di Jari Lanzoni

Quando l’Orrore non è un mostro, ma filtra dal latte materno

Sebbene qualcuno possa non conoscere direttamente la storia umana e giudiziaria di Edward Theodore Gein (1906 – 1984), la sua vicenda ha profondamente “marchiato” l’immaginario collettivo americano.

Persino chi non ha mai sentito parlare del Macellaio di Plainfield è comunque entrato in contatto con lui, ovviamente un contatto per interposta figura, anzi per interposto media se parliamo del romanzo “Psycho” di Robert Bloch o la sua trasposizione nell’omonimo film di Alfred Hitchcock, della fortunata serie di film “Non aprite quella porta” tramite il personaggi di Leatherface, fino alla serie “Bates Motel” e “American Horror Story: Asylum”, per non parlare di altri media tra cui fumetti e videogames, sino ai documentari che cercano di fare luce su di una vicenda di disumana inquietudine.

Ed Gein non è il freddo serial killer alla Dahmer o Alcala, non è efferato come Richard Ramirez, o invasato come Richard Chase così immerso nelle sue ossessioni da distaccarsi dalla realtà. Ed Gein è un ingenuo Candide volteriano, ma invece che essere cresciuto dal filosofo Pangloss è finito per assimilare la follia dal seno materno. Il fanatismo religioso della madre, Augusta Lehrke, è un corollario di tutto quanto il leader di una setta religiosa possa attuare per controllare anima, mente, e soprattutto corpo e istinti, dei propri supplici adepti.

Il rapporto tra l’anima semplice e indifesa di Ed Gein da bambino, per altro un bambino con evidenti deficit cognitivi, e una madre-mostro è al centro del comics “Did You Hear What Eddie Gein Done?”, scritto da Harold Schechter e da Eric Powell, che si occuperà anche dei disegni, edito dalla Exploding Albatross Funnybooks nel 2021.

L’opera è un mix tra la necessaria sintesi richiesta dal media e l’efficacia scelta delle dinamiche, dei gesti e della parole con cui Augusta Lehrke ha, scientemente, cresciuto nell’ignoranza e nell’isolamento una famiglia disfunzionale, di cui ella sola doveva essere baricentro, guida e portatrice di verità assolute. Una versione “homeschooling” dei Davidiani di Waco, di Georgetown o dei seguaci del profeta guerriero Jeffrey Landin. Isolamento e brainwashing continuo: Ed Gein non era un mostro ma, ora per ora, goccia di veleno dopo goccia di veleno, lo diventa in quasi quarant’anni di costante fermentazione di idee folli.

Il fumetto non vuole marginalizzare la figura paterna o il ruolo di George Gein, alcolizzato, violento e instabile, ma è una figura meno incisiva di Augusta, che per altro lei umilia e frustra quotidianamente. George morirà quando Ed è già un uomo-bambino la cui mente è stata inevitabilmente “formattata” dalla madre e, ormai, irredimibile.

Lancinante, nel suo intento di isolamento emotivo nella mente dei bambini, la sequenza in cui George Gein inveisce e schiaffeggia la moglie, dopo l’ennesima doccia di insulti a cui lei lo ha sottoposto. Quando l’uomo lascia la stanza, Augusta stringe a sé i figli e li accompagna in una preghiera a Dio perché uccida loro padre.

Presto sparirà dalla scena anche Henry Gein, fratello maggiore di Ed, proprio quando inizia a prendere una posizione ferma rispetto all’isteria di Augusta. Henry è un uomo fatto, per quel poco che ha

visto del mondo, a scuola e al lavoro, è riuscito a stringere nelle mani quelle pietre di paragone con l’Esterno (il mondo di odio e peccato da cui Augusta vuole sottrarre i figli), al punto di acquisire la consapevolezza delle dinamiche disfunzionali e tossiche in cui i Gein sono immersi. Verrà ritrovato cadavere nel fondo in un pozzo, dopo un incendio, nessuna indagine approfondirà le dinamiche della morte.

Rimasto solo con la madre, Ed ne diverrà l’adorante fedele in una continua e progressiva degenerazione della propria personalità.

La nostra mente procede per associazioni di idee e categorizzazioni, per cui l’impulso sessuale è determinato da una serie di stimolazioni relative ai nostri percorsi neurali. Privo di un riferimento esterno, o comunque di una figura con cui confrontarsi, la mente di Ed inizia a deviare i propri impulsi sessuali lungo un labirinto spinoso di nascondimento, repressione e peccato, la formula perfetta ottenuta da una presenza invasiva e dominante. Già la prima polluzione avuta a sei anni, guardando l’eviscerazione di un cervo, era il segnale di quanto la deviazione stava già prendendo piede.

In un Augusta-verso in cui ogni donna è una ignobile prostituta, inviata dal Demonio per degenerare l’uomo, solo la figura materna è pura e sacra! O quanto meno: solo la figura materna rappresentata da Augusta Lehrke è pura e sacra, il resto è sozzura, almeno sino a quando il corpo non raggiunge l’abbraccio della morte e l’anima si libera, a quel punto ogni peccato viene estinto; un dettaglio che venne subito percepito dalle orecchie di Ed.

