di Armando As Chianese

Grimaldi.jpg

A una signora, è buona norma, non si dovrebbe chiedere mai l’età e mai sarà lecito usarle pedanteria… Ma al di là del bon ton e delle convenzioni, la scrittrice e critico Laura Grimaldi, ha accettato di fare quattro chiacchiere con noi spinta dalla sua inconfondibile verve e da quel carisma letterario che, per molti anni, ha sottratto ad autori come Hernest Hemingway, Cornell Woolrich, Raymond Chandler e Scott Turow; traducendone sublimemente le pagine.
Nata a Firenze, la Grimaldi, ha iniziato la sua relazione col genere poliziesco durante gli anni dell’università: curando, con professionalità assoluta, le traduzioni di parecchi romanzi anglosassoni. Il fatto non passò inosservato all’editore Mondadori che le affidò, tra gli anni ’60 e ’70, la direzione di alcune collane di narrativa popolare come: Segretissimo, I Neri, I Rapidi e Cerchiorosso, strada che la portò, addirittura, alla direzione di due celeberrime collane: Urania e Il Giallo.


Dagli anni ’80 in poi, però, Laura Grimaldi, dedica il suo tempo anche alla critica letteraria e pubblica i suoi appunti di lettura e le sue recensioni su prestigiosi quotidiani e riviste come: Millelibri, Linea d’Ombra e Il Messaggero.
Dopo aver avuto brevi incarichi presso la televisione e la radio, per cui ha scritto sceneggiature o fatto interventi e interviste, è oramai famosa ed apprezzata in tutta Europa grazie alla sua trilogia di romanzi gialli: Il Sopetto, La Colpa e La Paura, raccolti ultimamente sotto l’ unico titolo di Perfide Storie di Famiglia, edito da Tropea nel ’98. Attualmente la scrittrice continua la sua attività traducendo altri romanzi (oramai ha superato i 200 titoli tradotti), curando antologie e facendo il consulente editoriale presso l’editore Il Saggiatore.
Nel 1989 ha fondato insieme a Marco Tropea la casa editrice Interno Giallo che è poi stata assimilata dal gruppo editoriale Mondadori, mentre il settimanale francese Le Point le ha conferito, in data 17/06/2003, il premio per il miglior giallo europeo dopo aver trovato, tra più di cento libri di 43 editori diversi, il suo La Faute (Métailié) il migliore.

Quest’intervista è stata fatta dopo l’assegnazione dell’ambitissimo premio. Le risposte e le osservazioni alle mie domande, dopo che è stato ultimamente ristampato il suo manuale di scrittura: Il Giallo e Il Nero (Pratiche), non hanno fatto altro che confermare, rileggendo anche la sua famosa trilogia, che seppur gli autori abbondino, il genere giallo/noir, come lasciava intendere in un suo famoso articolo Valerio Evangelisti, sia prettamente donna.

CHIANESE: All’indomani di un prestigioso premio, e con anni di carriera sul groppone, può definirmi tra ieri, oggi e domani come è stato e sarà essere una scrittrice di romanzi gialli in italia?

GRIMALDI: Perché non: “E’ difficile essere scrittore?” e basta? Chi scrive, uomo o donna che sia, è un universo a sé (un essere umano a sé, dovrei dire), con interrogativi suoi, dubbi suoi, manie e tic suoi, fobie e paure sue. Se poi l’interrogativo si riferisce al diverso grado di difficoltà che incontrano le donne rispetto agli uomini quando si tratta di essere pubblicate o accettate, posso solo dire che è un falso problema.

CHIANESE: Diventare giallisti è una questione di “cattive letture” ? un autore di noir può essere influenzato da altri ed applicare alle sue opere un’intertestualità di bacthiniana memoria?

GRIMALDI: Leggo Noam Chomsky e leggo Thomas Harris, leggo Jean Ziegler e leggo James Joyce, leggo (ancora) Ludovico Geymonat e leggo Dylan Dog. Di tutto, insomma. Ma credo di essere stata influenzata più dai personaggi di Cornell Woolrich che da Madame Bovary. Detesto Madame.

CHIANESE: Parliamo ancora della donna/scrittrice in Italia, vorrei però mettere il dito nella piaga: riconosce grandi autrici nel nostro panorama di genere al femminile?

