di Victor Hugo

esorcismoliberazione.jpg[Sembrerà strano, ma la grande letteratura formula autentici esorcismi. In determinate congiunture, è salutare riproporli. Cos’è un esorcismo? E’ la preghiera dell’anima: una preghiera priva di richiesta. E’ un’invocazione che stende il tappeto sul ring, per nascondervi la botola da cui scappare. E’ una vibrazione di tamburo che lo sciamano lancia al di là dello spazio e a favore di un tempo, di un evento specifico. E’ il crollo della cattiveria umana, inciso su metope esenti dalla corrosione dei climi. E’ una richiesta di domanda: la domanda onesta che deve porsi chiunque entri in contatto con un simile atto di magia linguistica. Carmilla si permette di lanciare un esorcismo, in un giorno particolare. Lo si legga, anche se non si comprende il motivo di un tale gesto. Trattandosi di un esorcismo formulato da Victor Hugo, non si sarà perso tempo e si sarà forse guadagnato qualche grammo di empatia. gg]


Si sentiva incapace di proseguire.
Ahimè! In quel pugilato ad oltranza fra il nostro egoismo e il nostro dovere, allorché
indietreggiamo così passo passo davanti al nostro ideale incommutabile, smarriti, accaniti,
esasperati d’aver ceduto, disputando il terreno, sperando in una fuga possibile, cercando un’uscita,
quale brusca e sinistra resistenza ci offre, dietro di noi, la base del muro!


Sentire l’ombra sacra che fa ostacolo, sentire l’invisibile inesorabile, oh! quale ossessione!
Ma dunque non si è mai finito colla coscienza? Rassegnati, Bruto, rassegnati, Catone; essa è
senza fondo, è Dio. Si butta in quel pozzo il lavoro di tutta la vita, la propria fortuna, vi si getta la
propria ricchezza, il successo, vi si getta la libertà e la patria, vi si getta il benessere, il riposo, vi si
getta la felicità. Ancora, ancora, ancora! Vuotate il vaso! Chinate l’urna! Bisogna finire per gettare il
cuore.
V’è in qualche luogo, fra la nebbia del vecchio inferno, una botte simile a questa.
Ma infine, non è perdonabile rifiutare? Forse l’inesauribile può avere un diritto? Le catene
senza fine non sono al disopra della forza umana? Chi dunque biasimerebbe Sisifo e Valjean per
aver detto: «Basta?»
L’ubbidienza della materia è limitata dall’attrito; ma non v’è dunque un limite all’ubbidienza
dell’anima? Se il moto perpetuo è impossibile, si può esigere il sacrificio perpetuo?
Il primo passo non è nulla: è l’ultimo che è difficile. Oh, primo scalino da scendere, come sei cupo! Come sei
buio, secondo scalino!
E come non volgere altrove il capo, stavolta?
Il martirio è una sublimazione, che, però, corrode. È una tortura che consacra, e si può
acconsentirvi per la prima ora. Si siede sul trono di ferro rovente, si mette sulla fronte la corona di
ferro rovente, si accetta il globo di ferro rovente, si prende lo scettro di ferro rovente; ma rimane
ancora da indossare il mantello di fiamme: e non può venire un momento in cui la carne miserabile
si rivolti, si abdichi al supplizio?