Sono con la mia ragazza in macchina. Siamo appena stati in banca, abbiamo appena depositato i nostri primi soldi, nostri.
Non lo sanno i nostri genitori, è ovvio questo, siamo troppo giovani, ma l’abbiamo fatto comunque.
Siamo la stessa cosa io e lei.
Il sole sta tramontando e l’orizzonte è arancione, giallo, bianco e azzurro, ma per descrivere tutti i colori che davvero vedo in questo momento non mi basterebbe una vita.
Michele è andato in coma ieri, è svenuto davanti ai nostri occhi, è svenuto per non rialzarsi mai più, probabilmente.


C’era qualcosa di orribile che gli pesava nel cuore e noi non ce ne siamo accorti.
Era la morte, non ci siamo accorti della sua morte.
E’ caduto come un ragazzino che inciampa, come un bambino cui casca la testa dal sonno. Noi l’abbiamo guardato immobili, impotenti, non siamo nulla contro questo genere di nemici.
E io non ho potuto fare altro che amare di più Francesca.
Solo come muove gli occhi, come muove le pupille è un motivo per vivere, per sperare, per andare avanti anche quando la vita ti toglie un amico.
Dio, vorrei scoppiare a piangere certe volte, davvero lo vorrei; ma non lo faccio, non davanti a colei che amo.
Mi sento più maturo adesso, sento di più la necessità di fare la cosa giusta.
E’ il dolore che fa agire così.
– Appena siamo a casa ricordami di fare la spesa.
– Sì amore. – dice la mia voce.
Esce un uomo dalla banca, indossa un passa montagna.
Penso: non potrebbe essere che…
E’ un attimo realizzare che no, non è così.
Lei grida impazzita, mentre nello specchietto retrovisore appare un poliziotto, come il personaggio di un telefilm in un televisore portatile.
L’uomo con il passa montagna punta verso di noi il suo braccio scuro che si illumina di una fiammata.
Il parabrezza si buca nello stesso istante.
Il mio corpo impazzisce, tempo e spazio cambiano il loro corso, i suoni non sono più quelli del mondo reale.
– Sì amore. – sussurrano le mie labbra, poi premo l’acceleratore.
Circondo la spalla della ragazza che amo con il mio braccio, la sua testa si appoggia sulla mia.
Gesto d’amore, sento che mi ama.
Il poliziotto grida qualcosa disperato, poi la mia macchina, ormai completamente sveglia, accelera rabbiosamente.
Vedo gli occhietti dell’uomo con il passa montagna spalancarsi; un attimo dopo il suo corpo urta pesantemente contro il cofano della macchina.
BAM!
– Hai visto amore? – dice la mia voce.
Le ruote della macchina stridono mentre esco dal parcheggio con una curva secca; un attimo dopo sono al centro della superstrada con l’odore di gomma bruciata nel naso.
– Ce l’abbiamo fatta! Hai visto? Te l’avevo detto!
Non la guardo negli occhi, il mio sguardo deve restare incollato alla strada, ma sento comunque i suoi occhi su di me e mi sembra di bagnarmi in essi come se li stessi vedendo.
La macchina spinge al massimo.
– Ma non andiamo a casa amore, non ci andiamo ancora.
La carrozzeria vibra tutta e il motore ruggisce in maniera assordante. Continuo a sentirlo, quel bagnato.
Le strisce bianche di mezzeria scorrono sotto i miei occhi come uno stroboscopio che accelera. Sta scendendo la notte, ma sento la testa della mia donna appoggiata alla mia e non ho paura.
Sento la spalla bagnata.
– Non piangere amore!
La macchina ruggisce ancora mentre le luci dei lampioni entrano veloci e taglienti nell’abitacolo attraverso i vetri.
Morta.
Tutto scorre attorno a me, io sono al centro di tutto. Volo sui cavalcavia, sui passaggi a livello, la superstrada è deserta, il motore romba e sto superando ogni limite.
Mai più, mai più qualcuno ci toccherà bambina, andremo così lontano, vivremo così bene che un giorno non ricorderemo neanche il significato della parola dolore. Dio…
E’ morta.
Il motore sembra esplodere, è all’ultima marcia e grida come un motorino. Dio bambina, dio quanto ti amo. Sei al mio fianco, io sono al tuo, nulla ci allontanerà, andremo così veloci che nessuno ci vedrà neanche passare, fuggiremo da tutto, non ci raggiungerà il demone, non ci toccherà mai, perché mentirei se ti dicessi che non possiamo spingerci oltre.
Lei è morta.
Adesso sono bagnato dalla spalla alla cintura.
Andiamo a casa baby, sono il migliore, solo io posso riuscirci. Vedi come è vero? Anche le luci dei lampioni sembrano uno stroboscopio ora. Ce la facciamo amore, ce la facciamo. Sono bagnato fino alle ginocchia. Non piangere amore! Hai avuto paura, ma è tutto finito ora, è tutto finito.
Lei è morta.

La gravità cambia la sua direzione, lo spazio si curva e forma angoli impossibili.
Tutti gli oggetti sparsi per la macchina si mettono a volare.
Credevo di scappare dal demone, invece mi stava aspettando, gli stavo correndo contro.
Decine di cartine, il coltello svizzero, una candela per l’auto, linguette di lattine, tappi di bottiglie di birra, portachiavi vuoti che ci avevano regalato chissà dove, mozziconi di sigaretta, biglietti del casello stradale, vecchi scontrini, un pupazzetto portafortuna, cassette di musica, tutto sospeso attorno a me in un denso liquido inesistente.
La stessa macchina sembra fluttuare in un limbo privo di gravità.
E’ l’urto, lo schianto.
Energia cinetica, una forza smisurata, un impatto senza proporzioni.
Ogni cosa mi fluttua attorno come al rallentatore, – viti, cartine, gocce di sangue – ma sento che tutto avviene in un attimo, nella realtà.
‘Lei è morta’ realizzo