di Giaka

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All’interno del centro sociale Gabrio di Torino ho partecipato a tantissime presentazioni di libri, dibattiti e riunioni per organizzare blitz contro la palude dello showbiz culturale italiano. Più volte, in giro per altri spazi simili, mi è capitato di raccontare quell’esperienza come un modello, soprattutto per la grande capacità di incidere e migliorare realmente la vita degli abitanti della zona circostante al centro sociale.
Infatti il Gabrio, oltre ad essere un centro propulsivo delle lotte nazionali, a partire dal movimento NoTav, da 18 anni è un importante luogo di aggregazione del popolare quartiere San Paolo dove ha promosso un’infinita quantità di iniziative, tra cui l’occupazione di diversi caseggiati per migranti, disoccupati e senza casa. Ora a causa dell’amianto che da sempre avvelena le infrastrutture del centro (che da tempo sono state messe in sicurezza dai militanti stessi), il Comune guidato da Piero Fassino intende sgomberarlo. Ma l’amianto è il consueto velo mediatico che maschera le operazioni di speculazione edilizia e perciò il Gabrio ha lanciato una campagna di firme per sostenere la sua difesa. Di seguito pubblichiamo un testo scritto da Giaka, militante del centro sociale minacciato dallo sgombero.
M. Philopat

Diciott’anni di lotta. Diciott’anni di storia tramandata nei racconti e negli articoli di cronaca, nei murales e nei manifesti, nei ricordi. Tramandata perché in diciott’anni ne cambiano di cose e ne passano di persone (e come cambia la gente). Una storia impressa a fondo tra il cuore e lo stomaco, insieme a tutte quelle che altri compagni di sogni hanno scritto e vissuto nei luoghi e negli anni, tatuandoci tutti di rabbia e amore, insegnandoci il ricordo, spingendoci a portare sulle spalle quella scomoda e inestimabile qualità che si chiama coerenza, anche quando è impossibile, anche quando costa il carcere.
Diciott’anni di lotta e di strada, di quella strada che lo Stato vorrebbe eliminata, spazzata via dalle volanti, macinata nei Cie, dimenticata nei carceri o nelle aree dismesse, spazzata via dall’urbanistica alienante e dall’omologazione culturale. Quella strada che viviamo da sempre con i fratelli e le sorelle e nella quale da sempre ci difendiamo, creando umanità dove vorrebbero il nulla.
Queste storia e queste strade sono più grandi di me, più di noi e più della controparte. Significano essere in prima linea in val Susa insieme a migliaia di uomini e donne libere, significano essere in venti ad aprire case per gli sfrattati, organizzare dal nulla concerti per migliaia di persone e regalare circuiti indipendenti alla musica, arrangiarsi insieme per mettere qualcosa tra i denti a fine giornata, significano essere vivi in questo mondo. E questo non è nulla, perché sono molto, molto di più. Quando sarà il momento noi ci saremo, con le nostre forze a difendere il Gabrio, come ogni volta. Sapremo fare la cosa giusta, scrivendo la storia di tutti noi con l’umiltà e la determinazione che i nostri cuori ci suggeriscono.
Questo che scrivo è un appello, il Gabrio chiama il resto della galassia.
Per noi è lotta, a voi schierarvi.

Giaka
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