di Frankenstein

Qui la prima parte. Qui la seconda parte.

INNESTO DEL TOTEM JLB

Mogadiscio, Alpi e Hrovatin, poi Palmisano. Sale lo score dei reporter mattanzati come tonni. Più di mille ad oggi. Tempi duri quando La Brianza e Mo vanno in Cecenia (lei ne ha 41 lui 63). Magnifica vitaccia, ma ormai si rischia troppo. F la vede stremata. Legittimo. Anche ambiziosa. Legittimo. Lucidamente chiaro che il giornalismo d’inchiesta in Italia è pari a zero e quello di guerra è pari a zero, dunque bisogna decidere con questi zeri dove far salire il punteggio e l’audience. La scelta è obbligata. Jole occupa uno spazio che in tv non ha colleghi certo audaci.

Ora il campo è libero. Predatori zero. Autenticazione per mancanza di autentici concorrenti.

  1. Si consacra il totem JLB: Report, il suo programma di investigazioni su turbe nazionali. Fanculo le guerre. Il monologo solo suo, un campionato con un centravanti e tutti a fare i portieri. La nazionale italiana spala merda. Report non è clone di un’antica redazione giornalistica, è un’organizzazione mediatica totemica moderna.

I calci di rigore li tira solo JLB.

La bulla è sempre stata una primitiva. Mai ha avuto un solo dubbio: abbattere i totem declinanti, farne legna da ardere. La sua tribù se l’è conquistata nella selva, erano dispersi e li ha riuniti, una forza della natura ancestrale. E sennò che cazzo di totem sarebbe? Quando litiga con La Minule non è per questione di contenuti, capirai, i dettagli sono irrilevanti e ve li risparmio, è una pura resa dei conti sul potere. La vedo raggiante, ora il totem è lei. In Report cacciatori, agricoltori, allevatori, donne accudenti la prole, tutti nella loro diversità e nei loro reciproci conflitti sono però unanimi nel riconoscerle il ruolo dominante, unificatore. Jole, un capolavoro di antropologia. Mannaggia, me ne rendo conto con lieve ritardo, lei è stata il modello di altre due tribù totemiche, diverse certo, ma unificate nella stessa efficacia, proliferazione, pressione mediatica. E’ il 2006, nella casa che ha comprato a Mongardino mi parla del blog di Grillo messo su da poco. Un altro totem, un altro monologhista. La bulla ne è entusiasta. Le five stars come premonizioni delle sue investigazioni.

Si sentono spesso Jole e Beppe. Che ci sia un rodato feeling me lo sarà confermato nel 2013. E che dire del terzo totem Gomorra? Altro specialista del monologo investigativo questo Robertino. Penso proprio che la santificazione di Saviano debba molto a JLB. Jole, Beppe, Roberto, tre totem mediatico editoriali che occupano tre aree diverse e contigue ma totemizzano un unico paradigma: non ci sono innocenti in Italia. Espongo questa corbelleria al presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ma lui mi sembra assopito. Forse è il caldo che fa a Reggio Emilia.

Jole-Jole-Jole, solo e sempre Jole La Brianza. F cerca di ricordarsi un altro nome in quella redazione ma non gliene viene in mente uno, forse un’amnesia cercata. La bulla ha messo sù un clan di credenti sulle ceneri di Jean La Minule suo antico vate, una specie di squadra catturandi televisivi, tutti rigorosamente free lance, cioè precari per statuto. Un’ideona: non rischi sabotaggi interni e conflitti sindacali, si devono fare il culo, ognuno è l’azienda di se stesso, il controllo dei contenuti è totale, la paga poca, tutto in low budget. Il totem non si discute e va venerato.

All’inizio tra loro ci sono ribelli intelligenti, durano poco, li fa fuori uno dopo l’altro. Non vuole concorrenti interni, solo diligenti please. F lascia perdere, non si vuole immischiare in grane tra JLB e La Minule, e tanti altri ancora. Osserva perplesso la strambata della nave Jole verso un mare nazionale inchiestuoso. Qualcosa non torna, non sa che. Report gli fa formicolare la chiappina, una sensazione strana, mai successa. Investigherà.

Giornalismo investigativo, giusto? Non più umanitario né guerresco. Investigativo. E che vuol dire? Miei somari politicamente corretti, vuol dire andare a scoperchiare bidoni di merda in aziende, consorzi, partiti, istituzioni, istituti, banche e bordelli mafiosi. Stracciare i coglioni anche a Indiana Jones e Rocco Siffredi se necessario.

Non in nome dei Guardiani della Galassia ma del servizio pubblico televisivo. Basta?

