kung.jpgdi Hans Küng

La situazione della Chiesa Cattolica è seria. Il Papa merita ogni compassione. Ma la Chiesa deve vivere. Per questo, nella
prospettiva di un’elezione papale, ha bisogno di una diagnosi, di una
sincera analisi svolta dal suo interno. Delle terapie si potrà discutere
dopo. Gli oltre venticinque anni di Pontificato di Karol Wojtyla sono stati
una conferma delle critiche che già avevo espresso dopo un anno del suo
Pontificato. Secondo la mia opinione, egli non è il Papa più grande ma il
più contraddittorio del XX secolo. Un Papa dalle molte, grandi doti, e
dalle molte decisioni sbagliate! La sua «politica estera» ha preteso da
tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta
contraddizione, la sua «politica interna» ha puntato alla restaurazione
dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del
dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma. Questa
contraddizione si evidenzia in undici ambiti problematici. Riconoscendo gli
aspetti positivi di questo Pontificato, mi concentrerò quindi sui suoi
aspetti critici e contraddittori.


Prima contraddizione. Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini
all’esterno ma li ha negati all’interno, cioè ai vescovi, ai teologi e
soprattutto alle donne. Il Vaticano, un tempo nemico convinto dei diritti
dell’uomo ma ben disposto oggi a immischiarsi nella politica europea,
continua a non poter sottoscrivere la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo
del Consiglio d’Europa: troppi canoni del diritto ecclesiastico romano,
assolutistico e medioevale, dovrebbero prima essere modificati. La
separazione dei poteri, principio fondamentale del diritto moderno, è
sconosciuta alla Chiesa Cattolica romana, nel cui comportamento non vi è
nessuna lealtà: nei casi di disputa l’autorità vaticana funge nel contempo
da legislatore, accusa e giudice.

Seconda contraddizione. Grande ammiratore di Maria, il Wojtyla predica gli
ideali femminili, vietando però alle donne la pillola e negando loro
l’ordinazione. Per molte donne cattoliche tradizionali (soprattutto le
donne appartenenti a ordini religiosi), l’aspetto più apprezzato di questo
Papa è il suo respingere le donne moderne, in quanto le ha escluse da tutte
le consacrazioni più importanti e considera la contraccezione appartenente
alla «cultura della morte ». Tuttavia, molte delle donne che partecipano
alle manifestazioni di massa del Papa, rifiutano la dottrina papale che si
oppone ai metodi contraccettivi.

Terza contraddizione. Questo Pontefice predica contro la povertà di massa e
l’indigenza nel mondo ma, al tempo stesso, con la sua posizione in merito
al controllo delle nascite e all’esplosione demografica, si è reso
colpevole di questa indigenza. In occasione dei suoi numerosi viaggi e
anche di fronte alla Conferenza delle Nazioni Unite su Popolazione e
Sviluppo tenutasi al Cairo nel 1994, questo Papa ha preso posizione contro
l’uso della pillola e del profilattico e, pertanto, potrebbe essere
ritenuto responsabile più di qualsiasi uomo di Stato della crescita
demografica incontrollata in alcuni Paesi e del dilagare dell’Aids in Africa.

Quarta contraddizione. Karol Wojtyla propaganda una figura sacerdotale
maschile caratterizzata dal celibato ed è, quindi, il principale
responsabile della catastrofica carenza di sacerdoti, del collasso
dell’assistenza spirituale in molti Paesi e dello scandalo della pedofilia
nel clero, ormai venuto alla luce. Agli uomini che si sono dichiarati
pronti al servizio sacerdotale nelle comunità viene proibito il matrimonio.
Questo è solo un esempio di come anche questo Papa abbia ignorato la
dottrina della Bibbia e la grande tradizione cattolica del primo Millennio
in cui non vi era alcuna legge sul celibato per i sacerdoti. I quadri si
sono ridotti, il reclutamento è fermo e fra poco, non solo nell’area di
lingua tedesca, quasi due terzi delle parrocchie rimarranno senza sacerdote
e la stessa celebrazione domenicale dell’eucarestia non potrà più essere
assicurata, nemmeno con l’importazione di parroci e il raggruppamento delle
parrocchie in «unità spirituali». Il clero fedele al celibato è dunque in
crescente pericolo di estinzione. Gli scandali della pedofilia verificatisi
dagli Stati Uniti all’Austria hanno inoltre gravemente danneggiato la sua
credibilità, portando sull’orlo della bancarotta grandi diocesi negli Stati
Uniti.

