di Daniela Bandini

Ricciardiello-CosaSuccederàFranco Ricciardiello, Cosa succederà alla ragazza, Cordero editore, pp. 234, € 15,00

L’altra mattina al bar, un qualsiasi bar di una comune provincia emiliana, nebbia oltre i vetri, profumo di brioche e caffè, insomma in una qualunque banale mattina italiana, su Virgin Radio in sottofondo riconosco una canzone di Lucio Battisti. Scruto le reazioni dei presenti, nessuna per la cronaca, mentre inorgoglita affermo a me stessa: “periodo Panella”. Ci mancava un “elementare Watson” per suggellare una competenza che mai, vi assicuro mai, avrei acquisito senza Franco Ricciardello.

Nel suo avvincente romanzo, l’autore e il suo tramite, il sostituto procuratore Erasmo Mancini, affrontano una drammatica inchiesta riguardante la scomparsa di una bambina, le cui circostanze ricordano il rapimento di Natascha Kampush, incarcerata per 8 anni dal suo aguzzino Priklopil, che molti certamente ricorderanno. Priklopil, stranamente mi ricorda il nome di uno psicofarmaco, sarà il collegamento con i disturbi mentali. Per la cronaca, il DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali pubblicati dall’APA, l’American Psychiatric Association,  prevede che patologie simili siano scrupolosamente incasellate tra il pedofilo e  il molestatore. C’è il tipo Esclusivo se il soggetto è attratto solo da bambini, il tipo Non Esclusivo se l’attrazione per i minorenni é prevalente, il tipo Differenziato che prova desiderio solo per uno dei due sessi… quindi c’è “l’Indifferenziato Maschile, l’ Incestuoso Esclusivo” ecc…

Ciò non toglie che il bisogno di catalogare, quel bisogno di avere il controllo anche delle componenti umane più irrazionali, stride con la concretissima realtà di dover liberare una bambina da una situazione che non potrà mai metabolizzare. Potrà provarci, almeno in certi sprazzi di vita, quando finalmente il trauma sfuma e si dice “Va tutto bene”.

Il sostituto procuratore Erasmo Mancini si cimenta in questa impresa, con la precisa sensazione che solo riuscire a scrivere una biografia di Battisti da troppo tempo rimandata (da qui il periodo Mogol e Panella) sia la chiave di volta dell’indagine. Cioè, con la convinzione che quella linea chiara, precisa sia in fondo già scritta. Basta scoprire il nesso di certe cose, di alcune scelte, un’intuizione illuminante che basta cogliere, da qualunque pretesto essa scaturisca.

Oltre che in Battisti, leggendo questo romanzo, diventerete esperti di tè e cerimoniale cinese. Complice l’amore, forse quello della volta buona, complice la coincidenza, che è sempre un’attrazione inconsapevole. Saprete che, e lo saprete dopo aver letto il libro, che il Bilóchūn-Bi, termine per il colore verde giada – luó indica le foglie avvolte su se stesse e chūn significa raccolte in primavera – è uno dei dieci tè più famosi in Cina. Viene dai giardini del lago Taihú, dove le piante sono alternate ad alberi di pesco.

Battisti, Cina, amore, psichiatria, amicizie, colleghi, il tutto in una Torino che viene solo voglia di visitare, di scoprire o di riscoprire.

E’ molto difficile leggere un noir, un poliziesco italiano di una tale profondità, che appassioni il lettore e gli faccia vivere esperienze così diverse… Che lo istruisca, letteralmente, con tante conoscenze che l’autore elargisce con generosità. E’ questo che in fondo mi ha colpito. Ero anch’io a Torino, in fondo, col suo cinismo di superficie, le sue peculiarità che prolificano già in provincia, figurarsi in una metropoli italiana. Senza dimenticare mai – vi assicuro, mai per un minuto – che una bambina era nelle mani di uno che si crede autorizzato a schiavizzare un essere umano. E che quindi, sì, va bene Battisti, va bene il tè, gestisci lo stress come ti pare, ma vedi di liberare la bambina, cavolo!