sturgeon.jpgUrania Collezione è la serie di iperclassici della fantascienza che sta sbancando nelle edicole italiane con titoli eccezionali, patrimonio della letteratura tout court, al di là dei generi. Quella che segue è la prefazione a Nascita del Superuomo, celeberrimo capolavoro di Theodore Sturgeon, uno dei geni che hanno cambiato il volto della SF nel Novecento. Attualmente trovate in edicola l’imperdibile incubo di Jack Finney, L’invasione degli ultracorpi (con prefazione del criminologo Marco Picozzi).

IL SUPERMAN DI THEODORE STURGEON
di Giuseppe Genna

Se esiste un’età dell’oro della fantascienza – ed esiste -, il libro che state per leggere è un gioiello a ventiquattro carati, catapultatosi col teletrasporto da un altro tempo direttamente tra le vostre mani. Questo teletrasporto si chiama letteratura. E Theodore Sturgeon, l’autore del libro in questione, è un uomo che meriterebbe di essere fatto oggetto di un culto a parte, una religione jedi tutta dedita a venerare il genio di chi è riuscito a scrivere un capolavoro capace di farci pensare e/o divertire con una maestria ineguagliabile.

Questo jedi letterario, all’inizio, non si chiamava affatto Theodore Sturgeon, bensì Edward Hamilton Waldo, un nome con cui si poteva battezzare un neonato incarnatosi a State Island, New York, alla fine della prima guerra mondiale. Non per motivi artistici il nostro genio mutò il proprio nome: assunse semplicemente il lignaggio del secondo marito di sua madre. sturgeon2.jpgIl quale era un infame autoritario e oppressivo – ed è per questo che il piccolo Sturgeon se ne andò di casa molto presto, iniziando un apprendistato esistenziale che si mangia le biografie degli attuali scrittori che vogliono essere simpatici nelle quarte di copertina: Sturgeon fece di tutto, dal trapezista al marinaio, dal chitarrista al rappresentante, dal direttore d’albergo al babysitter per cani. Nel 1937 si affacciò sulla scena letteraria, pubblicando un racconto in rivista. Due anni dopo, scocca l’amore con la fantascienza. Al termine della seconda guerra mondiale, Theodore Sturgeon si impone come uno dei maestri del racconto SF e si aggiudica il prestigioso International Fantasy Award con More than human, cioè il libro che avete in mano, pubblicato nel ’53. L’altro grande premio che gli viene conferito è lo Hugo, per il racconto Slow Sculpture, nel ’70. A Sturgeon la letteratura va stretta e la fiction tv gli offre ospitalità: leggendari alcuni suoi soggetti per la prima serie di Star Trek. Morire già non è bello, ma farlo in Oregon è ancora peggio: la dipartita di Sturgeon, nell’85, fu celebrata come addio a una delle colonne portanti dell’intera storia della fantascienza.
More than human è uno di quei romanzi che lasciano il segno, come certe azioni di una partita a pallone da bambini: un’esperienza che si vive nell’entusiasmo di un incanto e che poi, a distanza di anni, riemerge in forma di ricordo altrettanto incantatorio. Non desidero sottrarvi nemmeno un grammo di suspence (poiché il libro ne trabocca), ma qualche riferimento alla trama è fondamentale per comprendere che tipo di teletrasporto abbia utilizzato Sturgeon per recapitarci il suo capolavoro esattamente cinquant’anni dopo la pubblicazione.
Inizio dall’attualità. E’ notizia dei giorni in cui questa prefazione viene scritta: un pool di aziende americane ha finanziato la costituzione di un laboratorio in cui si effettuino sperimentazioni di “neuromarketing”. Ora, la cosa farebbe ridere se non fosse tragica: gli arconti delle multinazionali hanno proposto ad autentiche cavie umane di sottoporsi a risonanze magnetiche cerebrali, al fine di verificare gli effetti neurobiologici delle strategie di marketing elaborate per soddisfare i bisogni dei consumatori. Siamo alle latitudini della “cura Ludovico” che Burgess, uno dei molteplici debitori di Sturgeon, innescò nella sua Arancia a orologeria. E siamo soltanto sulla soglia di un territorio vastissimo: un continente quasi onirico, la cui mappa però conosciamo tutti benissimo, poiché la tracciamo noi stessi di giorno