Quinta contraddizione. Il Papa polacco ha praticato un numero elavatissimo
di canonizzazioni, ma al tempo stesso ha ignorato l’inquisizione attuata
nei confronti di teologi, sacerdoti e membri di ordini malvisti dalla
Chiesa. I devoti, strumentalizzati politicamente e commercialmente con
spese ingenti e conseguenti profitti per la Curia, sono soprattutto pie
suore, fondatori di ordini religiosi o Papi come l’antidemocratico,
antisemita, autoritario Papa Pio IX (controbilanciati dalla canonizzazione
di Giovanni XXIII). Devoti sono divenuti anche l’imperatore asburgico Carlo
I e il ben poco pio fondatore dell’Opus Dei Josémaria Escrivá. Uomini e
donne (anche donne appartenenti a ordini religiosi) che si sono distinti,
per il loro pensiero critico e per la loro energica volontà di riforme,
sono stati invece trattati con metodi da Inquisizione. Come Pio XII fece
perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si
comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con
Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche
il Vescovo di Evreux Gaillot e l’Arcivescono di Seattle Huntington. Nella
vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura
della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di
sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi
si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa.
E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono.

Sesta contraddizione. Il Papa elogia spesso e volentieri gli ecumenici, ma
al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese
ortodosse e con quelle riformiste ed evita il riconoscimento dei suoi
funzionari e dell’eucarestia. Il Papa avrebbe dovuto consentire – come
suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come
praticato direttamente da tanti parroci – le messe e l’eucarestia nelle
Chiese non cattoliche e l’ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto
ridurre l’eccessivo potere esercitato dalla Chiesa nei confronti delle
Chiese dell’Est e delle Chiese riformiste e avrebbe dovuto rinunciare
all’insediamento dei Vescovi romano-cattolici nelle zone delle Chiese
russe-ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece
mantenere e ampliare il sistema di potere romano. La politica di potere e
di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici
pronunciati dalla finestra di Piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una
giovialità del Papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di
«sottomissione» della Chiesa dell’Est sotto il primato romano e il
«ritorno» dei protestanti alla casa paterna romano-cattolica.

Settima contraddizione. Come Vescovo suffraganeo e poi Arcivescovo di
Cracovia, Karol Wojtyla ha preso parte al Concilio Vaticano II. Una volta
diventato Papa, ha però disprezzato la collegialità del Pontefice con i
Vescovi decretata proprio al Concilio. Questo Pontefice ha più volte
dichiarato la sua fedeltà al Concilio, per poi tradirlo nei fatti
attraverso la sua «politica interna». I termini conciliari come
«aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica» sono stati
sostituiti da parole quali «restaurazione, magistero, obbedienza,
ri-romanizzazione». Il criterio per la nomina dei Vescovi non è affatto lo
spirito del Vangelo e l’apertura mentale pastorale, bensì la fedeltà
assoluta verso la condotta romana. I sostenitori del Papa tra i vescovi di
lingua tedesca come Meisner, Dyba, Haas, Groer e Krenn sono solo gli sbagli
più eclatanti di questa politica pastorale devastante, la quale fa
pericolosamente scivolare in basso il livello morale e intellettuale
dell’episcopato. Un episcopato reso ancor più mediocre, rigido,
conservatore e servile, è forse l’ipoteca più pesante di questo lunghissimo
Pontificato.

Ottava contraddizione. Questo Papa ha cercato il dialogo con le religioni
del mondo, ma contemporaneamente ha disprezzato le religioni non cristiane
definendole «forme deficitarie di fede». In occasione dei suoi viaggi o
«preghiere di pace», il Papa ha radunato con piacere attorno a sé dignitari
di altre chiese e religioni. Non vi erano tuttavia molte tracce reali della
sua preghiera teologica. Anzi, il Papa si è presentato in sostanza come un
«missionario» di vecchio stampo.

