di Franco Pezzini

Cozzilla. Il mondo di Luigi Cozzi, a cura di Marco Chiani, pp. 482, € 35, Profondo Rosso, Roma 2024.

Che il fantastico – e soprattutto il gotico – popolare italiano degli anni Sessanta (quello di Barbara Steele, per intenderci) abbia rappresentato un’irripetibile stagione dell’immaginario, è arcinoto ormai anche per la diluviale serie di studi che lo riguardano. Nel decennio successivo il fantastico in Italia si rapporta e si mescida a un genere thriller molto forte e febbricitante; in seguito le opere visionarie non spariscono – per fortuna – ma in un mondo cambiato rappresentano più l’opera di singoli maestri o produzioni che non stagioni singulari come in precedenza.

Ecco, come una lama da film dei Settanta s’incunea in questo quadro un’esperienza pop di notevole interesse, certo minore rispetto a quelle oggetto di paludate retrospettive su grandi eclettici maestri (Mario Bava, Riccardo Freda, Camillo Mastrocinque…) ma di estrema suggestione per mostrare la vitalità variegata di un cinema popolare in un’Italia che – verrebbe purtroppo da dire – non sa sempre cosa farsene. La robusta monografia in oggetto è insieme il corrispettivo di un’enorme tavola rotonda, di un archivio di documenti da faldoni altrimenti irraggiungibili, nonché la prova d’amore per una produzione artigiana per tanti versi nel nostro paese penalizzata e tuttavia vitale, attraverso l’esperienza di una voce significativa.

Ho conosciuto Luigi Cozzi tra gli anni Novanta e il nuovo millennio, quando il suo negozio “Profondo Rosso” in via dei Gracchi, allestito con Dario Argento – poi anche casa editrice – era l’unica sede in cui mi riuscisse di trovare registrazioni in VHS di film horror al tempo rari, avventurosamente copiati all’apparire su qualche rete tv locale. Dunque film a volte censurati, a volte piuttosto malconci, con il nastro che tradiva una stanchezza perlacea, consunta: ma sempre meglio che niente, e attendevo i loro pacchi con ansia. In seguito le iniziative dell’attivissimo Cozzi si sono moltiplicate, hanno preso quota su più fronti (il catalogo dei loro titoli presenta per esempio un certo numero di volumi di grosso interesse, accanto ad altri più divulgativi, nei filoni di storia del cinema di genere, fantastico e fantarcheologia, e una panoramica preziosa di scelte in DVD); e al contempo il regista/scrittore (di fantastico e noir) rappresenta una vulcanica memoria storica – di miriadi di aneddoti – su un intero panorama di rapporti col cinema, italiano e non solo. Di suo, Cozzi non ama particolarmente il macabro, piuttosto la fantascienza, e tuttavia per motivi professionali ha una lunga storia di collaborazione con Dario Argento.

A tenere con attenzione e passione le fila dell’operazione Cozzilla (titolo amabilmente ironico) è Marco Chiani, giornalista specializzato in cinema, coordinatore della redazione di Cinemonitor alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’università La Sapienza. Che chiarisce nell’Introduzione (Luigi in the Sky with Diamonds):

 

In sintesi, l’attività di Cozzi è divisibile in tre aspetti facilmente individuabili – scrittura, cinema e editoria – che hanno continuato a coesistere, nutrendosi l’uno dell’altro da oltre cinquant’anni; con buona pace di chi crede che, da The Black Cat – De Profundis (1989) a Blood on Méliès Moon (2016), il nostro sia stato con le mani in mano in fatto di immagini in movimento, la filmografia alla fine del testo mette nero su bianco documentari realizzati e collaborazioni a progetti cinematografici e televisivi. Proprio le tre macro-aree identificate dividono orizzontalmente il nostro percorso, lasciando libero diritto d’asilo al pezzo eccentrico, fuori schema. Al netto di un diffuso approccio personale, anche gli articoli più analitici si distinguono per un taglio volutamente eterogeneo col fine di restituire una molteplicità di sguardi puntati su una notevole avventura culturale e umana.

