di Federico Mastrogiovanni

monja1.jpgCinque. Sociopatia.

Un clima di sfide vi metterà — sia pure casualmente — alla prova, costringendovi a ridiscutere le scelte. È solo ponendovi domande di senso che gestirete le provocazioni riconquistando la sicurezza. Mentre l’amore è “terra promessa”. PROVATI.

Sono due mesi che piove sulla città eterna. Noi romani non siamo abituati alla pioggia. Ci destabilizza e ci fa incazzare. E oggi piove di brutto.
Sul 70 a piazza Cavour sale un gruppo di novizie. Indiane, latinoamericane, qualche sarda e qualche africana. Due sono giovanissime.
Ginevra mi ha lasciato. Sto leggendo In Vespa, di Giorgio Bettinelli.
Questa è la storia. Un uomo che vive da anni a Bali, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per il mondo, riceve in dono da un amico balinese una vecchia Vespa quasi da rottamare.
A 37 anni decide di usarla per uscire dal paese per rinnovare il passaporto. La cosa sorprendente è che non è mai salito prima in vita sua su una Vespa e sviluppa subito un amore viscerale per questo mezzo. Fa aggiustare il catorcio e parte. Impazzisce di gioia, letteralmente. E dopo venti giorni, quando torna a Bali, ha preso la sua decisione. Dovrà percorrere i 24mila chilometri da Roma a Saigon in Vespa. Lo DEVE fare, altrimenti LUI MUORE! Dopo appena due mesi dalla sua decisione è a Roma, in partenza per il Vietnam. È il luglio 1992. Da allora non si è più fermato e le sue imprese sono state strabilianti. Memorabili. Ha girato tutto il mondo sulla sua Vespa fino al settembre 2008, quando è morto per un malore improvviso in Cina a cinquantatré anni, lasciando un vuoto enorme.

