di Alessandra Daniele

Boris.jpgSoltanto nel dicembre 2011, a più di quattro anni dal suo debutto su Fox, era arrivata su RaiTre la prima stagione di Boris, la geniale serie che, attraverso le cialtronesche vicissitudini d’una troupe televisiva, ha raccontato l’Italia con quello spietato sarcasmo che l’ha resa il ritratto più fedele del nostro paese fatto negli ultimi decenni. Com’era prevedibile, le repliche di Boris su RaiTre sono durate pochissimo, giusto il breve periodo dell’interregno fra l’arrogante censura Berlusconiana, e la sobria censura Montiana.
L’austero imbianchino che ha ripulito la facciata italiana da escrementi e fluidi corporali non ha in realtà cambiato nient’altro: l’Italia è ancora ”un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte”. E la satira di Boris non è invecchiata di un giorno.
In Boris si nomina direttamente Berlusconi solo un paio di volte su quarantadue episodi e un film. A farlo, dichiarando d’averlo sempre votato con convinzione, è colei che sembra l’unico personaggio positivo della serie: Arianna, l’assistente di regia, interpretata dall’ottima Caterina Guzzanti.
Arianna è seria, efficiente, capace, organizzata, il suo contributo sul lavoro è talmente prezioso e insostituibile da dare subito l’idea che in realtà sia lei a tenere in piedi la baracca col suo impegno incessante da formica operosa, nonostante la cialtroneria degli sguaiati cicaloni che la circondano, dall’attrice nota come ”Cagna Maledetta”, al regista che si autodefinisce ”il Re della Merda”.
Arianna sostiene il sistema perché crede sia il meno peggio che si possa avere, lo sostiene col suo lavoro, e con il suo voto.
Il potere della grottesca classe dirigente italiana si regge sullo sfruttamento intensivo del lavoro quotidiano di milioni di Arianne/i, oneste, efficienti, preparate, laboriose, che sprecano la loro vita a rimediare alla criminale cialtroneria dei loro capi bancarottieri, dei loro colleghi incapaci e raccomandati, dei loro amministratori pubblici camorristi, puttanieri, sanguisughe. Milioni di Arianne/i che sono persino disposte, quando periodicamente gli viene richiesto, a svuotarsi le tasche per pagare i conti lasciati in sospeso dal branco di parassiti che le sfrutta, a coprire i loro assegni a vuoto ingrassando gli strozzini, e tutto per salvare il sistema così com’è fatto. A cazzo di cane.
È questa la lezione più amara e più attuale di Boris: Arianna, come milioni di Arianne/i, nonostante tutto crede che questo sistema sia il meno peggio che si possa avere. Perciò lo sostiene, non solo per necessità, ma troppo spesso anche per convinzione, e ancora una volta lo salverà dalla bancarotta, a spese sue.
E nostre.

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