di Luigi Franchi

Il fine della filologia è la Storia
Friedrich Schlegel

Le storie non sono che asce di guerra da disseppellire
Wu Ming

GG3.jpg“Si vuole decidere a ritrattare le sue idee diaboliche? Si ostina a difendere queste teorie in odore d’eresia? La sua testardaggine le costerà la condanna e poi il rogo”, disse l’inquisitore.
Dopo aver abbracciato con lo sguardo la sala del processo, l’imputato rispose: “Mettetevi pure il cuore in pace, io non ritratterò mai. Non posso lasciare che il progresso della scienza rimanga nelle mani di quattro pretuncoli da strapazzo”.
La dichiarazione venne accolta con orrore dai prelati raccolti in aula.
Fu il cardinal Zapponi in persona ad alzarsi per rispondere a quel misero scienziato dall’aspetto dimesso che aveva osato ingiuriare il Sant’Uffizio.
“Lei, essere assolutamente spregevole e fuori dalla grazia di Dio, avrebbe potuto raggiungere la salvezza facendo atto di sottomissione. Ora è il rogo ad attenderla, non le saranno somministrate confessione ed eucarestia. Data la sua fama, seppur con ribrezzo, mi vedo costretto a concederle l’ultima possibilità di abiurare le tesi sciagurate che il demonio in persona ha instillato nella sua mente peccatrice”.
L’uomo si alzò di scatto e la sua risposta all’offerta del cardinale esplose nella sala con un boato.
“Il giorno in cui rinuncerò alla scienza in favore della vostra metafisica da quattro soldi io non mi chiamerò più Galileo Galileo. Torturatemi, uccidetemi, perseguitate pure i miei cari: arriverà il giorno in cui sarete voi ad ardere sulle pire, il vostro oscurantismo non durerà in eterno”.