No che non basta. Investigativo ha bisogno di metodo, verifiche, alleati. Vuol dire tessere alleanze e relazioni con altri investigatori che non fanno i giornalisti. Non è un mestiere a tirare a prenderci. Siamo mica a indovinare con Frizzi o a ruffianare da Fazio. Fanculo il mainstream. Il target si presume più esigente. Ottenere pezze di prova attendibili da chi lavora con discrezione, spesso in totale riservatezza, è obbligatorio per un giornalista investigativo. Così, ogni volta che il faccione di tizio/a viene intervistato, non saprà mai che carte all’improvviso gli metterai sotto il naso. Certo, è stato informato sul tema da affrontare ma non sulle prove da confutare, né dove il suo faccione sarà collocato a compararsi con altri. Questo è il giornalismo investigativo, un lavoro da talpe con sorpresina. E guai se non fosse così, se non ci fossero conti da regolare tra gentiluomini di cui approfittare. Un’inchiesta fatta bene prevede sangue non passata di pomodoro. Lavora e non farti menate non su chi mente o dice la verità, ma su quale verità può essere piegata per essere difendibile, il resto è suicidio. Oh certo ti fai dei nemici tra i pubblici personaggi che contano, ma anche amici di tenebra, invisibili, affidabili. Se volete questo è quello che si chiama controllo e verifica delle fonti. Credo che Jole nelle sue lezioni di giornalismo agli studenti lo avrà detto chiaramente, non ne dubito.

F li vede farsi sotto, alludono: le cause legali sono una forma di pubblicità indiretta a Report, la patacca della sua indipendenza e purezza. Questi maliziosi insinuano che da quando, tra il 2007 e il 2008, Jole La Brianza ha conquistato per sè e la sua pregevole ciurma la tutela legale dalla RAI, sia iniziata la santificazione di Report.

I maliziosi dovrebbero anche considerare che questa è stata una conquista sudata e non scontata: ogni offensiva prevede una strategia di difesa. Se poi i maliziosi insistono nell’alludere che Jole La Brianza e la sua ciurma investigativa ricevano informazioni riservate dall’Agenzia delle Entrate, da un magistrato, dalla GDF, dall’insider di una finanziaria e da un hacker milanese, dovrebbero dichiarare coraggiosamente che si tratta di un complottone direttamente orchestrato dai Klingoniani per sterminare i buoni terrestri.

Diversamente F fa notare a un suo cliente, scandalizzato CEO di un’azienda del largo consumo, che tutti i documenti sono pubblici in uno stato di diritto, a meno che non siano classificati dati sensibili dall’intelligence.

E ci mancherebbe. Equazione: gli investigatori del servizio pubblico televisivo sono fino a prova contraria colleghi di investigatori pubblici ufficiali. Se ne facciano una ragione i diffamati e i loro avvocati aziendali, il giornalismo investigativo non è un lavoro sporco o pulito, è archeologia sulla contemporaneità. Scavi e scopri una mummia che ti chiede una paglia, poi si alza e ti dice “Sbendami che ti racconto una storia”. Lazzaro forever.

Quasi tutte le domeniche si andava a correre sui colli. Sù dall’Osservanza fino alla villa Ghigi (correre si fa per dire). Ci si portava dietro le paglie tanto per non apparire troppo sportivi (JLB le spezzava a metà per fumare meno). Si parlava di Report ansimando, di Report stesi sull’erba, di Report alla fontanella. Una sola volta abbiamo affrontato un tema decisivo: che regalo vuoi per il compleanno?

In un giorno del 2016 F sta a vedere in tv questa sceneggiata dell’addio della Jole al suo Report.

Uno spin off sulla cessione del logo. Messinscena garbata tra bicchierini di plastica e vinello. Il passaggio delle consegne a un tipone con la faccia da Black Sails. Jole veramente commossa? Sì, dai.

A F viene in mente una sera del 2008 a casa di una astrologa, quando dopo uno scazzo furibondo su come non si fa questo mestiere, Jole decide addio. Ci pensa guardando l’addio a Report. Che sarebbe poi un addio? Un separarsi nelle lacrime verso destini opposti e violenti? A volte è mandarsi affanculo tra indicibili insulti in nome di un tradimento, o è la fine di un amore contrastato? Oppure c’è un altro tipo di addio, quello a un’epoca divorata dalla tua stessa invenzione. F guarda ancora un po’ poi si stufa. La drammaturgia sui vent’anni di carriera JLB, una noia. Che palle gli investigatori che si autoinvestigano sulla Jole, e lei, che conferma, Report siete voi! Senza di voi chi sarei? Che squadra formidabile! (bello dirlo nei titoli di coda, dopo 19 anni, 10 mesi e 28 giorni). E loro rimangono lì in scena, anonimi, e lo saranno sempre, che poi gli è sempre andata bene così. Jole agonizza nell’addio. Il logo è ancora una bandiera pirata pronta al prossimo abbordaggio, ma senza la bulla è solo una bandierina su una buca da golf. Il brand, che era sinonimo di prodotto (Jole=Nutella), perde potenza, diventa una marca RAI tra le tante. Come il kung fu senza Bruce Lee.