Ogni pagina che leggo mi commuove e allo stesso tempo mi genera una fitta allo stomaco.
È devastante avere dei sogni e sentirsi in gabbia. E avere testimonianze di persone che semplicemente hanno deciso e fatto quello che desideravano di più al mondo è uno stimolo e una frustrazione.
Per distrarmi un attimo dall’intensità della descrizione del Pakistan alzo lo sguardo e mi guardo intorno. Incrocio gli occhi di una giovane e bella novizia.
Deve essere colombiana. Anzi sicuramente è colombiana. Ho un fiuto tutto speciale per le donne colombiane. Non mi sbaglio mai. Mi sento arrossire mentre la guardo.
Ho appena capito che ci sto provando con lei. Che è partito lo sguardo provolone da autobus. Non sono riuscito a evitarlo. Lei non abbassa gli occhi. Anzi mi fissa incuriosita.
Tu col cazzo che sei un’ingenua novizia, dì la verità… Sorrido. Sorriso di risposta. Sto per partire. Parto.
«Sei colombiana, vero?».
Si illumina. «Sì!! sono di Cali! Come hai fatto a indovinare?»
«Beh, le novizie più carine sono colombiane…»
ODDIO CHE CAZZO DICO?? non solo ci sto provando con una SUORA, cioè una crisalide di suora, una suora in potenza, ma dico pure delle frasi del genere? Sono veramente un poveraccio. Ha ragione Fausto.
Lei arrossisce (non più di tanto a essere sinceri) e mi fa una faccia come a dire sciocchino non vedi che sono una suora, che mi dici mai?
«Ma voi siete già suore? Cioè tipo potete già dire messa e cose così?» Lo so benissimo che le suore non dicono messa. Lo hanno deciso al Concilio di Nicea nel 325 dopocristo.
E so anche che una novizia non è una suora, è più come una primizia.
Non so perché ho sempre associato la parola novizia a primizia, anche se già da novizie le religiose dimostrano una caratteristica comune. Sono brutte forte!
Mi sono sempre chiesto se le suore sono brutte perché suore oppure sono suore perché brutte…
«Guarda, veramente noi non diciamo messa…» è imbarazzata per me. Adorabile. La devo assolutamente rimorchiare. Già me la vedo che si strappa il vestito di dosso, e si sdraia vogliosa sul tavolo della cucina languidamente… il più banale dei cliché del porno.
Mi faccio pena. Devo continuare.
«Ah, è vero. Che figuraccia. Senti, ma voi non uscite mai a fare passeggiate, a prendervi un gelato con le amiche, o con gli amici?»
La pioggia fuori dall’autobus scroscia. I finestrini sono appannati di condensa, sento che la mia tecnica infallibile di rimorchio (sguardo da autobus, sorriso disarmate e domande sceme) sta funzionando alla grande. Lei ride (ingenua) e si avvicina un po’. La guardo meglio. È proprio carina. Peccato per i capelli corti e quel vestito da suora… ma ce l’avrai un cellulare, no? Potrò chiamarti quando non ci stanno le tue compagne… le superiori.
Appena evoco lo spettro della madre superiora si materializza un essere satanico a fianco della novizia colombiana.
È un mostriciattolo di un metro e dieci. Siccome è vestito da suora decido che è una donna, anche se sono certo che della donna non le sia rimasto nulla. Il male l’ha divorata!! Ha gli occhi piccoli e cattivi. Un sorrisetto sardonico e le manine a uncino. Ha capito tutto, la stronza. Ha intuito il mio piano. Si è accorta che stava funzionando e ha voluto aspettare a intervenire per godersi meglio la mia reazione.
Non parla. Essa guarda e brucia.
È come un supereroe del male. Nano. Col vestito da Batman.
Prima guarda me. Esprime secoli di odio per i maschi e per il loro pene. E per il sesso in generale e per i miei pensieri osceni. L’odio esce dagli occhietti e mi brucia come un raggio laser.
L’angolino del mio libro intercetta per un secondo questo sguardo e comincia a fumare. La cazzo di suora ha bruciato il mio libro!! Lo spengo con le dita.
Poi la megera rivolge il suo sguardo alla dolce novizia colombiana. La deve umiliare. Punire. Deve distruggere in lei ogni desiderio di felicità, di accoppiamento, di vanità, di gioia. Lo fa. (sempre col raggio laser).
E la giovane colombiana diventa piccola piccola come la vecchia. Si vergogna da morire. Torna fra le altre senza rivolgermi più uno sguardo.
Ho perso. Sono ancora scosso. Ma è stata solo una battaglia. Ho perso una battaglia con le forze del male, non la guerra. La guerra, la gloria e la vittoria finale saranno dei giusti. Saranno mie!!
Ho perso di nuovo la fermata.
Rotolo giù dal 70 ormai a largo Argentina. Piove troppo e io come sempre sono senza ombrello.
Oggi è una giornata di merda!
Arrivo al Consiglio di Stato completamente zuppo e incazzato. C’è da dire che sono un po’ permaloso… e rosicone. E quando mi va male con una donna (anche una novizia colombiana durante un tragitto di dieci minuti in autobus sul 70. Sì! Lo considero comunque un approccio) mi viene subito un violento attacco di incazzatura. Poi passa entro breve, quando mi rendo conto che in effetti non è da ascriversi a una mia sfiga particolare il non riuscire a rimorchiare ogni volta che ci provo. Piuttosto a una questione statistica. Esistono delle Leggi superiori a noi, quelle della statistica appunto, che sono inviolabili.
Quindi se mi spettano 3 successi su 10, mettiamo per dire, allora non vi è alcuna ragione al mondo che possa cambiare questa proporzione.
Appena mi ricordo di questo, la mia delusione si smorza e posso ricominciare a respirare bene.

