di Lorenza Ghinelli

abram.jpegCredo che l’interpretazione che Kierkegaard ci ha offerto sul mito di Abramo sia di un acume disarmante. Abramo non superò la prova. Abramo, faccendiere di Dio, obbedisce al padrone senza consultare Isacco. Conduce il figlio sul Monte Moriah senza rivelargli le sue intenzioni, lo blandisce. Abramo non si pone scomodi interrogativi. Abramo non contempla la disobbedienza. Abramo non cerca strade alternative, non apre un dialogo con Isacco, non litiga con Dio, non chiede spiegazioni. Abramo non concede il beneficio della scelta nemmeno a Isacco, perché lo tiene all’oscuro di tutto.
Abramo, in realtà, non sceglie.
Concedetemi la metafora, ma il nostro Paese, alla stregua di Abramo, non brilla certo per intraprendenza, trasparenza ed eleganza.


Molti italiani vanno all’estero per beneficiare della fecondazione assistita, per sposarsi, e persino per morire, cercando di esercitare un libero arbitrio legittimo, ma non legittimato in Italia.
Che le persone dissentano, che spettegolino se proprio non riescono a farne a meno, è come chiedere a chi ha l’orticaria di non grattarsi. Che si grattino.
Ma quando tappe cruciali dell’esistere si compiono fuori dalle porte del proprio Paese, significa che qui, in Italia, c’è qualcosa di guasto che va ben oltre la crisi finanziaria che si ripercuote nel quotidiano di tutti (o quasi).
Se poi esponenti di rilievo di una sinistra acuta, brillante e combattiva cadono come pere su argomenti così delicati come il suicidio assistito, argomenti che richiedono la sospensione del giudizio in favore di un problematicismo costruttivo, significa davvero che rappresentiamo il motore guasto di questo sfacelo.
Un Paese che non osa pretendere dalla chiesa il pagamento delle tasse (specialmente in un momento così critico), non è un Paese in grado di tutelare la laicità dello Stato e i diritti inderogabili dei suoi cittadini.
Un Paese che non tutela i suoi cittadini è un Paese che tradisce la sua Costituzione.
Un Paese che apre le porte all’Antistato per accaparrarsi seggi in cambio di appalti è un Paese che tradisce la sua Costituzione.
Un Paese che tradisce la sua Costituzione è, in sostanza, un Paese che tradisce se stesso. Che se la racconta. Un Paese che crede alle favole a forza di ripetersele. Vedere alla voce ”governo Berlusconi”.
Un Paese che si nasconde dietro al berlusconismo è un Paese codardo.
Ad ogni modo, è un Paese che non sceglie.
E noi, assistiamo alle evoluzioni di un governo tecnico eletto non democraticamente, nella speranza che a farne le spese sia un capro piovuto dal cielo.

E allora torno al mito di Abramo, perché in questa favola nera si annida un pericolo mortale che non si chiama disobbedienza, ma cieca obbedienza a una morale che si dà per giusta senza esperirla. In questo mito si annida un altro pericolo non meno letale: la delega. Noi deleghiamo. Allo Stato o a chi per lui, a quello che crediamo essere il volere di Dio e bla, bla, bla.
Noi non scegliamo. E, quello che è peggio, non permettiamo agli altri di farlo. Il risultato matematico si chiama declino.
A farne le spese siamo sempre noi e, ovviamente, i nostri figli.
Non so se un narratore molto abile abbia scelto di riscrivere la fine di questo mito sostituendo un capro a Isacco.
So che io non resterei ad aspettare e nemmeno a sperare; semplicemente non seguirei volentieri un padre munito di coltellaccio che mi dice:
Vieni, vieni, che si va in montagna.
…Ma… a fare che?
Una cosa.
Ecco. Se io fossi Isacco due o tre concetti pretenderei che mi venissero spiegati. Perché magari ci renderemmo conto che i padri a volte sragionano, farneticano, millantano. A volte i padri sono prepotenti. A volte servono i padroni sbagliati. A volte immolano i figli per salvare se stessi.
Vorrei un Paese capace di portare rispetto verso scelte difficili, difficilissime, dolorose e, ripeto, legittime. Vorrei che i nostri politici educassero a questo rispetto. Vorrei che questo rispetto fosse supportato da leggi.
Altrimenti non è rispetto, si chiama raggiro, manipolazione, furto.
Predati del nostro diritto di scegliere dubito fortemente che un allevamento di capri espiatori possa risolvere la questione.