Allora è il momento, vorrei proporvi questo pezzo di chiappina soda appartenuta a JLB.

Non mi sta più nelle mutande, ve la regalo, davvero non voglio niente in cambio.

La chiappina da tempo mi duole, non è più una freelance, è divenuta dirigente-bandiera-RAI. Da mito incorruttibile a  establishment del media pubblico. Del resto ha l’età per divenire parte permanente del paesaggio, come disse Goldfinger a Bond. La vecchia nave è ora in mano alla ciurma. Ultime note del diario di bordo: nessuno cattivone vuole più parlare con gli investigatori di Report, terra bruciata. Rimangono piume d’oca, vaccinari, vegani, storie di giochi a premi e maiali maltrattati, inchiestine su cioccolatai,  prosecco, acque minerali e truffette bio. Il bello e potente dell’investigativo ha già dato. La ciurma alza gli occhi. Il cielo sorvolato da sciami di droni assassini comandati in remoto da reporter digitali pronti all’arrembaggio. E’ il web bellezza.

INNESTO DI FINE CORSA.

Sulla collina di Mongardino, scendendo verso Sasso Marconi, c’è un tornante strozzato che in moto si fa in seconda con un filo di gas, nel lato interno una pizzeria, su quello esterno un cancello. Alla fine del vialetto un villino brianzolo, Jole alla fine ha trovato la sua terra d’origine edificata sui colli di Bologna. Ha fatto pulire il boschetto da due montanari delle sue parti che le hanno vangato un orto. Chi le fa visita oggi non è decisivo.

F la vorrebbe riconsegnare alla bulla la chiappina, l’ha difesa oltre ragionevole logica, ma non se può più, e allora ha deciso di devolverla. Qualcun’altro oda fino allo sfinimento come quel deretano sublime ciancia solo di lei e del suo lavoro. L’auto-centrata anaffettiva chiappina mai ha sopportato le verità degli amici contro la sua, decimandoli uno ad uno fino a una solitudine perfetta surrogata dai gregari di lavoro in una Roma tutta residence, redazione e final cut. Per perfezionare la sua versione ha anche confezionato un press kit autobiografico a uso dei colleghi giornalisti. Stessa versione per tutti, glamour, understatement, normalizzata.

E chi la smentisce? L’autenticità è tale se nessun testimone si profila all’orizzonte. Tutti finiti all’altro mondo.

La versione è univoca, blindata: un po’ di Dams e cinefilia, giovane madre che lascia la Polda appena nata in braccio al mite marito pur di non rinunciare alla sua missione, due paroline su Vukovar, un grazieciao d’ordinanza a Jean La Minule, richiamini al passato di inviata di guerra, dichiarazioni antimondane, donna di casa che fa lavatrici. Delle cause collezionate qualche vanto e via. Sulla sua redazione elogi, mai si dica che è solo lei. Un solo amico, un droghiere. Normalità, quanta normalità. Quanta umanità, tanta umanità. Un solo amico, un droghiere. La villetta di Mongardino, la sua piccola Shangri-la. Ora che la bulla ha varcato i sessant’anni, e li porta benissimo, a F viene da pensare a Eustache, alla diavolessa Paluche, ai Dodo Brothers e Ottovolante, a Vukovar, agli ammutinati del Bounty a Rob Quinlan e Mo.

Si dice qui a Bologna, “Di ban so, fantesma”: allora fantasma, parlami. 

Il fantasma tace e aleggia su tutte le inchiestone italiane che JLB ha messo insieme in vent’anni, il fantasma è in questo villino comprato nel nuovo millennio, la piccola solidità del mattone. Qualcosa di concreto, freddo il mattone, di una sostanza tutta Jole, il contrario di una vela in mare. L’isola di Pitcairn inesorabilmente lontana. JLB vi ha tenuto inchiodati alle sue splendide indagini. Necessitava tanta solitudine di tanti amici che la seguissero, una camera iperbarica di folla plaudente, parte di sinistra poi grillina. Un’audience persuasa che la bulla fosse ideologicamente pura e consimile. So che tanti plaudenti sono rimasti ultimamente delusi dalle sue dichiarazioni. No, la bulla tosta mai è stata fatta come voi, credetemi, solo la situazionista che ascoltò la storia della diavolessa e cantò Azzurro con Arkan. Mai sarà vostra compagna di divano. Adesso toglietevi dai coglioni e lasciate spazio ai target emergenti: animalisti, vegan, novax e ultrasbio.

Ad majora