in giorno. Questa Atlantide onirica ha un nome: condizionamento di massa. C’è chi tenta in vari modi di fuggire da questo paesaggio carcerario, in cui siamo rinchiusi di default dal momento in cui, come Sturgeon, veniamo alla luce in una qualunque nazione occidentale. Ultimamente sembra addirittura che si stia organizzando una rivolta dei prigionieri: la denuncia delle mistificazioni della stampa, dell’invasività del cartello farmacologico, del bombardamento di fiction a fini consumistici, della finanziarizzazione selvaggia dei mercati, dei crudeli cinismi con cui si organizza la politica internazionale – la denuncia, in pratica, del modello di vita “occidentale” sta annoverando sempre più menti e sempre più corpi, ovunque nel mondo. Sembra che c’entri davvero poco con il libro che state sfogliando; invece si tratta dell’avverarsi della profezia che questo stesso libro enuncia nel corso di un fantastico assalto all’alienazione e alla noia prodotta come elemento base del controllo di massa.
urania.jpgSiamo abituati a romanzi in cui domina un protagonista o, tutt’al più, una serie di protagonisti distinti. Ma il Superuomo di Sturgeon è qualcosa di estremamente diverso: è un protagonista i cui arti sono costituiti da protagonisti. Questa nuova forma teorizzata dal gestaltismo, ai tempi di Sturgeon ben più che una voga psicologica, è un essere che costituisce uno stadio evolutivo dell’uomo: qualcosa di assai prossimo, in campo esoterico, alle elaborazioni di Madame Blavatsky e di Rudolf Steiner – una sorta di essere multiplo pervaso da un’unica coscienza, una nebula spirituale che ha per testa un essere umano semidiota, per facoltà intellettiva e interpretativa un perenne neonato down, per bocca e facoltà linguistica una ragazzina impertinente e precoce, per braccia e gambe due gemelline di colore col dono dell’ubiquità. Si tratta di parti integrabili di un unico essere psichico: il suo avvento nel mondo è prossimo venturo – ci dice Sturgeon – e sarà foriero di una rivoluzione spirituale che si avvicina al passaggio tra homo erectus e sapiens. Noi siamo un’umanità minuta, che ancora non ha compreso l’effettività del proprio patrimonio psichico, il quale figlierà l’uomo collettivo: non quello socialista, anche se non può mancare una lettura in questo senso del romanzo di Sturgeon, bensì qualcosa di clamorosamente diverso, come annunciano con slancio hugoliano le pagine che chiudono questa gemma della fantascienza.
Il fatto è che, però, non si tratta di fantascienza. A oggi, benché le neuroscienze siano tutte riduzioniste e improntate a uno scientismo imbarazzante, le discipline che studiano la coscienza sono molto vicine a giungere alle medesime conclusioni di Sturgeon. Dopo gli attentati dell’11 settembre, la quasi totalità degli avventori del World Trade Center sopravvissuti al crollo è stata sottoposta a sedute di EMDR: una specie di terapia neopsichiatrica di massa, mirata a sciogliere il ricordo e lo stress derivanti da eventi traumatici. E, fatto non secondario, questa terapia per l’inconscio collettivo ha funzionato. Il romanzo di Sturgeon ci obbliga a riflettere su un aspetto mai ben definito della storia umana occidentale e moderna: in che senso questa storia sia una storia psichica. Si tratta di una prospettiva che, insieme all’autore di questo classico della fantascienza, consideriamo rivoluzionaria e di imminente realizzazione. Questa prospettiva ci condurrà direttamente a considerare la telepatia una normale forma di comunicazione (per dirla con lo Stephen King di On writing: non è già telepatia il fatto che voi state capendo cosa sto dicendo in queste pagine?), il magnetismo come forza basilare dell’universo che finora non abbiamo compreso, l’etica in un senso del tutto differente da quella che abbiamo sviluppato e, molto più spesso, violato. Praticamente, una svolta storica.
Se volete arrivarci preparati, a questa svolta, o semplicemente desiderate evadere in uno dei sogni più belli che l’umanità abbia prodotto, il libro che tenete tra le mani è ciò che fa per voi: continuate a sfogliarlo.