maria_tronca.jpgdi Maria Tronca

[Nota a un vastissimo pubblico di lettori, di carta e di Rete, con il nickname Berbera, cuatrice col binomio Berbera&Hyde di una serie bestselleristica di letteratura erotica per gli Oscar Mondadori, coautrice con Hyde del doppio romanzo Sud sud sex: I signori della carne – L’isola delle femmine, Maria Tronca è un’autrice che propone una scrittura intensa, tanto solare quanto inquitantemente cupa, ironica e violenta. Contrasti esaltati e sovraesposizioni che variano dal pop a certa tradizione di saga meridionale – sono gli ingredienti del romanzo inedito Rosa Nero, di cui qui anticipiamo un brano. Il mix preannunciato dal titolo intercetta una realtà che abbisogna di voce. Gli editori sono avvertiti. gg]

[…] Adesso che Calogero sapeva che cosa gli era successo, pensava che era meglio quando non lo sapeva. Non si dava pace, ma era diventato meno loquace. Passava ore e ore in silenzio, a ricordare. E una volta, era notte, non ce la fece più e si mise a piangere come un bambino.
Rosellina si svegliò, aveva sete, la gola arsa, si toccò la fronte, scottava, andò in bagno a bere, e poi si sciacquò la faccia con l’acqua fredda.

Si asciugò e si guardò alla specchio, per la prima volta da quando era tornata a casa. Si guardò negli occhi, più in fondo che poteva e disse:
“Mi dispiace che sei morto. Ma smettila di piangere che non riesco a dormire”.
Calogero smise all’istante, rimase zitto per un attimo, sentì il cuore che gli batteva forte ma non era il suo, era quello di Rosellina.
Minchia! Ma allora mi senti!
“E smettila anche di dire parolacce, sempre parolacce dici, sei proprio vastaso. Certo che ti sento, non stai zitto un attimo!”
E allora perché non mi rispondevi?
“Perché…perché ci avevo paura, pure adesso ce l’ho… mi pareva di essere invasata…che eri il diavolo…e poi non lo sapevo se eri vero o no… cioè, mi pareva che sentivo le voci perché il colpo alla testa mi aveva fatto un poco spostare… e pensavo che se non gli davo retta alle voci alla fine se ne andavano”.
Ma perché, senti altre voci?
“No, solo la tua. Ogni tanto quella della mamma, ma non è vero, sono io che mi parlo da sola come se mi parlasse la mamma, mi dico le cose che mi diceva lei… per sentirmela accanto, ma lei non mi ha mai parlato…”.
Ah! E allora perché dici le voci, al plurale?
“Perché si dice così. Quando uno è pazzo si dice che sente le voci, non una sola, tante… e pure se è una sola si dice che sente le voci”.
Vabbé, come dici tu! Ma anche tua madre è morta?
“Sì”.
E quan…
“Non ne voglio parlare, per favore”.
Ah! Va bene, scusa. Ma com’è che sono… dentro a te?
“Non lo so. E non mi piace”.
E figurati a me se mi piace! Essere intrappolato nel corpo di una picciridda. Ma se propia doveva essere non potevo finire nel corpo… chi sacciu… di uno ricco, famoso… un pezzo grosso! E invece qua m’imprigionarono che è quasi peggio di essere all’Inferno!
Calogero però si sentiva meglio. Era morto, e vabbé, ma almeno non era più solo. E poi il fatto che Rosellina potesse sentirlo e comunicare con lui lo faceva sentire meno morto.
“Che gentile!”
Grazie! Ma… mi pigghi pu culu?
“Guarda che non ti capisco se parli in dialetto”.
Maria Santa e chi sei la baronessa Stoccaminquattro!
“Sei un grandissimo maleducato, buona notte!”
No no! Aspetta… scusami!, scusami!, veramente. Io sono contento che mi senti e mi parli, dico vero. Gr…grazie.
“Prego”.
E adesso che facciamo?
“Facciamo che io me ne torno a letto e cerco di dormire che domani ho scuola, e cerchi di dormire pure tu. Ma… tu dormi?”
Non lo so, ma mi pare di sì, non lo capisco tanto bene.
“Se dormi meglio, se non dormi cerca di stare zitto, per favore”.
Va bene, ma domani parliamo?
“Sì, ma dopo scuola. E mentre sono a scuola devi stare zitto, sempre, e non dire mai le parolacce. Promettilo”.
Ma io mi annoio a stare sempre zitto, minchia!, cinque ore zitto devo stare!
“Ecco, hai detto un’altra parolaccia. Se domani mentre sono a scuola mi parli e mi fai distrarre, o dici parolacce che non so perché dico pure io, e la maestra mi rimprovera di nuovo e chiama papà, giuro, giuro sulla tomba di mia madre che non ti risponderò mai più!”
Ok, ok… va bene! Minc… mamma mia quantu sii camurrusa!… camurrusa si può dire?
“Prometti!”
Prometto, prometto… butt… buttigghiazza ‘ra miseria! Va bene così?
“Insomma, facciamo finta che va bene. Buona notte”.
Rosellina…
“Eh…”
Un’attra cosa, l’urtima, te lo giuro… te lo ricordi il giornale dell’attra volta? Quello dove c’era la mollica? Quello delle cotol…
“Quello dove eri morto? Certo che me lo ricordo. Perché?”
Perché vorrei sapere che cosa c’è scritto… com’è che… sono morto… […]