La respirazione è fondamentale per i membri della setta del Percorso per un’Esistenza Migliore. Sugli esercizi respiratori il vecchio consulente finanziario, che oggi si fa chiamare maestro e raggira migliaia di persone nel mondo, ha fondato una religione neopagana. Una setta esoterica che si rifà al sufismo!
Gli adepti si incontrano in gruppi una volta a settimana. Mettono nel calderone tutti i loro problemi (va detto che ne hanno davvero molti. Ognuno si porta da casa quintalate di merda da condividere con altri poveracci distrutti e vessati) e ne parlano tutti insieme.
E i capi fanno tesoro delle disgrazie, delle debolezze, della paura di queste persone per legarli al gruppo. Affinché non possano uscire. Se tentano di uscire infatti diventano dei reietti. Verranno odiati, schifati da tutti, non avranno più nessuno. Non avranno più nulla.
E i poverini ogni giorno fanno i loro esercizi respiratori, le loro “preghiere” per evocare l’energia del cosmo. Seguendo le indicazioni del Maestro.
La respirazione è fondamentale. In tutte le religioni la preghiera e gli esercizi respiratori aiutano a tranquillizzarsi, ad avere l’impressione di stare meglio. Addirittura a stare meglio.
Si chiama alcalosi respiratoria. È quando si abbassa la quantità di anidride carbonica nel sangue e si aumenta la quantità di ossigeno.
È quando si genera quel senso di ebbrezza. È quando si genera quel capogiro. È così che uno si stordisce e vede dio. In tutte le religioni. Più o meno.
Non ci vuole Rita Levi Montalcini.
Poi si ripetono dei rituali. Delle frasi. Invece del padre nostro uno può guardare contro il muro e ripetere compulsivamente il nam myoho renge kyo, o può ripetere una parola segreta. In iperventilazione. E vedere la luce. E avere l’illuminazione.
Però affaristi spietati e sanguinari si approfittano della debolezza e della buona fede di gente che soffre per costruire imperi e soggiogare il prossimo.
Ok magari non è esattamente così, ma sono condizionato dalle tonnellate di fumetti che ho letto durante la mia adolescenza e dai libri di Bukowski, per cui tendo a essere esagerato. Ma il concetto è chiaro.
Dopo il lavoro finisco da Feltrinelli a Largo Argentina a bermi un tè caldo.
Non mi piace come hanno reso questo luogo di culto della mia adolescenza. Sembra un centro commerciale. È pieno di libri di merda e mi viene voglia di rubare. Non ho voglia di dare i soldi a questi qua. Mi hanno tradito. Guardo un po’ in giro a casaccio cercando un bel libro che mi piaccia.
Asce di guerra di Wu Ming e Vitaliano Ravagli. Una certezza di qualità.
Poi nella parte religioni vengo colpito al volto da un libro. Mi sta chiamando il libro con la copertina più brutta del mondo. Lo devo prendere. Ma questo col cazzo che lo pago. Invece pago il libro vero. Esco con La vera via in mano. Nessuno mi ferma. Torno a casa senza nemmeno aprirlo.
I Wu Ming sono dei geni.

Passo il resto della giornata davanti al computer. Davanti al mio Mac. Che è uno status symbol, ma anche una scelta di vita. È come essere di destra o di sinistra, della Roma o della Lazio, se ti piace il salato o il dolce. La fica o il cazzo. Io ho scelto il Mac. Ed è per sempre. Come la Roma, la sinistra, il salato e la fica.
Quindi entro nell’orrenda chat di facebook con Filippo Rossi.
La chat di facebook fa schifo. Oggettivamente. È lenta, si impalla e non puoi nasconderti. O ti si vede o non ti si vede. Non è che puoi, metti, bloccare uno per mezz’ora mentre ti fai i cazzi tuoi e poi riattivarlo. Non si può fare.
Filippo è lì che aggiorna il pensiero del giorno.
Dopo che Gioacchino Sinibaldi gli ha stretto la mano e gli ha proposto di diventare il direttore di youdem.tv lo prendo sempre per il culo.
«Senti una cosa Filippo. Ti volevo fare i complimenti per il video sul congresso del PDL. Mi ha commosso».
«Hahahaha so’ contento. Grazie. Mi hanno detto che ha suscitato anche un po’ di angoscia…»
«Beh, sì, ma quell’angoscia educativa. Vedere quei fascisti ripuliti, con la musica techno sotto, te che invecchi, nella vasca da bagno, il montaggio. Era davvero un pezzo psichedelico. Educativo. Mi è molto piaciuto. Ai livelli delle migliori telefonate con Sinibaldi. Il tuo nuovo migliore amico…»
«Dai, non lo dire neanche per scherzo che poi la gente ci crede. Invece a proposito di gossip. Ho saputo che tu e Ginevra non state più insieme.»
«Direi piuttosto che mi ha accannato. Sì è vero.»
«Beh, mi dispiace proprio Samuele. Davvero. Mi piacevate. Comunque mi sa che ho fatto una mezza figura di merda con lei.»
«Sarebbe?»
«Eh, l’ho incontrata, le ho detto di salutarti tanto e lei mi ha detto ‘Eh quando lo vedo. Non stiamo più insieme’. Non lo sapevo, le faccio, e lei ‘vabbè, mica vado a dire i cazzi miei in giro’. Comunque salutamelo se lo vedi.»
«Mmm. Ma secondo te possiamo continuare a parlarci io e te anche se non sto più con Ginevra?»
«Sei un coglione. Considera che ho parlato molto di più con te che con lei in assoluto. Lo so, è tosta. Comunque ti stai vedendo con qualcuna?»
«Sì. Ma in realtà ho voglia solo di lei. Non me la tolgo ancora dalla testa. E soprattutto me la sogno di notte. Il fatto è che in questo periodo sono circondato da femmine. Mi girano intorno come squali. Ma ti pare possibile? Che cazzo fanno, sentono l’odore?»
«Certo! È l’odore della fica. Un mio amico ha questa teoria. Un uomo quando scopa si porta addosso un odore di fica, che le altre donne sentono inconsciamente. Finché lo sentono dimostri che sei uno sessualmente attivo, che piace ad altre donne, e quindi che sussistono le ragioni perché tu sia un maschio interessante, buono per l’accoppiamento.»
«Beh è una teoria interessante.»
«Sì. Cioè non è che io aderisca proprio completamente, però è vero che si vede quando scopi. E questo le altre donne lo percepiscono e parla bene di te.»
«Vabbè, quindi nel dubbio devo continuare a scopare, anche se nessuna di loro è Ginevra?»
«Che domande fai? Ti è mai venuto il dubbio che potessi smettere di tifare la Roma?»
«No, hai ragione. Sono un coglione. Ora mi metto a riflettere su questa teoria dell’odore di fica. Ti saluto frate».
«Ciao bello.»