Nona contraddizione. Il Papa polacco ha assunto la funzione di
rappresentante della fede in un’Europa cristiana, ma il suo ingresso
trionfale e la sua politica reazionaria hanno involontariamente favorito
l’inimicizia nei confronti della Chiesa, se non addirittura l’avversione
contro il Cristianesimo stesso. La campagna di evangelizzazione del Papa,
il cui punto centrale è rappresentato da una morale sessuale ben poco
adeguata ai tempi, ha discriminato soprattutto le donne: quelle che in
questioni controverse, quali la contraccezione, l’aborto, il divorzio,
l’inseminazione artificiale hanno dimostrato di avere opinioni diverse da
quelle della Chiesa, sono state definite portatrici di una «cultura della
morte». Attraverso interventi politici – come è accaduto in Germania contro
il Parlamento e l’episcopato nel caso del conflitto sul tema della
gravidanza -, la Curia romana ha dato l’impressione di rispettare poco la
separazione giuridica tra Stato e Chiesa. Il Vaticano cerca (attraverso il
gruppo parlamentare del Partito Popolare europeo) di esercitare delle
pressioni anche sul Parlamento Europeo, incentivando l’ingaggio di
osservatori particolarmente vicini alle idee di Roma per questioni relative
alla legislazione sull’aborto. Invece di farsi ovunque fautrice di
soluzioni ragionevoli che consentano la mediazione, la Curia romana con i
suoi proclami acutizza di fatto a livello mondiale la polarizzazione tra
oppositori e sostenitori dell’aborto, moralisti e libertini.

Decima contraddizione. Come carismatico comunicatore e «star» mediatica,
questo Papa fino alla sua veneranda età ha fatto presa in particolare sui
giovani, ma si è appoggiato soprattutto ai «nuovi movimenti» di origine
italiana, all’Opus Dei di casa in Spagna e a un pubblico acritico e fedele
del Pontefice. Tutto ciò è sintomatico del rapporto del Papa con la laicità
e della sua incapacità di dialogare con un pubblico critico. I grandi
raduni mondiali dei giovani sostenuti a livello regionale e internazionale,
sotto la sorveglianza della gerarchia dei nuovi movimenti laici (Focolare,
Comunione e Liberazione, St. Egidio, Legionari di Cristo, Regnum Christi,
etc.), hanno attirato e attirano centinaia di migliaia di giovani. Molti di
essi volonterosi, troppi del tutto acritici. Il carisma personale di
Wojtyla è quasi più importante dei contenuti da lui trasmessi. Le domande
che i giovani avevano posto al Papa e che, in occasione del suo primo
viaggio in Germania, lo avevano messo in serio imbarazzo, in seguito non
sono state più consentite. Le associazioni cattoliche di giovani, che non
si trovano sulla linea del Vaticano, vengono disciplinate e messe alla fame
dall’ordine romano attraverso il ritiro di finanziamenti da parte dei
vescovi locali. Inoltre viene messa in discussione la fiducia un tempo
accordata all’ordine dei gesuiti: prediletti dai Papi precedenti, ora
vengono percepiti come sabbia negli ingranaggi della politica di
restaurazione del Papa a causa delle loro qualità intellettuali, dei loro
teologi critici e delle opzioni teologiche di liberazione. Invece Karol
Wojtyla, già ai tempi in cui era ancora arcivescovo di Cracovia, concesse
la piena fiducia all’associazione segreta Opus Dei, potente sia dal punto
di vista finanziario che in termini di influenze, ma antidemocratica e in
passato compromessa con regimi fascisti.

Undicesima contraddizione. Giovanni Paolo II ha offerto nel 2000 una
pubblica confessione dei peccati per gli errori della Chiesa nel passato,
senza però trarne alcuna conseguenza pratica. La confessione dei peccati
ampollosa e barocca inscenata a San Pietro per gli errori della Chiesa è
rimasta vaga e ambigua. Il Papa ha chiesto perdono solo per gli errori dei
«figli e delle figlie della Chiesa» ma non per quelle del «Santo Padre»,
per quelle della Chiesa stessa e dei gerarchi presenti. Il Papa non ha mai
preso posizione in merito agli intrighi delle varie sedi della Curia in
affari mafiosi e ha contribuito più all’occultamento che alla rivelazione
di scandali e crimini (Banca Vaticana, il «suicidio» di Guido Calvi,
l’omicidio avvenuto nell’ambiente del corpo delle guardie svizzere…).
Anche con la rivelazione degli scandali della pedofilia dei clericali, il
Vaticano è stato straordinariamente titubante. Nonostante alcune richieste,
il Papa non ha mai dato udienza ad alcuna vittima. Anzi, ha riempito di
elogi un insigne criminale nel corso di una fastosa cerimonia al Vaticano:
il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo
(500 sacerdoti e 2.000 seminaristi) e del movimento laico Regnum Christi,
diventato ormai concorrente ancora più conservatore dell’Opus Dei.

