UN ARTICOLO DI TITO PULSINELLI

di Valerio Evangelisti

Chavez4.jpgDopo il sacrosanto rifiuto di rinnovare la concessione al canale filogolpista RCTV, in Venezuela, una pioggia di calunnie si è abbattuta, dall’Europa e dagli Stati Uniti, sul governo legittimo venezuelano e sul suo presidente, altrettanto legittimo, Hugo Chávez. Dipinto invariabilmente dalla stampa nostrana, di qualsiasi colore, come uno spietato tiranno (benché regolarmente eletto, a differenza di certi amici dell’Occidente come il presidente pachistano o i regnanti oscurantisti dell’Arabia Saudita), colpevole del crimine, denunciato con veemenza da la Repubblica, di offrire sussidi alle classi povere, per mantenerle nell’ozio, e di viaggiare su auto di lusso (un’accusa a suo tempo rivolta al nicaraguense Daniel Ortega, come se i presidenti occidentali viaggiassero in Lambretta).

I crimini di Chávez sono altri. Avere nazionalizzato, peraltro dietro compenso, le risorse primarie del Venezuela, e in primo luogo il petrolio (come il messicano Lazaro Cárdenas fece fin dal 1938). Avere destinato le plusvalenze petrolifere ad alleviare le condizioni delle classi povere del suo paese, prima di lui non solo ignote alle liste elettorali, ma persino all’anagrafe. Avere rifiutato – anzi, respinto a calci – le imposizioni neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Avere dimostrato che gli indios dell’America Latina, sull’esempio suo, del boliviano Morales, dell’ecuadoriano Correas, possono benissimo reggere un paese, anche in contrasto con le potenze (fragili quanto un grissino) degli Stati Uniti e, in subordine, dell’Unione Europea, unita solo da un’ideologia economica devastante e scientificamente infondata (come dimostrò a suo tempo, criticando Milton Friedman, il compianto Federico Caffè, economista se mai ve ne furono).
Tito Pulsinelli, ormai noto ai nostri lettori, ci ha inviato un articolo in cui protesta con veemenza contro le menzogne della stampa liberal-borghese sul Venezuela. Preferiamo rinviare all’originale, il bel sito multilingue www.selvas.org (vi collabora anche il nostro corrispondente dal Messico, Claudio Albertani).
Verrà il giorno in cui gli aggettivi “liberale”, “neoliberale”, e il verbo “liberalizzare” saranno parolacce. L’America Latina tende ormai da un paio di secoli verso un aggettivo diverso: “libertario”. Se conseguirà il suo obiettivo, le regole del mondo cambieranno, e la storia riprenderà a scorrere (alla faccia del coglione giapponese dal nome impronunciabile che ne aveva preconizzato la fine, consistente nelle formulette infantili e filopadronali del neoliberismo).