***

«we»
«ò»
«staffà?»
«tra un po’ arivano i mostri pe’ giocà a poker»
«Forte. Seratone. Novità?»
«Miss Liceo ’96 stanotte è passata da casa mia e mi ha lasciato davanti alla porta una bottiglia di vodka. PIENA»
«GENIO ASSOLUTO! Ma chi cazzo è?»
«Guarda Shemuel, nessuna donna ha mai fatto una cosa del genere per me. E pensa che manco mi rompe il cazzo!! Sono frastornato.»
«Te credo. Secondo me però è un esperimento che lei sta facendo su di te per conto del CNR. Non può essere altrimenti»
«huahuahuahuahuahuahuahuahua»
«jejejejejejejejejeejejejejej»
«Senti sto skype me rompe le palle. Cala qua. Porta qualcosa da beve e vieni»
«Perché non vieni te, cazzo? Solo perché non hai la patente non vuol dire che non puoi alzare il culo»
«Hai ragione ma vengono quelli a giocà a poker. Dai, cala»
«Daje»
«Daje»
Gli calo a casa portando in dono due miserabili bottiglie da 66 di Nastro Azzurro, comprate illegalmente al ristorante abruzzese più fetido del quartiere.
Giorgio fa scrosciare la sua risata fragorosa da gigante, dall’alto dei suoi “due-metri-punto-zerozero” e dai suoi non si sa quanti tatuaggi.
Giorgio è un bambino di 12 anni imprigionato nel corpo tatuato di un giocatore di basket trentenne e alcolizzato.
«Te sei ripreso? Come va?»
«Che ti devo dire? Come al solito. Me la sogno di notte. So’ un poraccio!»
«Ok tutto normale. Hai fatto qualche altra cazzata che non mi hai raccontato?»
«Mah, cazzate… bè? Dove sono i mostri? Non hai ancora acchittato il pokerino?»
«Ancora è presto. Apriamo le birre».
Giorgio scrive su un settimanale femminile. Le donne che leggono la rivista ogni tanto lo cercano. Inviano lettere appassionate alla direttrice citando parti dei suoi pezzi.
Non sanno che Giorgio le odia. Odia le sue lettrici con passione. Metodicamente. Le disprezza. Non può fare a meno di loro e questo non fa che aumentare il suo disgusto.
Vive nella casa dei suoi genitori da solo. Loro sono da anni in altre città per motivi di lavoro e lui sta per conto suo in una casa grande e vuota. Che a ondate si riempie di amici per le partite della Roma. E a volte ospita, per il tempo minimo indispensabile, donne che Giorgio mal sopporta. Più l’omone le tratta male e più quelle insistono. E la sua non è una strategia.
Fondamentalmente è un sociopatico. Ma non so come siamo riusciti a trovare un modo di comunicare e di volerci bene a modo nostro.
In genere le nostre conversazioni prendono a un certo punto la forma del flusso di coscienza senza capo né coda, ma il cui “corpo” è sempre il nostro rapporto col genere femminile, sperticandoci in analisi psicologiche azzardate, letture della società e del mondo che non hanno alcun fondamento tranne la nostra retorica e brevi commenti pertinentissimi sulle scelte tattiche di Luciano Spalletti e sulle caratteristiche tecniche di giocatori della portata di Philippe Mexés, Marco Motta, Daniele De Rossi o Mirko Vucinic.