Il 29 dicembre 1945, dopo due ictus e l’accudimento venerante del figlio, Augusta Lehrke rende l’anima a Dio, o a qualsiasi cosa fredda, invadente e malvagia abbia sempre adorato, lasciando Ed da solo. L’ultimo riferimento esterno a sé, per quanto malato e delirante, è venuto a mancare. Ed Gein è solo. Un uomo adulto con la mente di un bambino, i percorsi del pensiero deviati oscenamente in un labirinto, una grande fattoria, l’abitudine alla solitudine e molto tempo.

La solitudine è veleno per gli animali sociali. Per vivere da soli occorre aver maturato equilibrio. Ed Gein, nel pozzo della solitudine, fa esplodere tutti i deliri confusi insufflati da Augusta.

L’assenza fisica della madre gli è insopportabile, ma la bara è immersa nel cemento, una soluzione costosa e rara. A Ed occorre il contatto con la figura materna, con il lato femminile, un contatto controllato e puro, appunto la purezza di carne e pelle che sono già state mondate dall’abbraccio della morte. Le notti di Ed iniziano a essere fatte di badili, vanghe, casse seppellite da poco nella terra, piedi di porco per forzare le inchiodature e il peso di corpi da portare a casa.

Questo è il delirio in cui Ed Gein vive e che lo rende una figura ineludibile nello studio dei serial killer. I corpi freddi, il contatto con l’altro quando esso è bloccato nel rigor mortis, i tentativi di intimità con una controparte docile in quanto inerte. Quello che verrà trovato nella casa di Ed, all’inizio delle indagini, è il regno di un feticismo necrofilo, un disperato e delirante urlo di solitudine.

Passano gli anni. La mente assimila e categorizza, viene stimolata dalla novità, mentre l’esperienza troppo reiterata perde ogni attrattiva. Ed Gein vuole una donna “fresca”. “Fresca”, non viva. La sua prima vittima è una ragazza la cui scomparsa non verrà mai collegata a lui. I dettagli sono quasi inesistenti. Dopo 3 anni di ulteriori esumazioni e latenza omicida, Ed è pronto a mietere una nuova vittima: Bernice Worden, la proprietaria della ferramenta. La fortuna, però, non lo assiste. Il figlio della vittima è il vicesceriffo e subito individua un indizio che porta alla fattoria dei Gein.

Non sappiamo cosa sia successo a Mary Hogan, la prima donna caduta vittima della sua brama di Ed, ma Bernice Worden viene ritrovata nel capanno dove i Gein, da bravi cacciatori dei Wisconsin, scuoiavano ed evisceravano le prede. Ed Gein aveva riservato lo stesso trattamento al corpo della donna.

Come anticipato, l’ispezione che ne segue rivela una macabra cornucopia di parti umane usate come oggetti, ninnoli o vestiti. E’ tutto il mondo e l’inferno di Ed.

In particolare, nella seconda parte del comics, gli autori cercano di approfondire il significato degli indumenti di pelle di donna assemblati da Ed. Indumenti con seni e vagina con cui lui si ricopre in una sorta di veste mammaria.

La vittima inconsapevole è adoratore del suo carnefice, vuole il suo carnefice-dio, vuole essere il carnefice-dio. Ed Gein non poteva vivere in un mondo senza Augusta Lehrke e quindi la veste lo trasformava in lei, non in una donna o in una madre ma solo in Lei, in Augusta, la Femmina-Dea, Mater-Deus, massimamente potente, che aveva dominato ogni brandello della sua vita sin dalla nascita.

Siamo oltre una Mater Terribilis o le Cattive Madri del Segantini. Siamo al delirio dell’incarnazione religiosa, ben oltre le colonne d’ercole di qualsiasi umana consapevolezza.

A livello tribale, la difesa della famiglia-branco venne delegata al sesso maschile, muscolarmente prestante e più facilmente sacrificabile rispetto alla possibilità riproduttiva (la donna è fertile solo in certi periodi, la gravidanza è una fase troppo delicata e se il parthner maschile tira le cuoia causa smilodonte lo si può sostituire), mentre l’accudimento dei piccoli venne demandato al sesso femminile. Questa “marcatura dei ruoli” è rimasta immutata, spesso “incistandosi” in alcune fasi storiche, andando poi a modificarsi in una recente maturità culturale.

In una famiglia disfunzionale a causa di un padre violento con i figli, quell’antica marcatura rende, anche a livello inconscio, la madre complice/colpevole in quanto le viene attribuita la mancata difesa dei bambini. Il ruolo materno è così radicato, così profondo, da venire caricato di responsabilità e aspettative ben oltre quello del padre. Ma cosa accade quando questo ruolo, questa potente “mano sulla culla” è incarnata da figure come Augusta Lehrke, che possono apparire in ogni dove e ogni tempo?

Ed Gein, il macellaio di Plainfield, era un mostro. Non era nato come tale. Fragile, limitato, aveva prima subito l’alchimia sbagliata dei genitori, e poi la follia isterico-religiosa della madre, assimilata a lungo e con devozione. La combinazione chimica perfetta per la depersonalizzazione e lo smarrimento più totale, dove la profanazione delle bare non è solo vilipendio ma totale malata disperazione.

Questo articolo non è una invettiva contro la donna o la madre, ancor meno vuole sollevare Edward Theodore Gein dal suo osceno operato, ma i serial killer sono spesso la macchia rossa che segnala il tumore, il sangue nelle deiezioni della società. Ed era il prodotto del micro-mondo isolato, creato da un’alchimia famigliare abominevole.

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