 

La raccolta dunque, dopo un primo colloquio con Cozzi, avvia una sezione La pagina scritta: ventun contributi (spesso testimonianze) di una pletora di nomi noti sulla scrittura, l’editoria e la critica del fantastico in Italia, da Alfredo Castelli e Alda Teodorani, a Ugo Malaguti, Fabrizio Foni, Sebastiano Fusco e Fabio Giovannini, con bibliografia finale. Seguono altre sezioni su rassegne e distribuzione, film e televisione – dove troviamo le firme di Enrico Luceri, Rudy Salvagnini, Davide Pulici, Fabio Zanello, Antonio Tentori, Luca Castoldi, Manlio Gomarasca, Giuseppe Lippi (testo di una e-mail 2016)… – e sul regista – tredici contributi, di Marco Giusti, Lamberto Bava, Giuseppe Festino, Giulio Leoni, Mirella D’Angelo… Non può mancare un’intervista a Dario Argento sul “collaboratore di più lunga data” tra i suoi. Ogni tanto, il curatore interviene con un pezzo a integrare e ricalibrare.

Seguono filmografia, foto e qualche pagina memoriale a firma del regista, produttore, attore, scrittore. Che peraltro non sgomita (altro pregio) nell’autocelebrarsi: nel complesso, il volume è soprattutto una storia molto umana di amicizie e passioni comuni.

Nato nel 1947, figlio di un cineamatore, folgorato nel 1955 da Ventimila leghe sotto i mari della Walt Disney, aderente a quel fandom entusiasta che lo porterà a varare da regista pellicole “classiche” (almeno in certo modo ruspante) come L’assassino è costretto a uccidere ancora (1975), Godzilla il re dei mostri (insieme a Ishirō Honda e Terry O. Morse, 1977), Starcrash – Scontri stellari oltre la terza dimensione (1978), Hercules (1983), Paganini Horror (1988, il suo unico horror) e i secondi nove episodi della serie Turno di notte (1987-1988) e a cercare di arruolarvi le proprie icone (non si sta parlando di Tim Burton, e i capitali sono quelli che sono – comunque nomi noti come Caroline Munro, Christopher Plummer, Donald Pleasence), Cozzi arriva troppo tardi per partecipare da regista ai fasti gotici degli anni Sessanta. Ma al tempo conosce giovanissimo Forrest J. Ackerman, Roberta Rambelli e Silverio Pisu, anima delle Fiabe sonore della Fratelli Fabbri, e intervista Bava, Freda, Margheriti e Lenzi; riesce quindi a inserirsi nell’ondata thriller dei Settanta e collabora con Argento, per poi battere un percorso autonomo ed eclettico. Toccando un po’ tutti i generi, dal peplum ai kaijū eiga, dal film storico alla fiaba alla commedia.

La documentazione è ricchissima e comprensiva di programmi di manifestazioni, rassegne stampa, elenchi di distribuzioni, produzioni televisive, persino indicazioni di sceneggiature non realizzate (tra queste, un Frankenstein assieme a Dario Argento, ambientato nella Germania di Weimar al tempo del tentato putsch della birreria, il mostro avrebbe metaforizzato il nazismo – ma Argento poi non se la sentì, “Non lo so, era troppo forse”). Molte foto, manifesti, copertine di libri e riviste ci guidano comunque a contestualizzare anche il provocatorio epiteto al regista, “The Italian Ed Wood” – probabilmente ingeneroso ma evocativo di una fantasia sfrenata. Insomma la testimonianza di un bacino dell’immaginario meno noto e celebrato di altri, ma fondamentale per capire l’humus fertilissimo di tante piccole produzioni, bacino di storie e memorie che merita assolutamente conservare.