Conclusioni. Per la Chiesa cattolica questo Pontificato si rivela,
nonostante i suoi aspetti positivi, una grande speranza delusa, in fin dei
conti un disastro, perché Karol Wojtyla, con le sue contraddizioni, ha
profondamente polarizzato la Chiesa, allontanando i suoi innumerevoli
uomini e gettandoli in una crisi epocale. Contro tutte le intenzioni del
Concilio Vaticano II, il sistema romano medioevale – un apparato di potere
caratterizzato da tratti totalitari – è stato restaurato grazie a una
politica personale e dottrinale tanto astuta quanto spietata: i vescovi
sono stati uniformati, i padri spirituali sovraccaricati, i teologi dotati
di museruola, i laici privati dei diritti, le donne discriminate, le
iniziative popolari dei sinodi nazionali e delle chiese ignorati. E poi
ancora scandali sessuali, divieti di discussione, dominio liturgico,
divieto di predica per i teologi laici, esortazione alla denuncia,
impedimento dell’eucaristia. Di tutto questo è forse colpevole «il mondo»?
La grande credibilità della Chiesa Cattolica, cioè quella ottenuta da
Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II, ha lasciato il posto a una vera
e propria crisi della speranza. Questo è il risultato della profonda
tragicità personale di questo Papa: la sua idea cattolica di stampo polacco
(medioevale, controriformista e antimoderna), in qualità di Pontefice Karol
Wojtyla l’ha voluta portare anche nel resto del mondo cattolico. Si è però
verificato il contrario di ciò che egli sperava: la Polonia stessa è stata
travolta dal moderno sviluppo secolare e, dopo la sostituzione
dell’alleanza elettorale in carica fino al 2001, Solidarnosch, si appoggia
sempre meno alle idee di fede e di morale promosse dal Pontefice. Quando
verrà il momento, il nuovo Papa dovrà decidere di affrontare un cambio di
rotta e dare alla Chiesa il coraggio di nuove spaccature, recuperando lo
spirito di Giovanni XXIII e l’impulso riformistico del Concilio Vaticano
II. «Videant consules», i consoli vogliano fare in modo che la Repubblica
non subisca danni, si diceva nell’antica Roma. «Videant cardinales», i
cardinali vogliano fare in modo – si dovrebbe dire nella Roma di oggi – che
la Chiesa non subisca danni.

Il nome di Hans Küng, il teologo cattolico nato in Svizzera nel 1928,
appare già tra i classici del pensiero nell’Enciclopedia Britannica.
Ordinato sacerdote nel 1954, docente di teologia all’università di Tubinga,
Küng è nominato «peritus», consulente in materia teologica, da Giovanni
XXIII, in occasione del Concilio Vaticano II. Alle speranze di quella
stagione rimane fedele per tutta la vita, senza riuscire a conciliarsi con
la dottrina di Giovanni Paolo II, che ha ricondotto alla tradizione quelli
che ha ritenuto gli eccessi seguiti al Concilio. Küng, che nel 1979 è stato
costretto dal Vaticano a cedere la cattedra di teologo cattolico ufficiale,
vede invece il futuro della Chiesa nell’impegno verso la direzione indicata
da Giovanni XXIII e Paolo VI, dialogo e apertura alla società In questo
nuovo saggio polemico, Küng discute le «contraddizioni» dell’opera di
Wojtyla che hanno portato alla «crisi di speranza della Chiesa» denunciata
dal cardinale Walter Kasper. Una crisi che, a giudizio di Küng, può
risolversi solo tornando ai valori autentici del Concilio.

[dal “Corriere della Sera”, 26 marzo 2005]