SCHIFO GIORNALISTICO

di Vittorio Catani

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La mattina del 16 gennaio 2005, uno scampolo della “misura dello schifo” che circola mi viene suggerito, per esempio, dalle prime righe di un articolo di fondo di Paolo Guzzanti che occhieggio da Il Giornale, esposto in un’edicola con altri quotidiani. Il Guzzanti, dopo un “cappello” folkloristico che tira in ballo gli Aztechi, scrive: “Ai magistrati che apertamente si ribellano all’unico potere esistente nella democrazia, quello che deriva per delega dal sovrano popolare [?], il potere politico dovrebbe rispondere con altrettanto sdegno: Non ci fate paura. Noi discendiamo dal consenso delle urne, voi da un concorso statale (…) Perché la giurisdizione non è affatto un potere dello stato (…) Non esiste alcun conflitto fra poteri, ma un’usurpazione di potere contro l’unico legittimo. Il resto sono amabili chiacchiere”.
L’articolo continua per due lunghe colonne in penultima, ma onestamente non ho avuto la forza di proseguire nella lettura.

Che ne pensate: Guzzanti, che supinamente riprende un concetto di note origini berlusconiane (il potere derivante dal popolo, contro quello da un “concorso statale”), fa a sua volta sul serio o ci marcia? In entrambi i casi la faccenda è pietosa. Comunque, non si lamenti poi la destra se i “comunisti” hanno “monopolizzato la cultura”… Il fatto è che la destra quanto a cultura ignora perfino l’alfabeto.
Perché a ben vedere i reali concetti sottesi ad argomenti del genere dovrebbero essere l’alfabeto di un giornalista. Inter nos, penso che comunque la destra una sua cultura, sia pure o forse più limitata quantitativamente, ce l’abbia eccome. Dove mettiamo Drieu de La Rochelle, Mishima (anche se non è europeo), Pound, Céline, lo stesso Borges, e vari altri? Nomi questi ai quali io stesso mi inchino. La verità — diciamola — è che la destra attuale non sa nemmeno dove abiti la cultura. Ad ogni modo Guzzanti si metta l’anima in pace: ha commesso un errore marchiano e pacchiano. Che vada a ripassarsi l’abc della Costituzione (d’altronde, “loro” non parteciparono alla stesura della stessa, ed è evidente che vedano certe cose come il fumo negli occhi. Berlusconi, per dire, nonostante la carica che esprime non ha mai partecipato alla commemorazione di ricorrenze quali l’eccidio delle Fosse Ardeatine, l’anniversario della Repubblica e altre, molte delle quali anche per me poco attraenti ma per altri motivi; e comunque in quelle manifestazioni Ciampi si ritrova invariabilmente solo).
Dunque: il Potere del Parlamento, egregio Guzzanti, non deriva affatto dal voto popolare, ma dalla Costituzione. Come quello della magistratura non perviene dai concorsi, bensì anch’esso dalla Costituzione. Ha mai sentito dire il Guzzanti della cosiddetta “divisione dei poteri?” Ha mai udito di tal Montesquieu, alias Charles de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu? Secondo costui, fondamentale pensatore e scrittore politico francese del Settecento, è condizione di libertà che i “tre poteri” fondamentali dello Stato (conosce…?), cioè legislativo, esecutivo, giudiziario, non siano nelle stesse mani ma appartengano a ordini diversi e separati quanto a titolarità e competenze. “Il principio”, recita la mia garzantina del Diritto e dell’Economia a pag. 484 (ediz. 1987) “trova applicazione anche nella costituzione italiana, che nel delineare l’ordinamento della repubblica (…) ripartisce le tre funzioni [il corsivo è mio] con l’aggiunta del presidente e della corte costituzionale in funzione di equilibrio e di contemperamento della loro attività”.
Per chiudere, mi viene a mente un calzante aforisma di Marcello Veneziani, che comunista certo non è, circa la cultura della destra. Dunque, sostiene costui che per uno scrittore di destra scrivere è una doppia catastrofe: infatti chi è di sinistra legge solo libri di sinistra, chi è di destra non legge affatto.
A scoprire certe cose, però, Veneziani mi pare addirittura ottimista: di analfabeti si dovrebbe parlare, non di incolti. Come spiegarsi altrimenti lo “schifo giornalistico” imperante?