, il bruno o il bianco, colori di clericali, fascisti o monarchici. Balzato prepotentemente al centro della scena con la stagione della Rivoluzione francese, nell’abbigliamento, il blu, per qualche decennio, nel corso dell’Ottocento, viene soppiantato dal nero. Già ad inizio Novecento, però, il nero inizia ad essere affiancato da altri colori e, dopo la Prima guerra mondiale, il nero degli abiti maschili inizia a cedere il posto al blu marin a partire dalle colorazioni delle uniformi di vari corpi. Negli abiti civili il blazer rappresenta l’esempio più evidente del passaggio dal nero al blu.

Se il significato del colore blu è mutevole nel tempo, non di meno, allo stesso colore possono essere dati significati differenti, se non antitetici. In epoca recente, si pensi, ad esempio, a quel che hanno significato nell’immaginario novecentesco le “tute blu”; simbolo di un possibile riscatto proletario da una parte, e simbolo di un’irrazionale, quanto ingeneroso, tentativo di annullare l’ordine costituito dall’altro. In ambito diacronico, è curioso come sia mutato il portato simbolico nel corso di qualche decennio dell’indumento blu per eccellenza: i blue jeans. Passati di volta in volta da indumento da lavoro a pantalone contestatario, a prodotto di consumo, a capo recuperato e trasformato dal marketing della moda.

Matteo Renzi a Leopolda 13In epoca contemporanea, il blu sembrerebbe proporsi come risposta tranquillizzante ad uno stato d’animo emergenziale indotto quotidianamente dal mondo dell’economia e dai suoi portavoce (politici e mass media). Si crea il malessere nell’individuo per poi presentarsi come risposta sensata ed equilibrata, come a dire che si creano i presupposti per le guerre, poi si mandano i caschi blu.
Grazie al blu si ha un’umanità serena, liberata dai travagli emotivi e dalle incertezze materiali. Il blu è il colore più efficace per chi si presenta come fautore del buon governo, per chi dichiara l’intenzione di governare avendo a cuore la serenità diffusa e che richiede allo spettatore/elettore un sostegno che non lo costringe ad esporsi troppo: è un sostegno dato a distanza di sicurezza. Il blu è rassicurante, gli si possono dare in gestione i risparmi di una vita. Il blu è competente, sotto al pullover blu, il nuovo vate del progresso industriale indossa pur sempre la camicia d’ordinanza. Blu è pur anche il colore della pillolina miracolosa quanto una Duracel alcalina ma, dopotutto, rappresenta pur sempre un tranquillante per ansie da prestazione. Il blu è un colore rasserenante, è il colore di chi, con sobrietà, magari attraverso il telecomando, ti prende per mano e ti fa addormentare e “domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai”. Dalle nostre parti, più prosaicamente e con la sintesi comunicativa di cui Jerry Levis de noantri è maestro, si potrebbe semplicemente dire che il blu è il colore dello “staiserenismo”.

 

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Edizione economica: M. Pastoureau, Blu. Storia di un colore, Ponte alle Grazie, Milano 2008, 237 pagine, € 13,00

Edizione con apparato iconografico: M. Pastoureau, Blu. Storia di un colore, Ponte alle Grazie, Milano 2002, 216 pagine, €25,00