Squilla il telefono proprio mentre cominciamo ad affrontare temi seri. Siamo finiti a parlare di dio e della Chiesa. Ma al telefono c’è la madre di Giorgio. Il gigante risponde. Mette in vivavoce.
Madre di Giorgio: «Ma insomma? Che volete fare? Qui i soldi so finiti eh? Io all’età vostra già lavoravo, già avevo le idee chiare e mi ero già sposata. E voi? Guardate che la pacchia è finita, i soldi sono finiti. Che avete intenzione di fare?»
«I soldi sono finiti, perché li avete finiti voi, mamma. Io ero a scuola, alle elementari, giocavo con le figurine e guardavo Mimì e la Stella della Senna perché mi attraevano le loro cosce. E nemmeno lo sapevo, allora!»
«Meno male che ti piacevano le cosce…»
«Non sono io a dover pagare la pensione a voi, ma voi a finanziarmi per il resto della mia vita. Dovete prendervi la responsabilità delle vostre azioni: il mondo non è come me l’avete descritto per trent’anni? Cazzi vostri, perché io non so muovermi in nessuna alternativa.»
«Senti Giorgio, non è possibile che ogni cosa la prendi così male. Stiamo parlando tranquillamente. Non ti agitare così. Comunque volevo dirti che pensavo che avessi capito che tua sorella tornava a Roma. Che problema c’è?»
«Che nessuno mi aveva avvertito, per esempio! Che io mia sorella praticamente non la conosco. Cristo, abito in questa casa da solo da 10 anni. La potrò considerare mia, anche se è di proprietà tua e di papà?? Ora mi dici che mia sorella, che non conosco, verrà ad abitare qui con me. Cazzo ma non ci sono alternative??»
Lei si scusa: «Senti Giorgio, mi dispiace ma non sono riuscita a mettermi da parte i MILIARDI!»
«Ma quali miliardi mamma!!! Non sto parlando di questo… vabbè senti, parliamone in un altro momento va, che c’è un amico.»