Pietro Nicolai, addetto al torchio della stamperia di messer Rizzoli, era riuscito ad intrufolarsi nella sala per assistere al processo ed era rimasto folgorato dall’ardore col quale lo scienziato aveva fronteggiato i propri accusatori.
Sperava anche lui un giorno di padroneggiare una dottrina così vasta e di poter difendere in egual modo le teorie partorite dai suoi studi.
Da tempo, infatti, durante il lavoro all’officina, Pietro non si limitava alla manutenzione del torchio: le opere che Rizzoli stampava, prevalentemente trattatistica scientifica, avevano fatto sorgere in lui dubbi sulle nozioni che il religiosissimo padre gli aveva impartito e lo avevano catapultato in un mondo fatto di esperimenti e prove empiriche.
Mentre correva verso casa per fissare su carta le frasi più significative pronunciate da Galilei, Pietro incontrò Ercolino Panfili, suo collega alla stamperia, nonché compagno di bevute e notti indimenticabili.
Ercole stava per dire qualcosa all’amico, ma Pietro non resistette, prese il compagno e lo portò all’osteria del Cervo Gaudente per raccontargli ciò a cui aveva assistito.
Davanti a due boccali colmi di birra Pietro raccontò dell’indignazione dei cardinali e del sorriso beffardo di Galileo, della condanna a morte inflitta dall’Inquisizione e del contegno col quale lo scienziato aveva accolto il verdetto.
La narrazione concitata di Pietro aveva finito per coinvolgere un elevato numero di clienti i quali non esitavano a offrirgli da bere in cambio di nuove succose rivelazioni riguardanti il processo.
Tra coloro che incitavano Pietro, i giocatori di carte e un piccolo gruppo di ubriaconi intento ad ammirare le grazie della giovane cameriera, una persona dall’aria circospetta e poco raccomandabile, assolutamente fuori luogo in quell’osteria, colpì subito l’attenzione di Ercolino il quale si ricordò prontamente la ragione per cui si era messo alla ricerca dell’amico.
Messer Rizzoli in persona gli aveva affidato questo incarico.
Dopo la sentenza del processo gli esponenti maggiori dell’Inquisizione avevano percepito la pericolosità che avrebbe comportato uccidere un uomo di scienza come Galileo.
L’intera comunità degli studiosi si sarebbe levata per difendere il suo più illustre esponente e non avrebbe tardato a smentire per ritorsione tutte le leggende e le favole raccontate dalla Chiesa per ammansire il popolino ignorante.
Con lettera d’incarico firmata direttamente da Sua Santità, compito dell’officina Rizzoli era quello di stampare un libretto in cui veniva offerta una versione dei fatti meno dannosa per l’immagine della Chiesa.
Ercolino doveva riportare Pietro a casa, l’indomani sarebbero iniziati i lavoro di compilazione che avrebbero dato origine al libello commissionato dal Papa, ma soprattutto doveva allontanare l’amico dalla vista dell’uomo misterioso, il quale sembrava eccessivamente interessato al racconto del compagno.
Imboccata la strada di casa, Ercolino cominciò a spiegare all’amico il lavoro che li avrebbe tenuti impegnati nei giorni seguenti: nel libro che dovevano stampare la caustica invettiva del Galilei doveva essere rimpiazzata con la sua abiura, l’umile ritorno in seno alla madre Chiesa e l’accettazione dell’infallibilità papale.
Pietro era profondamente contrariato, se solo fosse stato un po’ meno brillo avrebbe protestato con forza e si sarebbe certamente rifiutato di rendersi complice di un’azione simile.
Ercolino non tardò molto a raggiungere la casa dell’amico e quest’ultimo, appena toccate le lenzuola, si addormentò all’istante.
Il mattino seguente, al momento del risveglio, Pietro percepì nella propria stanza la presenza di un estraneo. Il tentativo di alzarsi dal letto per fronteggiarlo corpo a corpo fu vano poiché si ritrovò inchiodato al materasso con gambe e braccia legate tra loro.
L’ospite indesiderato riuscì a stento a trattenere un sorriso e, concesso a Pietro qualche minuto per uscire completamente dal sonno, cominciò un lungo monologo che non mancò di stupire l’unico membro del suo uditorio.
“Pietro Nicolai, figlio di Francesco Nicolai, il compito che dovrai sopportare sarà arduo e pericoloso. L’eventualità che tu possa rifiutarlo non esiste quindi ascolta bene quanto ti dirò. L’altra sera ero presente al Cervo Gaudente e ho seguito con enorme interesse il tuo racconto”.
Pietro si ricordò di quello strano individuo e dello spavento che la sua vista aveva provocato in Ercolino.
“Il tuo amico Ercolino, persona buona e degna, deve avermi scambiato per uno sgherro del cardinal Zapponi. Non riuscirei a spiegare in altro modo la vostra repentina dipartita. Ti sembrerà strano ma il tuo amico non poteva avere un’intuizione più sbagliata” continuò l’estraneo.
Sempre più confuso, Pietro non poté che fare cenno di continuare.
“Sono membro di una società segreta. Non posso dirti di più. Ti basti sapere che il nostro sogno è quello di porre termine alle ingerenze della Chiesa nelle faccende umane e di tornare a uno stato di comunione totale con quella Natura che il cristianesimo ufficiale ha sempre guardato con sospetto e condannato. Sappiamo che hai udito la difesa di Galileo e che allo stesso tempo dovrai redigere un’opera in cui dovrai negare ciò che hai visto”.
Pietro cominciava a sentirsi a disagio, lo straniero sembrava conoscere un po’ troppe cose della sua vita privata.
L’intruso continuò: “Sono certo che ti stai chiedendo come faccio a sapere tutto ciò. Vedi, la nostra organizzazione è diffusa capillarmente in tutto il mondo conosciuto, abbiamo informatori in ogni regno e corte, la notizia della morte del più umile straccione di Tangeri può essere riportata al signore di Oslo in poco più di una giornata. È proprio per questo motivo che siamo a conoscenza del piano del Papa per sovvertire la valenza simbolica del processo a Galileo”.
Dopo una piccola pausa in cui fu permesso a Pietro di bere un po’ d’acqua, il misterioso intruso riprese il discorso.
“Tu non puoi saperlo, ma Galileo è stato giustiziato questa stessa notte. La Chiesa non poteva permettersi che un avversario così pericoloso restasse in vita a lungo. Il Papa ha deciso di sostituire lo scienziato con un sosia che si ritirerà presso la villa di Galilei ad Arcetri; questo, per evitare sospetti e cercando di imitarne lo stile, manterrà da lì una corrispondenza epistolare con parenti ed amici dello studioso per diversi anni fino a quando verrà deciso di concedergli un’onorata quanto fittizia morte naturale. Nel frattempo, grazie alla pubblicazione di numerosissime copie del libello voluto dal Papa, verrà sbandierata ovunque la sua abiura e la potenza della Chiesa diverrà ancora più salda e duratura”.
Pietro rimase scioccato dal racconto dell’estraneo, pur non essendogli ancora chiara la ragione per cui lo sconosciuto si fosse rivolto proprio a lui.
Ancora una volta lo straniero sembrò possedere la capacità di leggergli nel pensiero e lo anticipò: “In base al tuo resoconto di ieri sera i membri più anziani della Società hanno redatto una versione della difesa di Galileo molto vicina a quella reale. Il tuo compito è quello di inserire il foglio che ti darò in almeno un decimo delle copie del libretto papale che stamperete. Le stampe alterate verranno diffuse poi per le biblioteche di tutta Europa, in modo tale che nel corso dei secoli non vengano dimenticati l’atto eroico di Galileo e la vile manipolazione della Chiesa. Questa è la soluzione migliore. Atti più eclatanti non sarebbero altrettanto validi nel lungo periodo. Abbiamo scelto te perché sappiamo che accetterai il compito senza la necessità di ricorrere a minacce corporali”.
Pietro ripensò a tutta la storia e se solo non avesse visto coi propri occhi lo sguardo ferino dello scienziato al momento della lettura del verdetto, avrebbe pensato che quanto aveva appena udito riguardava la trama di un romanzo complicatissimo, piuttosto che una vicenda reale di cui egli stesso era uno dei protagonisti principali.
Così come lo straniero aveva previsto, Pietro accettò la missione.
Un attimo prima che lo sconosciuto se ne andasse, Pietro riuscì porgergli una domanda: “Dimmi almeno il tuo nome straniero; non temere, se dovessi venire scoperto, non ti tradirei mai.”
L’individuo misterioso voltò leggermente il capo e rispose: “Qualcuno mi chiama Luther Blitzkrieg, se hai proprio bisogno di un nome usa quello”.
Luther Blitzkrieg scomparve nella luce del mattino e Pietro non lo vide mai più.
Appena giunto in stamperia, Pietro cominciò a inquinare le copie del libro papale: ognuno avrebbe potuto leggere di Galileo e del suo coraggio, indignarsi per la corruzione della Chiesa che solo pochi anni prima aveva ucciso in Campo de’ Fiori un altro mirabile pensatore.
Una narrazione era stata lanciata nell’iperuranio delle storie.
Ai posteri che l’accoglieranno il compito di difenderla dagli autodafé del futuro.