di Fiorenzo Angoscini

Franco Busato, Balfolk killer, Eclissi editrice, Milano, marzo 2018, pag. 227, € 12,00

Oltre che una festa con veglionissimo di San Silvestro è un capodanno insanguinato quello della Bovisa, periferia nord-ovest di Milano, una delle ex aree industriali dismesse del capoluogo lombardo. Qui, dove una volta era il confine tra città e campagna e si allevava bestiame bovino e il cui nome pare derivi da quello di una antica cascina, Bovisa appunto, hinterland diventato città, con anche campus universitari, si consuma l’assassinio di mezzanotte raccontato nelle pagine di Balfolk Killer, seguito improprio ed involontario (?) di “Delitto a Villa Arconati”. Stesso autore, identico il protagonista, con “i suoi tanti libri e un gatto…”.
Con vaghi richiami alla rivoluzione francese, in particolare al protagonista del ‘regime di terrore’: Robespierre. E anche cenni di ‘furore rivoluzionario’: “Ho bisogno di una rivoluzione, il mondo ha sempre bisogno di rivoluzioni e mi troverà pronto”. Ma, purtroppo, istinti, ed affermazioni razziste, individualiste ed egoistiche (sovraniste?) naturalmente per deprecarle, stigmatizzarle e condannarle (soprattutto nella filigrana della trama) “E’ stata violentata e poi ammazzata da immigrati, gente che dorme in stazione e non fa niente tutto il giorno. Poi di notte…E noi paghiamo per mantenere questi esseri”.
Con un’armonia, battito e stile che rende la lettura piacevole e scorrevole.
Chi la fa da padrone è la musica Folk, del popolo, popolare. Genere musicale che si riferisce ai canti, alle manifestazioni e anche ai balli.
Molto sviluppato in quella, fertile anche culturalmente, lingua di terra ed acqua, che si snoda lungo la linea di demarcazione tracciata tra Lombardia ed Emilia dal grande fiume italiano. Soprattutto durante le estati afose, affollate di zanzare ballerine, nelle tradizionali balere, oppure nei vari ‘Lido Po’, nelle corti agricole, sulle aie, in occasione di feste popolari e tradizionali, sugli argini del più grande corso d’acqua nostrano. E nelle arene delle tante, ormai ex, Feste de “L’Unità”. Con la Romagna patria del liscio, versione nostrana, nazional-popolare del folk e bande musicali, orchestre-spettacolo che imperversano da Ravenna a Riccione per tutto questo pezzo di litorale adriatico.
Folk in Po e ‘Romagna mia’..
A Milano, no. Però…
E’ negli ambienti ricreativi e culturali della capitale economica e morale d’Italia
che si coltivano e praticano, la canzone e il ballo che derivano da quella tradizione. Se non solo contadina senz’altro ‘rurale’, nel senso di agricola, campagnola, che esercita una forte attrattiva anche sul proletariato metropolitano. Nei circoli dei lavoratori, in quelli di svago generico e compagnia affettiva. “Nel basso ventre di Milano”, come scrive Busato, con efficace definizione.
Il delitto della mezzanotte di capodanno, di quel FolKapodanno, ‘consumato’ nel posteggio della stazione Bovisa, sfiora e ruota attorno ad un circolo Arci che deve il suo nome alla traduzione in meneghino di nebbia. La gheba, da noi (bresciana) in parte del cremonese e in Valtellina.
E’ quel filtro-velo che avvolge, copre, ripara, a volte nasconde. Soprattutto da occhi indiscreti.
Un delitto, e il cadavere di una donna, “schiava della colpa e del piacere” , costellato da altri…corpi esanimi.
Indagini condotte, per scoperchiare “la scatola odorosa di paura”, al ritmo di “quel tipo di danze popolari…fatte per godersi il piacere del movimento del corpo, della sinuosità…”: gighe occitane, mazurke, tanghi e milonghe (con la confusione e i litigi caratteristici e che ‘mescolano’ elementi di musica africana e danze creole) altre di origine bretone, affiancate a pratiche sadomaso e bondage, soprattutto nella loro versione più ‘dura’, quella che usa corde e catene.
Con un quasi ‘colpo di teatro’ finale, apparentemente avulso ma tutto interno a questo ‘romanzo giallo’, come ha modo di definirlo lo stesso autore nelle pagine conclusive.
Che conferisce, restituendogliela, dignità ed autorevolezza ad uno scritto che altri avrebbero definito noir, alla francese, oppure thriller, se avessero avuto la necessità di creare sensazionalismo.
A Lidia, appassionata e vorace lettrice di questo genere, sarebbe piaciuto molto.
Anche a me, pur non essendo un patito di queste letture.

Tagged with →