La schizofrenia consumista: lamentarsi di essere poveri perché non ci si può permettere la quarta casa in affitto, l’acquisto di una villa al mare, la mancanza dei MILIARDI messi da parte.
E io nel frattempo non ho un lavoro. Non solo. Non riesco a immaginare me stesso con un lavoro nemmeno tra dieci anni.
Quando Giorgio chiude la conversazione ci guardiamo in faccia e ci attacchiamo alle birre aperte e intonse.
«Comunque il cattolicesimo è una follia.»
«Brindiamo al cattolicesimo allora!»
«Hehe. Ma ti rendi conto che al Concilio di Nicea hanno deciso che Maria era vergine per alzata di mano?!»
«Geni.»
«Cioè fino al 325 dopo Cristo la Madonna era una che aveva partorito come le altre, poi arriva un gruppone di vescovi e decide che, no, Cristo è frutto di una nascita verginale.»
«Vabbè, già lo diceva San Matteo.»
«Ho capito ma lo hanno messo ai voti!! Cioè è come se io mo convinco tutti che sono il Maestro, poi che mio figlio l’ho partorito dal culo e lo faccio mettere ai voti. E poi è vero e è sacro!! Siete dei disturbati!»
«Pure l’inferno se lo so inventato nel Medio Evo se è per questo. Allora, io capisco che nel 1100 abbiano creato l’inferno. Fuori era una merda, almeno mettevano un freno alla gente. Le leggi in genere le fanno perché esistono dei problemi gravi da risolvere. È un controllo della violenza. Immagina che cazzo doveva essere andare in giro nel 1100. Allora la Chiesa ti dice, se ti comporti male bruci all’inferno per l’eternità, allora magari ce pensi un attimo prima di stuprare e ammazzare dove capita.»
«Hahahahahaha esatto!! Ma è il rapporto con la morte che è senza senso. Oggi la gente si caga addosso per la paura di morire. Davvero non capisco questa cosa folle della paura della morte. Cioè, la gran parte del tempo uno la passa a non esistere. Prima di nascere passi l’eternità a non esistere, dopo che sei morto non esisti, e quei dieci minuti che stai qua ti preoccupi e ti deprimi perché oddio quanto c’hai paura della morte. Ma che cazzo di ragionamento è?? Tra l’altro lo sai benissimo com’è quando sei morto. Lo sperimenti tutti i giorni quando dormi! Incoscienza totale. Tra l’altro la gente si prende le pillole per dormire! Per morire ogni giorno. E poi però sei terrorizzato dalla morte! Allora, cazzo, sei malato. Hai una grave malattia mentale!»
«Abbiamo eliminato la morte dalla nostra vita. Se ci fai caso è parte dell’edonismo. Che poi in realtà uno pensa alla sua vita come a qualcosa di fondamentale. Ma metti che 100 miliardi di anni fa c’era la vita su Marte. Che cazzo è rimasto? La foto panoramica di Marte. Un cazzo. Un enorme campo da tennis senza manco le strisce! Ah grande! Hai proprio lasciato il segno.»
«L’acaro non si preoccupa del proprietario del divano, se il proprietario del divano lo ha comprato, ereditato o glie l’hanno regalato. Non se lo pone proprio il problema. Sta là nel suo divano e vive.»
«E noi stiamo ancora appresso al dio dei giudei, che poi è papà. È quello che ti dice cosa puoi e non puoi fare, se è giusto o è sbagliato. Adoriamo il dio tribale di un gruppo di pastori ebrei di 5000 anni fa, cazzo!»
«Ti credo che poi la gente si iscrive a Scientology o a Percorso per un’Esistenza Migliore!»
«Oh, ma io continuo a incontrare persone che fanno parte di sette esoteriche strane… Te hai fatto un pezzo su Scientology di recente, vero?»
«Sì, su l’Unità.»
«Eh. Scientology ormai è ‘na macchina da guerra. Una multinazionale tipo Walt Disney. Invece Percorso per un’Esistenza Migliore è una setta tutta italiana dove c’è un Maestro che dice di discendere direttamente dalla tradizione sufica… Ha un’organizzazione che si sviluppa a polipo in tutto il mondo. Sono presenti in 12 paesi. In Messico hanno ventotto sedi! Di cui sei solo a Città del Messico.»
«Mmm»
«Voglio fare un’inchiesta su questa setta. Mi mette l’ansia. Non so bene perché. Cioè a parte fregare i soldi alla gente, non so se questi fanno chissà che tipo di traffici. Ma non riesco a farmi uscire dalla testa questa storia. E poi davvero ogni giorno incontro qualcuno che sta in una setta del genere».
«È un problema sociale. Lo penso pure io. Per questo sto seguendo sta cosa di Scientology. Potremmo lavorare in tandem. Fare una bella inchiesta per Mondo Oggi.»
«Facciamola. Sul serio però. Senti frate, io ho deciso me ne vado da qua. Emigro.»
«Mmm»
«C’ho pensato. Non ho più niente. Trovo solo lavoretti. Le traduzioni e gli articoli li posso scrivere pure fuori dall’Italia. Ginevra mi ha mandato affanculo. Che cazzo ci sto a fare qui?»
«Sono d’accordo. Questo paese è morto. Dove cazzo sta la gente? Dove stanno quelli incazzati?»
«Sono andati a incazzarsi fuori da qui. La fuga dei cervelli. Fuggono cervelli incazzati.»
«E quindi che hai intenzione di fare?»
«Quindi se davvero c’è la possibilità di fare qualcosa insieme per Mondo Oggi, facciamola. Io da lì e tu da qui. Per la mia parte mi sto documentando. Sto leggendo un libro che è un po’ il loro manifesto “La vera via”, di un tipo che si chiama Sagramolo. L’ho rubato da Feltrinelli l’altro giorno.»
«Perché continui a rubarti i libri? Non te li puoi comprare e basta?»
«Frate, costano troppo, e poi rubare da Feltrinelli non è come rubare in una piccola libreria a conduzione familiare. Poi non posso dare dei soldi a questi, cazzo!»
«Sì, continua a trovare scuse…»
«Parli come Ginevra! Comunque, mi so rubato ‘sto libro e lo sto leggendo. È follia pura. Soprattutto puzza di cialtroneria pure col cellophane. Comunque appena mi sono fatto un’idea più chiara ti dico.»
«Guarda, io sono sconvolto da quanto la gente si lasci abbindolare dalla religione e tutto ciò che è misticismo. Non ne posso più.»
«Quello che mi disturba non è tanto il fatto che si creda in cose tipo l’energia del cosmo, che comunque è una roba affascinante a suo modo, se ti piace la fantascienza. Piuttosto mi dà al cazzo il proselitismo, e il fatto che mentre ti vengono date delle risposte semplici il capo nuota nell’oro. Fa politica. Accumula oro. E tu non puoi più uscire, perché se esci non hai più niente. Non sei più nessuno. Sei fuori dal gruppo.»
«Comunque fai bene a emigrare. Cambia aria. Il Messico mi sembra proprio il paese adatto. Conosco un giornalista messicano. Se vuoi ti ci metto in contatto. È un grande. Un tipo strano. Cronista vero, di quelli che conoscono l’élite e i bassifondi. Genio assoluto. Sicuramente ti può dare una mano con la tua inchiesta. Si chiama Serapio.»
«Grazie frate. Lo chiamo sicuramente.»
La birra è finita. Ci guardiamo in faccia.
«Comunque gli spacchiamo il culo a tutti.»
«Glie-lo spacchiamo sì!»