GRIMALDI: Che devo dire? Non riconosco diritto di cittadinanza alla cosiddetta narrativa italiana (o straniera) al femminile. O quantomeno, non quando si parla di libri di qualità. So bene che sono state le donne ad agitare per prime il problema, ma erano tempi di femminismo e tutto era lecito per portare avanti la battaglia per l’emancipazione della donna. Oggi assume un significato diverso, che forse involontariamente (ma certo indebitamente) fa apparire le scrittrici deboli e leziose. Liala? Carolina Invernizio? Forse che è mai stato chiesto a uno scrittore se è stato influenzato da Massimo Bontempelli o da Guido da Verona?

CHIANESE: Ma chi è lo scrittore che Laura Grimaldi, oggi come oggi, sente di stimare? Può un grande autore rendere roseo il futuro di un intero genere letterario?

GRIMALDI: L’autore che più mi ha sorpresa è il vecchio Andrea Camilleri. Per la sua forza, per la sua coerenza (anche politica), per il suo coraggio. (Tradotto dal milanese: “Di belli come lui la mamma non ne fa più. Si è rotta la macchinetta, ecc. ecc.“) Fra l’altro, in quanto a problematiche è il più fresco e il più moderno di tutti. Se credessi in Dio, direi “che Dio lo benedica.”
Il futuro del genere? Molto dipenderà dal futuro dell’editoria.

CHIANESE: Sono molte in Italia le persone che scrivono e che ambiscono a una pubblicazione. Lei, che ha scritto un manuale sull’argomento, può dirci se lo scrivere è qualcosa che si può imparare? Che ne pensa delle “palestre letterarie” ?

GRIMALDI: Si può imparare la disciplina dello scrivere e, soprattutto, del rivedere i propri testi, ma non imparare a scrivere. Il talento non si impara. Le palestre letterarie sono molte, e tutte possono fungere da base di ispirazione e di apprendimento. Diciamo che il giallo può essere una buona palestra. Ma la migliore? Non credo che in letteratura possano esistere i superlativi assoluti.

CHIANESE: Scusi la pedanteria, la curiosità, quale è il suo ultimo lavoro, la sua aspirazione più grande? Perché non regalarci ancora qualche romanzo?

GRIMALDI: Il lavoro più impegnativo di questi ultimi due anni è stato la traduzione (per fortuna in via di completamento) di tutti i romanzi di Raymond Chandler, che verranno pubblicati su I Meridiani Mondadori. E poi ho le recensioni per Il Sole 24 Ore, e poi ho varie consulenze editoriali, e poi e poi e poi. Il futuro? Chi lo sa. Forse mi deciderò finalmente a scrivere un altro romanzo. Da una parte sono incoraggiata dai riconoscimenti che mi arrivano da più parti, ultimo il “Prix pour le polar européen” assegnatomi in Francia dalla rivista Le Point, dall’altra guardo sconsolata gli scaffali delle librerie, così carichi di inutilità, e mi chiedo “perché aggiungere la mia?”

CHAINESE: Eppure il suo ultimo lavoro è stato un racconto pubblicato nell’antologia 14 Colpi al Cuore (Mondadori) a cura di Serge Quadruppani, cosa ha da dirmi in merito?

GRIMALDI: Non saprei proprio che dire. Quadruppani mi ha chiesto un racconto, gliel’ ho mandato, è stato pubblicato. L’esperienza è tutta qui.

CHIANESE: C’è o c’è stato un genere o un autore che le è risultato indigesto?

GRIMALDI: Ad esempio, ho detestato la New Age, con tutti i suoi autori. Non mi piacciono i gialli d’indagine, con il bravo poliziotto dalle solerti cellule grigie che punisce il cattivo criminale. Non m piacciono i romanzi sentimentali.

CHIANESE: Mi parli un po’ delle sue esperienze con la TV e la radio…

GRIMALDI: La mia esperienza con la televisione e il cinema fu pessima, tanto da farmi decidere di non lavorare mai più né per l’una né per l’altro. Troppi soldi in cambio di mano libera su ciò che verrà fatto del lavoro dello scrittore. Voci troppo alte, spocchia troppo volgare, ignoranza troppo esibita. Non siamo fatti gli uni per gli altri.

E infine

CHIANESE: Crede che in un futuro prossimo il libro come entità cartacea sarà destinato a sparire per far posto agli e – book e ad altri prodotti digitali? Cosa ne pensa delle nuove forme di comunicazione, del web?

GRIMALDI: Spero di no. Amo ancora sentirmi fra le mani la carta di un libro. Amo le nuove tecnologie finché se ne fa un uso intelligente.