Le conseguenze delle proprie azioni. IV.

La benda stringe sulla testa.
Il fazzoletto in bocca non mi fa respirare bene.
Sono pieno di moccio. La macchina corre su strade trafficate. Sento il rumore.
I due stronzi seduti accanto a me mi schiacciano e stanno zitti. Il terzo guida.
Silenzio dentro. Traffico fuori.
Un’ora. Più o meno.
Non mi avete detto un cazzo.
Uno fuma. Tabacco nero. Appesta la macchina. Finestrini chiusi e fumo che entra nel naso.
Devo andare al bagno.
Perché sempre rimandare quello che si può fare a casa? Perché sottovaluto sempre i consigli di mia madre?
«Tesoro, ti sei ricordato di fare la pipì prima di uscire?»
Un genitore non dice mai le cose a casaccio. Sa qual è il nostro bene.
Viaggiare in silenzio in un dedalo di strade infinite.
Solo Avenida Insurgentes è lunga settanta chilometri. Settanta chilometri di arteria urbana.
Come compagni di viaggio non siete proprio il massimo. Mettete un po’ di musica, no? Perfino la cumbia ascolterei adesso. Perfino il danzón.
Semaforo. Ripartenza. Con calma.
Da un’ora chiuso qui.
Puzza di fumo. Odore di brillantina economica. Odore di acqua di colonia. Non c’è puzza di ascelle. A parte le mie. Sudo nicotina.
Sudo birra.
Sudo adrenalina.
Sudo tensione.
Sudo la paura.
Loro la sentono. Per questo si riempiono di acqua di colonia. Perché la puzza della mia paura gli fa schifo. Stanno lavorando, del resto.
Chi vorrebbe lavorare in un ambiente di lavoro sgradevole? Io non lo farei mai.
Una parte di me si sente rassicurata. Questi tre sanno quello che fanno. L’hanno già fatto un sacco di volte. Sono professionisti. Professionisti mascherati.
Un conto è affidarsi a un principiante, un lavoro amatoriale.
Un conto è affidarsi alle mani esperte di un professionista.
L’auto si ferma.
Si aprono gli sportelli e vengo spinto fuori. Niente scale. Un piano terra. Siamo in una stanza e vengo seduto su una sedia.

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